La repressione e la censura in Turchia sono sempre più forti. Ne è esempio il Pride di Istanbul, dove la polizia ha arrestato più di 200 reporter e manifestanti.
Istanbul Pride: per Erdogan, “l’omosessualità è una malattia”
La comunità LGBTQ+ in Turchia vive una situazione molto difficile.
Nel 2020 un imam, con la benedizione del Presidente turco Erdogan, aveva dichiarato:
L’islam condanna l’omosessualità perché causa malattie e un decadimento della discendenza
Nei giorni precedenti alla manifestazione di quest’anno, le autorità hanno bloccato stazioni e metropolitane per impedire il raduno.
Hanno chiuso al pubblico piazza Taksim (dove nel 2014 si radunarono oltre 100.000 manifestanti) e hanno sbarrato bar, locali e ristoranti.
Inoltre, la marcia è stata vietata nei distretti di Beyoglu e Kadikoy per “ragioni di sicurezza” e per “prevenire la criminalità”.
Dopo questa decisione diverse associazioni, tra cui il Comitato della Settimana del Pride di Istanbul, hanno denunciato la campagna di odio delle autorità.
Oggi, con l’inizio della 30a Settimana del Pride di Istanbul, la polizia ha ispezionato i luoghi in cui si sarebbero dovuti svolgere gli eventi, con il pretesto di un “controllo generale”.
Le forze dell’ordine hanno cercato di fare pressione sui presenti chiedendo i documenti. Vorremmo ringraziare tutta la nostra rete di avvocati che ci hanno supportato. Noi non ci arrendiamo, non abbiamo paura!
Le forze dell’ordine hanno arrestato centinaia di manifestanti, e testimoni riportano che la polizia desse spintoni ai partecipanti per favorire la violenza e fermare la parata.
Ma nonostante le difficoltà, la comunità LGBTQ+ non si è fatta intimidire e ha continuato a manifestare.
L’attivista italiano Yuri Guaiana ha commentato così la situazione.
I diritti LGBT sono sempre più la cartina di tornasole del grado di autoritarismo dei regimi.
La via autoritaria imboccata dal regime di Erdogan è dimostrata dai continui divieti del Pride, che si traducono nella brutale repressione e negli arresti di coloro che tentano di esercitare i loro diritti umani fondamentali.
Grazie al coraggio degli attivisti e delle attiviste LGBTI che continuano a sfidare la brutale repressione della polizia di Erdogan per difendere spazi di libertà per tutti e tutte
Fortunatamente, secondo quanto riportati da Kaos GL (associazione turca per i diritti LGBTQ+), la polizia ha liberato i manifestanti il giorno successivo, dopo il rilascio di una deposizione e alcuni controlli sanitari.
Giornalisti arrestati e picchiati: la denuncia del sindacato
Secondo il TGS, sindacato turco dei giornalisti, sono 38 i colleghi che si trovano attualmente in carcere.
L’ultima ritorsione è avvenuta durante l’Istanbul Pride, quando le forze dell’ordine hanno cercato di impedire a reporter e cronisti di filmare e denunciare gli arresti violenti.
Secondo i sindacalisti, alcuni giornalisti sarebbero stati persino picchiati.
Tra questi Bülent Kiliç, fotografo della AFP e sindacalista di TGS, arrestato mentre cercava di documentare la repressione della polizia.
Già durante il pride dell’anno precedente, Kiliç era stato trattenuto in carcere.
La Federazione europea dei Giornalisti e la Federazione internazionale hanno denunciato una censura sempre più preoccupante da parte del regime di Erdogan.
A preoccupare è soprattutto la “Press Law“, considerata da molti il peggior atto normativo di censura nella storia della Turchia.
La legge, che il Governo vorrebbe far approvare al più presto, prevede un controllo massiccio su giornali e media.
Potranno essere arrestati i giornalisti che rifiutano di rivelare le loro fonti, mentre pubblici ministeri e giudici potranno giudicare una notizia vera o falsa in base al loro arbitrio.
La pena per chi diffonde false informazioni, inoltre, potrà essere raddoppiata se il giudice dovesse considerare il giornalista parte di un’organizzazione illegale.
Secondo il Report sulla libertà di stampa nel mondo nel 2022, la situazione sociale in Turchia è peggiorata a partire dall’insediamento di Erdogan.
Tutti i mezzi possibili sono usati per eliminare il pluralismo in questa “Nuova Turchia” segnata dall’iperpresidenza di Erdogan.
Le decisioni arbitrarie di magistrati e agenzie governative sono la nuova normalità