Doppia offensiva delle IDF a Damasco e a Gaza: colpito un convoglio di una ONG e il consolato iraniano

Gli ultimi sviluppi dell’assedio di Gaza a quasi sei mesi dall’inizio del conflitto.

IDF a Damasco in azione

Dopo il duplice attacco delle IDF a Damasco e a Gaza, si moltiplicano le richieste di cessate il fuoco a Gaza a seguito del raid delle IDF che ha ucciso sette volontari della ONG World Central Kitchen (WCK) a Deir el-Balah, nel centro della striscia.

Le vittime di origine palestinese, canadese statunitense, polacca, britannica e australiana erano tutte volontarie e si stavano occupando di una delle peggiori emergenze umanitarie attualmente in corso a livello globale. La carestia ha iniziato a colpire gli abitanti di Gaza da settimane, miete vittime e tortura i vivi con i morsi della fame.

L’ONG World Central Kitchen, di base negli Stati Uniti, sta fronteggiando questa tragedia che ricordiamo essere causata soltanto dall’uomo e dalla volontà del governo israeliano di rendere impossibile l’arrivo di aiuti umanitari all’interno dell’enclave palestinese. Cibo e medicinali continuano a essere distribuiti col contagocce nonostante i continui allarmi che si susseguono da settimane a proposito del rischio della carestia che è ormai divenuta una realtà a Gaza.

L’attacco ha colpito il convoglio dove viaggiavano i volontari in una zona che i portavoce dell’organizzazione hanno definito di “non conflitto” e nonostante i due veicoli portassero i loghi della ONG ben in vista.

World Central Kitchen ha informato tramite I suoi canali social che si vede costretta a interrompere a tempo indeterminato le sue attività nella regione. Dramma che si somma alla tragedia, in quanto è realistico pronosticare che questa condizione renderà possibile la perdita di altre vite umane a causa della mancanza di cibo.

Nel suo comunicato di accusa World Central Kitchen non manca di sottolineare come lo stato di Israele e le sue forze armate, le IDF, stiano usando la fame come strumento di guerra. Accusa diretta da chi impegnato in prima linea nella distribuzione delle scarse risorse alimentari a Gaza.  I vertici dell’organizzazione denunciano anche il fatto che gli spostamenti degli operatori della ONG erano stati in precedenza concordate con le IDF, che al momento si sono limitate a commentare annunciando “l’apertura di un’indagine interna ai massimi livelli riguardo quanto è accaduto”.

Il primo ministro australiano Anthony Albanese è stato il primo a confermare l’identità e la nazionalità della vittima australiana e ha definito l’episodio “inaccettabile” chiedendo l’assunzione di piena responsabilità da parte dei responsabili. Albanese ha inoltre ribadito l’urgenza di un cessate il fuoco e la volontà del governo australiano di “vedere la fine di questo conflitto”.

A questi appelli e alle condanne hanno fatto eco i leader di Spagna, Polonia e di varie personalità dell’Unione Europea impegnate in ambito umanitario, in una unanime condanna dell’attacco.

Episodi come questo si susseguono da mesi in un conflitto che, secondo un’altra ONG, la CPJ  Committee to Protect Journalists, è già costato la vita ad almeno 95 giornalisti, quasi tutti palestinesi: 16 sono stati feriti, 4 scomparsi e 25 arrestati. In questo conflitto, iniziato il 7 ottobre, a seguito dell’uccisione di 1200 civili Israeliani è seguita la morte di almeno 32.600 palestinesi di cui la grande maggioranza civili. Morti civili da entrambe le parti in quella che assomiglia ad una rincorsa senza fine alla vendetta che si ripete ciclicamente da più di 75 anni e dalla quale oggi sempre impossibile vedere la fine.

La possibilità di allargamento del conflitto nella regione dopo l’attacco delle IDF a Damasco

Mentre a Gaza continua l’assedio senza tregua, la notizia di un attacco delle IDF a Damasco, In Siria, che ha colpito il consolato iraniano uccidendo undici persone, tra cui un comandante del Corpo delle Guardie delle Rivoluzione Islamica ed il suo vice, rende lo scenario di un allargamento del conflitto sempre più probabile.

Israele è ovviamente il primo sulla lista dei sospettati dell’attacco di ieri in quanto in aperta ostilità sia con il regime di Bashar al-Assad in Siria, sia con l’Iran. La reazione iraniana è stata immediata e la promessa di una “calcolata e dovuta rappresaglia al momento più opportuno” non è tardata ad arrivare. A Teheran le strade si sono riempite di manifestanti che hanno protestato per denunciare quanto avvenuto.

L’attacco delle IDF a Damasco non ha mancato di scatenare reazioni a più livelli. Unanime la condanna da parte dei paesi della Lega Araba di quella che è stata definita una violazione della sovranità territoriale iraniana e una violazione del diritto internazionale, oltre che dello stato di neutralità riservato alle strutture che ospitano la diplomazia internazionale.

La Russia si è schierata al fianco dell’alleato siriano nel condannare l’attacco delle IDF a Damasco tramite l’intervento del suo ministro degli esteri, mentre gli Stati Uniti, tramite il portavoce del Dipartimento di Stato Matthew Miller, si sono dichiarati preoccupati “di ogni sviluppo in grado di mettere a rischio la stabilità della regione, allargando il conflitto”.

L’attacco delle IDF a Damasco è un altro episodio che può contribuire a rendere i rapporti tra gli Stati Uniti e l’alleato israeliano ancora più tesi, il tutto in attesa della garantita e annunciata rappresaglia iraniana che potrebbe essere la miccia dell’escalation del conflitto da tutti tanto temuta.

Fabio Schembri

Exit mobile version