Israele dà il via all’invasione via terra del Libano

Invasione via terra IDF

Israele da via all'invasione via terra in Libano

Nella notte tra lunedì e martedì, le forze di occupazione israeliane hanno lanciato un’invasione via terra, segnando l’inizio dell’incursione di guerra e coloniale del Libano. I carri armati israeliani hanno attraversato il confine settentrionale, entrando in territorio libanese, mentre l’azione militare era già in corso con una serie di raid aerei per coprire l’avanzata delle truppe. Sebbene descritta dalle autorità come “limitata”, l’operazione mira a colpire in maniera strategica le infrastrutture militari del gruppo Hezbollah, alleato di Hamas e supportato dall’Iran.

Nei giorni precedenti all’invasione via terra del Libano, Israele aveva intensificato gli attacchi contro Hezbollah e il popolo libanese, colpendo obiettivi chiave, civili e distruggendo migliaia di dispositivi di comunicazione in possesso dei membri del gruppo. Questa escalation ha segnato l’inizio dei bombardamenti più pesanti degli ultimi decenni, soprattutto nelle aree meridionali del Libano, con un bilancio di centinaia di vittime civili. L’attacco culminante è stato un raid su Beirut, volto a colpire il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, che, oltre alla sua, ha portato alla morte di numerosi civili. Intanto, ci sono sempre più sfollati in fuga dalla capitale libanese verso altre città più sicure.

Messaggi ai civili: evacuazioni e rischio umanitario

Mentre le operazioni militari dell’invasione via terra del Libano proseguono, le autorità israeliane hanno esortato i residenti del sud di Beirut, in particolare nelle zone controllate da Hezbollah, a evacuare immediatamente le loro case. Un messaggio diffuso in lingua araba sui social media dal portavoce dell’esercito israeliano ha fatto eco a questa richiesta, sollevando preoccupazioni su un potenziale aggravarsi della crisi umanitaria nella capitale libanese, già devastata dai recenti attacchi aerei.

Le migliaia di persone in fuga hanno bloccato strade e autostrade della città e degli altri paesi limitrofi, dirigendosi maggiormente verso il sud del paese. Molte ong locali e internazionali hanno già avviato i loro sistemi di soccorso e operazioni per assistere tutti gli sfollati e trovare loro un momentaneo luogo sicuro in cui sopravvivere. Intanto, prima dell’invasione via terra di questa notte, Israele ha continuato a bombardare il Libano nelle ultime ore, effettuando raid da nord a sud del paese. Dagli attacchi di domenica e lunedì, il bilancio delle vittime si è alzato a 570 morti e 1830 feriti. 

Il ruolo degli Stati Uniti: rafforzamento delle forze in Medio Oriente

In risposta all’aggravarsi della situazione, il Pentagono ha deciso di rafforzare la presenza militare americana in Medio Oriente e aiutare ancora di più Israele nel suo piano di colonizzazione e genocidio. Diverse migliaia di truppe, tra cui aerei da caccia, sono stati inviati nella regione per garantire la sicurezza delle basi statunitensi e prevenire il coinvolgimento diretto delle forze americane negli scontri in corso tra Israele e Hezbollah. Il portavoce del Dipartimento di Stato americano, Matthew Miller, ha dichiarato che le operazioni militari sono per ora focalizzate su obiettivi strategici e non preludono necessariamente a una guerra più ampia.

Seguendo un drammatico copione che li rende i primi complici di genocidio ma senza mai sporcarsi le mani, gli States di Biden – sebbene ancora per poco – hanno rivendicato il diritto di Israele a difendersi e l’importanza di rispettare i principi occidentali. A nulla servono le esternazioni di parte del resto del mondo, che già molteplici volte ha condannato il piano di genocidio e qualsiasi forma di guerra protratta in Libano. Dal canto suo, il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, ha sottolineato che Israele userà tutti i mezzi disponibili per difendersi, inclusi attacchi via terra, aria e mare. Le sue dichiarazioni, fatte lunedì, si aggiungono a una crescente retorica che alimenta la preoccupazione che il conflitto possa degenerare ulteriormente.

Continuano i bombardamenti su Beirut e oltre

Israele, intanto, ha continuato a intensificare i bombardamenti su Beirut, colpendo soprattutto i quartieri periferici a sud della capitale. L’area di Dahieh, un bastione di Hezbollah, è stata colpita durante la notte, anche se al momento non è chiaro quale fosse l’obiettivo esatto dell’operazione. Circolano notizie non confermate di un attacco aereo israeliano nei pressi di Damasco, in Siria, accompagnate da video diffusi sui social network che mostrano esplosioni attribuite all’azione militare israeliana. Se confermato, questo segnerebbe un ulteriore allargamento del conflitto a livello regionale, con il coinvolgimento anche della Siria, storicamente alleata di Hezbollah.



L’esercito israeliano ha confermato di aver attraversato il confine in un’incursione via terra del Libano nelle prime ore di martedì mattina, descrivendo le sue azioni come parte di un’operazione mirata a distruggere le capacità militari di Hezbollah nelle aree vicino al confine. Tuttavia, secondo alcune fonti governative, l’invasione si limiterebbe, per ora, a una stretta fascia di territorio lungo il confine settentrionale di Israele, vicino alle città di Metula, Misgav Am e Kfar Giladi. Queste aree erano state dichiarate “zona militare chiusa” già lunedì sera, in preparazione dell’offensiva.

Fonti interne al governo israeliano, citate dal New York Times, hanno riferito che al momento l’invasione non si estenderà su larga scala, ma ci sono già piani per un’espansione delle operazioni in caso di necessità, con l’obiettivo di indebolire Hezbollah in maniera significativa.

Con l’uccisione del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, in un attacco mirato israeliano, la leadership dell’organizzazione è stata profondamente colpita. Nel suo primo discorso dopo l’evento, Naim Qassem, vice capo di Hezbollah, ha dichiarato che il gruppo è pronto a fronteggiare qualsiasi invasione terrestre e che presto sarà scelto il nuovo leader del “partito di Dio”. Questo segnale di resilienza da parte di Hezbollah lascia presagire che il conflitto potrebbe protrarsi ancora a lungo, con potenziali ripercussioni sulla stabilità dell’intera regione.

Una lunga storia di conflitti

Il Libano e Israele sono stati protagonisti già di altri scontri nel corso degli ultimi decenni. L’ultima grande guerra risale al 2006, quando Hezbollah effettuò un’incursione armata in territorio israeliano. Questo provocò una massiccia risposta da parte di Israele, con bombardamenti intensivi non solo nel sud del Libano, ma anche sulla capitale Beirut e in altre regioni del paese.

Anche nel 2006, come oggi, Hezbollah rispose con continui lanci di razzi contro Israele, e la guerra si concluse dopo circa un mese con il ritiro delle truppe israeliane. Nonostante le numerose perdite tra i combattenti di Hezbollah e la morte di oltre un migliaio di civili libanesi, l’obiettivo di Israele di distruggere il potere militare del gruppo non venne raggiunto completamente.

Nonostante le operazioni attuali siano definite “limitate” nell’invasione via terra di queste ore, i segnali indicano che entrambe le parti sono pronte a un’escalation più ampia, che potrebbe coinvolgere anche altri attori regionali, come la Siria. Le prossime settimane saranno cruciali per capire se l’invasione resterà circoscritta o se si evolverà in un conflitto più ampio che potrebbe destabilizzare ulteriormente il Medio Oriente.

Lucrezia Agliani

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