A.P.E. InFo – Associazione Psicologi Europei In Formazione
Nelle ultime settimane è stato discusso il tema del “cat calling” grazie alle Instagram stories di Aurora Ramazzotti. Si continua a discutere di omofobia in merito all’approvazione del DDL Zan con l’aiuto di artisti, creators e influencer (tra questi, Fedez, il quale ha intavolato una discussione durante una diretta con il deputato Alessandro Zan, promotore della proposta di legge). Si è constatato come Chiara Ferragni, con il suo potere mediatico, sia riuscita a scuotere le strutture adibite alla somministrazione dei vaccini in Lombardia dalla loro inefficienza. E si potrebbe continuare a citare altri esempi come questi, che hanno tutti una dinamica in comune.
Quale?
È ormai assodato che l’avvento dei social network abbia radicalmente trasformato le nostre vite e la nostra percezione del mondo esterno. Grazie a queste piattaforme, abbiamo potuto affrontare la pandemia e le relative restrizioni con maggior facilità rispetto a come sarebbe potuto accadere anche solo 15 anni fa. L’acuirsi generale della presenza sui social network durante questo ultimo anno, ha fatto sì che vi fosse un incremento esponenziale dell’utilizzo di tali piattaforme, non solo a scopo ludico e di svago, ma anche funzionale e informativo. La possibilità di informarsi in tempo reale sugli avvenimenti e il costante monitoraggio della condizione sanitaria, ha permesso una maggiore e più rapida diffusione delle informazioni e delle norme da seguire relative ai DPCM.
Coloro che utilizzano i social network come vero e proprio strumento di lavoro, ovvero influencer, youtubers, streamers e creators, hanno potuto constatare il loro definitivo riconoscimento in termini di identità sociale. Gli influencer, e più in generale i creators, partecipando alla vita online e conoscendo le dinamiche insite nella struttura dei social network, sanno che è fondamentale intercettare tematiche e contenuti che possano diventare virali per creare engagement. A tal proposito, si fa sempre più impercettibile il confine che separa l’opinione personale dalla posizione politica vera e propria. La possibilità di esporsi e di esporre la propria persona sui social network (in termini di idee, opinioni, pareri etc.) è, per gli influencer, una vera e propria sfida. Ma, tale sfida, assume importanza anche per coloro che, seppur non direttamente, si servono dei social network per diffondere le proprie idee e fare campagna elettorale, ovvero, i politici. La linea di confine che separa ciò che è politico da ciò che è personale si fa sempre più esile, con il risultato che tematiche generali vengono trattate da un punto di vista personale (per esempio da influencer) e opinioni personali vengono elevate a tematica generale (per esempio i profili social dei politici). L’intersecarsi dei due piani di realtà è sempre stato un fenomeno dibattuto e studiato in sociologia e psicologia ma, ultimamente, la quasi totale sparizione della differenza tra i due piani grazie all’arrivo dei social network e al sorgere di figure come creators e influencer, ha fatto sì che esso sia riconosciuto come un fenomeno circostanziato e preciso.
Lorenzo Pregliasco, analista politico e professore del laboratorio di comunicazione politica alla facoltà di scienze politiche dell’Università Alma Mater di Bologna, utilizza il termine “issuefication” per identificare quel fenomeno che riguarda l’esposizione di influencer su tematiche di ordine politico. L’aspettativa di vedere un influencer esporsi su un tema caldo a livello politico è ormai insita nei nostri meccanismi mentali influenzati dai social. Secondo Pregliasco, da quando è finita la intermediazione tradizionale dei grandi partiti politici su schieramenti ben definiti “destra-sinistra”, gli influencer hanno cominciato, anche a tratti inconsapevolmente, a colmare quel vuoto. Così, similmente alle aziende tramite l’attivismo dei brand, gli influencer vanno a riempire quel vuoto politico lasciato dalle forme partitiche tradizionali. In questo modo, attraverso un processo per lo più silente, si è arrivati alla fase storica in cui non è più solo la politica ad occuparsi di politica.
Ma che cos’è L’Issuefication della politica?
Coniando il termine dall’inglese “issue” che significa “problema”, si identifica quel fenomeno politico che consiste nell’attuare una prassi comunicativa nella quale si discute su una singola parcella di una problematica, polarizzando l’elettorato su posizioni divergenti e inconciliabili. Vi è la concentrazione, o meglio la polarizzazione, su un singolo tema (che però è inserito in un contesto socioculturale molto più ampio). Lo scopo della polarizzazione degli schieramenti su uno specifico issue, consiste nell’elevare tale singolo aspetto circostanziato a battaglia fondamentale e centrale per il superamento della problematica più ampia e generale.
Creators, influencer, politici, giornalisti, artisti etc. intavolano dibattiti relativi a fatti di cronaca incentrati su una particolare e determinata tematica con l’esito involontario di radicalizzare le rispettive posizioni e conducendo i propri seguaci ad identificarsi con le posizioni espresse: posizioni che per loro natura, sono intrinsecamente ambivalenti. Questo tipo di esposizione mediatica sui temi politici è caratterizzata dall’assenza di una chiara e definita posizione ideologica di fondo. Difatti, le tematiche trattate, che possono essere per fare alcuni esempi: razzismo, ambientalismo, omofobia etc., sono singoli topics estrapolati da un contesto più ampio. Proprio come il menù di Netflix, in cui scegliamo ciò che più ci aggrada. Un altro aspetto da considerare relativo alla Issuefication è la forma con cui vengono trattati i temi, oltre al contenuto in sé. I creators e gli influencer puntano infatti sulla forza della narrativa singola e personale, facendo leva sull’emotività piuttosto che analizzare i dati generali trattando il tutto da un’ottica distaccata e razionale. Tale tipo di comunicazione, seppur utile ai fini dell’engagement, rischia di banalizzare il contenuto trattato e di scadere, a volte, nella disinformazione. Dall’altro lato, l’utilizzo politico delle issue può divenire, per alcuni esponenti politici, un vero e proprio brand differenziante che permette al singolo individuo di farsi portavoce di una battaglia (spesso inerente ai diritti civili) e di aumentare la propria influenza sugli elettori.
La issuefication della politica non è un processo negativo o positivo in quanto tale. Come tutti i fenomeni complessi, esso ha lati positivi e funzionali, come lati negativi e disfunzionali. La democratizzazione del dibatto relativo alle tematiche civili è positivo, in quanto permette la libera espressione di ogni individuo con il relativo apporto personale e contribuisce a creare una maggiore consapevolezza riguardo alle tematiche della vita pubblica e privata. Allo stesso tempo, la polarizzazione insita nella comunicazione emotiva da social network, rischia di spegnere e intorpidire la purezza di un dibattito costruttivo, arroccando i due schieramenti nelle rispettive posizioni e non permettendo un proficuo dialogo per la risoluzione della problematica in questione.
Sta agli utenti, implementare i lati positivi portati da questo nuovo fenomeno e smussare e migliorare le conseguenze negative ad esso correlate.