Nello stato coloniale di Israele è radicata una retorica genocida giustificata su base biblica che disumanizza i nativi palestinesi fino alla completa negazione della loro esistenza. Tale linguaggio disumanizzante crea un contesto di legittimità al piano di pulizie etniche insito nel progetto sionista oltre a giustificare ogni atrocità commessa.
Le dichiarazioni dei rappresentanti politici di Israele
Israele nacque da un progetto che propugna il colonialismo d’insediamento, l’espansione territoriale nelle terre della Palestina storica ha reso indispensabile fin dagli albori una narrazione fondata sull’idea secondo cui, al popolo ebraico spetti per elezione divina una terra spoglia dove costruire uno stato etnico-teocratico. Questa ideologia si imbatte però nella realtà palestinese che è ben diversa da quella immaginata di “una terra senza popolo per un popolo senza terra”, i nativi palestinesi che abitano già da millenni la “terra promessa” degli ebrei hanno sempre rappresentato l’ostacolo da debellare per la sopravvivenza di Israele.
Nel 1969, l’allora Primo Ministro israeliano Gold Meir dichiarò che i palestinesi non sono mai esistiti, a marzo di quest’anno, il ministro delle finanze Smotrich, ha fatto eco a questa dichiarazione affermando che “non esiste un popolo palestinese”.
Pochi giorni dopo l’inizio della guerra genocidaria, il ministro della difesa di Israele, Gallant, ha dichiarato:
“stiamo combattendo contro degli animali umani e stiamo agendo di conseguenza. Elimineremo tutto, se ne pentiranno”.
La retorica genocida riecheggia in tutta la sua furia sanguinaria soprattutto nelle parole del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, il quale evocando l’analogia biblica di Amalek, popolo nemico degli israeliti, in una dichiarazione pubblica ha affermato:
“Dovete ricordare ciò che Amalek vi ha fatto, dice la nostra Sacra Bibbia – noi lo ricordiamo”
La narrazione messianica dell’estrema destra
In un discorso pronunciato davanti alla Knesset da Smotrich emerge quella che è la narrazione dominante in Israele, profondamente ideologica e impregnata di visioni messianiche che strumentalizzano le Scritture a partire dalla definizione degli ebrei non come religione bensì come popolo scelto da Dio per abitare le “Terre di Israele”, nonché unico ad averle abitate, dimenticando o facendo finta di dimenticare che dal 70 d.C, la “terra promessa” non si chiama “Israele” ma “Falastin”.
Smotrich, esponendo il pensiero comune tra i coloni israeliani d’estrema destra, arriva a negare che storicamente sia mai esistito un popolo nativo palestinese, e di conseguenza, nega la possibilità di uno stato.
In perfetta linea con il processo di sradicamento e rimozione della storia nativa, attuato dal sionismo, dice: “io mi domando sempre, chi è stato il primo re palestinese? Eredità, storia? Non c’è mai stato nulla di ciò!”
Insomma, attraverso una narrativa disumanizzante che presenta i nativi palestinesi come selvaggi lontani dalla civiltà fonda una ideologia intrinsecamente suprematista dove gli ebrei, in quanto popolo etnicamente superiore, portano la fiaccola del progresso e della modernità.
“Gli ebrei arrivano nella Terra di Israele e fanno fiorire il deserto. E poi, all’improvviso, ci sono mezzi di sostentamento, c’è occupazione. Improvvisamente la sabbia e la malaria e le paludi si trasformano”, dichiara.
La giustificazione biblica del genocidio
La propaganda sionista in Israele si richiama insistentemente ai racconti dell’Antico Testamento incentrati sulla teodicea, la giustizia divina che attraverso azioni brutali purifica il mondo dal male. Queste narrazioni bibliche vengono strumentalizzate per legittimare la guerra genocidaria condotta a Gaza e ogni sorta di brutalità commessa contro i palestinesi, che in questa prospettiva, in quanto nemici dello Stato d’Israele, sono la massima esemplificazione del male, contro cui è sacrosanto combattere fino all’annientamento definitivo.
Nell’ottobre del 2023, nell’annunciare la seconda fase dell’invasione di Gaza, Benjamin Netanyahu ha definito la guerra genocidaria come “ una battaglia dell’umanità contro le barbarie”, “della luce sulle tenebre”, “del bene sul male”, “della vita sulla morte”.
La retorica genocidaria che si rifà alla teodicea dell’Antico testamento, appare palese in questa dichiarazione:
“I meravigliosi soldati ed eroi dello straordinario esercito israeliano
[…] bramano di ricompensare gli assassini per gli atti orribili che hanno perpetrato sui nostri figli, sulle nostre donne, sui nostri genitori e sui nostri amici […] [i nostri
soldati] sono impegnati a sradicare questo male dal mondo, per la nostra esistenza, e
aggiungo, per il bene di Tutta l’umanità”.
