Dati Istat. L’occupazione cresce per il terzo anno consecutivo, a ritmi più sostenuti rispetto al 2015. Un aumento del tasso di occupazione e un calo del tasso di disoccupazione, in un contesto di discesa del tasso di inattività. Sintomo di un minore scoraggiamento che spinge a cercare un impiego.
Nella fotografia scattata da Istat sul mercato del lavoro, nel quarto trimestre, e il consuntivo relativo al 2016 comprende diversi elementi positivi.
Nel 2016 l’occupazione è aumentata di 293.000 unità ( +1.3%). L’aumento riguarda soltanto il lavoro alle dipendenze (1’9%, +323.000 unità) ed è concentrato tra i dipendenti a tempo indeterminato (+281). Quanto comunica l’ Istat nel suo ultimo report sul mercato del lavoro 2016 nel quarto trimestre. Spiega che rileva un significativo indebolimento del trend positivo nella seconda metà dell’anno.
Secondo i dati, il tasso di disoccupazione si attesta all’11,9%, in crescita di 0,2 punti percentuali dopo la sostanziale stabilità dei quattro trimestri precedenti. I disoccupati calano di 21.000 (- 0,7%).
I dati Istat rilevano che l’aumento degli occupati coinvolge, oltre agli ultracinquantenni, anche i giovani tra i 15 e i 34 anni. Il tasso di occupazione sale di 0,9 punti al 57,2%.
Inoltre, al lieve calo dei disoccupati si associa la forte diminuzione del numero di inattivi, che interessa tutte le ripartizioni, entrambi i generi e le diverse classi di età. Prosegue, a un ritmo più sostenuto, il calo del tasso di inattività (- 0,3%), che si attesta al 34,7%.
Si riduce il contingente di persone in cerca lavoro da almeno 12 mesi, la cui incidenza passa dal 58,1% del 2015 al 57,3%.
A livello territoriale la crescita dell’occupazione è più accentuata nel Nord (+167 mila, +1,4%) e nel Mezzogiorno (101 mila, +1,7%), dove si registrano anche i maggiori aumenti del tasso di occupazione (+1,1 e +0,9 punti, rispettivamente); nel Centro alla minore crescita dell’occupazione (25 mila, +0,5%) corrisponde un incremento del tasso di 0,6 punti. I disoccupati e il relativo tasso crescono soltanto nel Mezzogiorno, in corrispondenza della più forte diminuzione dell’inattività.
L’Istituto nazionale di statistica ha deciso (all’inizio di quest’anno) di inserire, nei comunicati mensili sull’andamento dell’occupazione, anche l’effetto della componente demografica. Una novità che dice molto sulla specificità del caso Italiano. In cui crisi economica, emergenza lavoro e calo delle nascite appaiono strettamente intrecciati.
Prendiamo ad esempio il comunicato diffuso dall’Istat pochi giorni fa con i dati provvisori relativi al mese di gennaio. Il tasso di disoccupazione è all’11,9%, stabile rispetto al mese precedente, ma in aumento rispetto a un anno fa, quando era all’11,6. L’Istat registra anche un lieve aumento degli occupati rispetto alla fine del 2016. Troppo poco per capire se l’occupazione abbia ripreso a camminare con un ritmo rilevante dopo il preoccupante rallentamento della seconda parte dello scorso anno.
Ma, l’eredità della profonda crisi che ha colpito l’economia italiana tra il 2011 e il 2013 resta pesante e s’intreccia con nodi strutturali che rendono poco brillanti le prospettive per quest’anno, in un contesto di moderata ripresa. Tali numeri sono uno degli elementi di criticità sottolineati dagli addetti ai lavori.
IN INDAGINI CONGIUNTURALI INTENZIONI ASSUNZIONI MIGLIORATE
Quest’anno infatti la creazione di occupazione permanente non potrà beneficiare degli sgravi contributivi triennali garantiti fino a dicembre per le nuove assunzioni.
“Già alla fine dell’anno la creazione di occupazione è arrivata in larga parte tramite contratti temporanei”, sottolinea Paolo Mameli.
Il rischio è che le imprese quest’anno proseguano su questa strada, nonostante la nuova normativa introdotta dal Jobs Act, che (rendendo meno onerosi i licenziamenti per natura economica) punta ad aumentare l’occupazione stabile.
Una spinta potrebbe arrivare dall’industria. “Le indagini congiunturali – sottolinea Mameli – suggeriscono un miglioramento delle intenzioni di assunzione nel settore che sta beneficiando della ripartenza del commercio globale”.
Nel frattempo – lo scorso 9 marzo 2017- La Camera dei Deputati ha approvato il disegno di legge recante: Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale. E misure volte a favorire l’articolazione flessibile del lavoro nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato che dovrà passare ora all’esame dell’altro ramo del Parlamento prima del si definitivo.
“Sono estremamente soddisfatto del risultato raggiunto oggi. Frutto non solo di un proficuo e costante lavoro di Governo e Parlamento ma di tutte le parti direttamente coinvolte in questi mesi di consultazioni”. Dichiara il Sottosegretario di Stato al Ministero del Lavoro Luigi Bobba. Questo disegno è iniziato con la riforma del mercato del lavoro, il Jobs Act. Con il quale è stato riportato al centro il contratto standard, come elemento caratteristico del rapporto di lavoro subordinato. Si era infatti in presenza di una vasta zona grigia di contratti, di fatto privi di ogni autonomia organizzativa nel rendere la prestazione. Un mondo parallelo fatto di finto lavoro autonomo. Di fronte a questa platea di lavoratori atipici si è scelto di ampliare l’area di copertura dell’intera disciplina del lavoro subordinato. Fino a ricomprendervi quelle figure che, di fatto, rappresentavano forme del lavoro dipendente”.
La legge inoltre” dichiara Bobba “va a regolare, tutelare e promuovere quello che viene definito “lavoro agile” o smart working. Inteso come modalità flessibile di esecuzione del lavoro subordinato. Nel quale la prestazione può essere resa in parte all’interno in parte all’esterno dei locali dell’azienda con la possibilità di utilizzo di strumenti tecnologici. L’obiettivo è quello di incrementare la produttività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”
Felicia Bruscino