Israele approva ennesimo muro costruito in Cisgiordania, per separare la Palestina: sarà lungo 100 chilometri
Continua la separazione tra Israele e Palestina, con un nuovo muro che presto sarà costruito in Cisgiordania. Ad annunciarlo è stato proprio nella giornata di lunedi il Ministro della Difesa italiano Benny Gantz. Il muro sarà lungo 100 chilometri, e mentre una parte andrà a sostituire una parte già esistente, altri 50 chilometri saranno nuovi ed andranno ad incrementare la lunghezza del cosiddetto “Muro dell’Apartheid“.
Per tutelarsi, inoltre, Israele doterà il muro in Cisgiordania di telecamere ed attrezzature di ultima tecnologia per “sorvegliare” meglio la Palestina. Il Ministro della Difesa Gantz si è recato proprio nei giorni scorsi nei luoghi dove sorgerà il nuovo muro per parlarne con i residenti di quelle zone, nel sud della Cisgiordania occupata.
Il nuovo muro era già stato approvato lo scorso aprile con un costo di 100 milioni di dollari. Un muro, la cui costruzione è stata iniziata d inizio nuovo secolo dall’allora Premier israeliano Ariel Sharon, che ha visto anche la condanna del Tribunale dell’Aja. I palestinesi, infatti, denunciano l’isolamento e la perdita di terreni, con forte influenza sulla loro economia. Israele, invece, con quel muro punta a prevenire i numerosi scontri avvenuti negli anni. >>>CONTINUA A LEGGERE
Muro tra Israele e Palestina in Cisgiordania: la storia del Muro dell’Apartheid
Come già detto, la costruzione del cosiddetto Muro dell’Apartheid è da far risalire al 2002. La nuova parte sarà lunga 45 chilometri ed alta 9 metri, e si estenderà dalla città di Salem a quella di Bat Hefer. Sharon, nel 2002, decise per la costruzione del muro come difesa a seguito dei numerosi attentati da parte di Hamas ed altre organizzazioni. In pochi giorni furono rioccupate tutte le città palestinesi rese libere dagli Accordi di Oslo del 1993. La barriera che separa totalmente Israele dalla Palestina è lunga 750 chilometri e, sopra al muro, ci sono del filo spinato e recinzioni.
Ci sono anche strade per il pattugliamento e torrette di controllo, sulle quali sono sistemati dei cecchini. Lungo quella fascia di territorio, secondo alcune ONG internazionali, ci sarebbero palestinesi fortemente limitati nelle loro attività, ma anche nell’accesso ai territori della Cisgiordania. Proprio per questo motivo assume la denominazione di “Muro dell’Apartheid“: sebbene, infatti, gli israeliani lo ritengano uno strumento di difesa, per i palestinesi, invece, viene ritenuto uno strumento di segregazione razziale, al punto che viene chiamato anche “Muro della Vergogna“. >>>CONTINUA A LEGGERE
La storia delle origini del conflitto tra Israele e Palestina
Iniziata ufficialmente dopo la Seconda Guerra Mondiale, nel 1947, la così chiamata da Israele “Questione Palestinese” avrebbe in realtà origini molto più antiche. Già alla fine dell’800, infatti, iniziano a farsi largo l’antisemitismo ed il sionismo. Questo secondo movimento vorrebbe un nuovo Stato in quella definita “Terra di Israele“, dove avrebbero dovuto abitare tutti gli ebrei dispersi nel mondo. La prima ondata migratoria verso la Palestina si registra nel 1882.
Chiamata Aliyah, circa 30 mila ebrei si stabilirono in quelle terre, favoriti dalla creazione del Fondo Nazionale Ebreo. Questo prevedeva una raccolta fondi per l’acquisto di terreni nella cosiddetta Terra Promessa. Nel 1897 viene fondata da Theodor Herzl l’Organizzazione Sionista Mondiale. 20 anni più tardi, invece, ci fu la dichiarazione di Balfour: nome dell’allora Ministro degli Esteri inglese, inviò una lettera a Rothschild in cui riconosceva il diritto degli ebrei di avere un loro territorio riconosciuto in Palestina con un protettorato proprio dal governo britannico.
Protettorato che, appunto, terminò nel 1947. L’ONU vota un piano di spartizione tra uno Stato ebraico ed uno arabo, rifiutato dai palestinesi. Nel 1948, così, Ben Gurion proclama la nascita dello Stato di Israele. Si arriva così alla Prima Guerra Arabo-Israeliana, che dura dal 1949 al 1967. Proprio nel 1967, in seguito ad un blocco navale imposto dall’Egitto, Israele distrugge tutta l’aviazione egiziana e si assicura alcuni territori, tra cui Gerusalemme, Cisgiordania e Striscia di Gaza. Il 6 ottobre 1973, giorno della festa ebraica dello Yom Kippur, contrattaccano le truppe egiziane e siriane, fermate solo dal cessate il fuoco organizzato dalle Nazioni Unite. >>>CONTINUA A LEGGERE
Che cosa prevedono gli accordi di Oslo
Nel 1987 nascono l’organizzazione paramilitare libanese Hezbollah e, anno della Prima Intifada, viene fondata la palestinese Hamas. Nel 1988 Arafat proclama l’indipendenza della Palestina, la cui prima rivolta termina nel 1993 con gli Accordi di Oslo. Chiamato anche Dichiarazione di Principi, prevedeva l’istituzione di un’Autorità Nazionale Palestinese con il compito di autogovernare, seppur in maniera limitata, i territori della Striscia di Gaza e della Cisgiordania, implementati da accordi poi ratificati nel cosiddetto Accordo di Oslo 2 del 1995. Questi accordi, però, non avrebbero ancora portato invece al riconoscimento come Stato della Palestina.
Dalla seconda Intifada ad oggi
Si arriva così alla Seconda Intifada. Scoppiata a Gerusalemme il 28 settembre 2000, i palestinesi farebbero risalire l’episodio scatenante alla visita di Sharon al Monte del Tempio, luogo sacro per musulmani ed ebrei situato nella città vecchia. L’Intifada vide così una crescente successione di fatti violenti proseguiti per diversi anni. La Spianata delle Moschee, infatti, è un luogo da sempre reclamato sia da musulmani sia ebrei. Tra gli eventi più duri l’uccisione del Primo Ministro israeliano Rabin da parte di un estremista religioso ebreo.
L’anno prima un colono ebreo, Goldstein, sparò su una folta folla nella Tomba dei Patriarchi di Hebron, compiendo una strage. Furono costruiti nuovi insediamenti in Cisgiordania, con l’allora Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu forte oppositore del processo di pace. Episodi che, appunto, portarono all’inizio della costruzione del “Muro dell’Apartheid” nel 2002, tra forti critiche del mondo Occidentale. Il bilancio della Seconda Intifada vedrebbe la morte di oltre 4mila palestinesi e poco più di 1000 israeliani.
LUCINI GIANLUCA