Gli ebrei quindi, in quanto “eletti da Dio” sono stati investiti del compito di sradicare il male insito nel popolo palestinese che costituisce una minaccia non solo per la sopravvivenza di Israele ma dell’intera umanità.
Una missione divina di questa portata che trova addirittura giustificazione e fondamento nei testi biblici rende legittimo qualsiasi mezzo, anche quello più crudele, nel contesto di una guerra “santa e giusta”.
“ Ricorda di scordare Amalek”
Nell’Esodo gli amaleciti vengono descritti come una tribù seminomade che si stanziò nel deserto del Negev e mosse guerra contro il “popolo di Israele”, nella Genesi si fa risalire la loro origine ai tempi di Abramo e si definiscono come “prima delle nazioni”. Amalek, capostipite della tribù, sarebbe figlio di Elifaz e nipote di Esaù, fratello gemello di Giacobbe, nominato da Dio Israele.
Secondo la tradizione araba e musulmana, gli amaleciti furono il primo popolo preislamico a parlare la lingua araba.
Nel Deuteronomio, gli amaleciti vengono accusati di aver attaccato gli israeliti con estrema crudeltà e la vittoria su questo popolo rappresentò dunque il primo passo verso la costituzione di una comunità israelitica, qui si può trovare la chiave di lettura della visione messianica oggi maggioritaria in Israele secondo cui, Dio avrebbe destinato agli ebrei (israeliti ) la “terra promessa”, dandogli l’ordine di prenderne possesso e subito dopo “cancellare la memoria di Amalek da sotto il cielo”.
Con la citazione biblica “Ricordati di ciò che ti fece Amalek”, Netanyahu insiste sull’analogia tra amaleciti e palestinesi con l’intento di conferire una giustificazione biblica al genocidio inquadrandolo come un’estensione della giustizia divina in difesa di Israele.
“ Ricordati di scordare Amalek” è molto più che uno slogan ideologico e propagandistico, esplicita l’obiettivo della “soluzione finale” e risuona come un invito allo sterminio senza alcuna pietà o freno morale poiché ogni barbarie sarà gradita da Dio nel quadro di una missione superiore.
Nella Torah c’è un comandamento del genocidio?
Stando all’interpretazione letterale della Torah fatta da Netanyahu, l’ordine di Dio agli israeliti “cancellare la memoria di Amalek da sotto il cielo” sarebbe un incitamento al genocidio, ergo nell’attuale situazione geopolitica, lo stato di Israele sfrutta questo passaggio del libro sacro dell’ebraismo per legittimare la guerra genocidaria contro i palestinesi identificati con gli amaleciti.
L’interpretazione della Torah di Netanyahu non rappresenta un caso isolato in Israele e nella comunità ebraica, anche Riccardo Di Segni, Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Roma, in una lettera a La Repubblica del 27 ottobre 2023, ha espresso la medesima visione messianica della lotta del bene contro il male, della “guerra giusta” della luce ( Israele) contro le tenebre ( i palestinesi), giustificando di fatto su basi teologiche ogni crudeltà e ogni violazione dei diritti umani, Israele è legittimato nel genocidio del “nemico irriducibile” sulla base di un piano divino.
Questo è un passaggio della lettera di Di Segni:
“le guerre sono sempre un’offesa alla dignità umana, comportano morte e distruzione, e certamente vanno evitate, ma quando è in gioco la propria esistenza davanti a un nemico irriducibile l’alternativa pacifista è discutibile anche moralmente. (…) Qualche volta qualcuno deve essere sconfitto, solo lui e per sempre”.
Netanyahu e Hitler, Israele e la Germania nazista
Non solo i palestinesi e il movimento di resistenza Hamas, Israele e i sionisti hanno sottoposto al processo di “amalecizzazione” altri nemici storici, in primis Al Fatah e il suo leader Arafat, ma anche Saddam Hussein, l’Iraq e l’Iran.
L’analogia biblica con Amalek serve a disumanizzare e demonizzare il nemico facendo così venire meno ogni obbligo morale e legale nei suoi confronti.
Anche la Germania nazista è stata identificata con Amalek, paradossalmente però, Hitler si ispirò proprio al medesimo racconto della Torah per giustificare gli orrori dell’Olocausto.
Netanyahu e Hitler, la Germania nazista e lo Stato coloniale di Israele, hanno quindi in comune la tendenza a identificare il nemico con il male assoluto da estirpare con qualunque mezzo, contro il quale ogni nefandezza è legittima, nonché l’obiettivo del totale annientamento e della “ soluzione finale” sono giustificati perché necessari alla sopravvivenza.
Anche se cambiano gli attori e le denominazioni delle ideologie nazionaliste e colonialiste, sionismo o nazismo, gli intenti perseguiti restano immutati e fanno dei processi di disumanizzazione la base sui cui fondare le guerre genocidarie.