Secondo un’analisi del New York Times, basata su immagini satellitari, Israele starebbe estendendo la propria presenza militare in una zona chiave della Striscia di Gaza, costruendo e fortificando nuove basi. Questo cambiamento di approccio potrebbe suggerire una permanenza a lungo termine in un’area che finora era stata oggetto di rapidi mutamenti geopolitici. Ma cosa ci dice questa mossa in merito agli obiettivi di Israele per Gaza? E quali potrebbero essere le implicazioni per la stabilità futura della regione?
L’espansione delle basi israeliane a Gaza
Dopo un’analisi approfondita delle immagini satellitari, il New York Times ha rilevato che l’esercito israeliano ha costruito almeno 19 basi militari di grande dimensione in tutta Gaza, con decine di postazioni più piccole. Tra queste, 12 sono state installate o ampliate negli ultimi tre mesi, suggerendo che la presenza israeliana nel territorio non sia più temporanea. Queste strutture, che vanno da fortificazioni difensive a torri di comunicazione, non solo rafforzano il controllo militare israeliano, ma indicano anche la possibilità che Israele stia preparando il terreno per un conflitto prolungato.
Il portavoce dell’esercito israeliano, Nadav Shoshani, ha minimizzato l’importanza di queste costruzioni, dichiarando che “qualsiasi cosa sia stata costruita lì può essere smontata in un giorno”. Tuttavia, le fortificazioni in espansione e la crescente densità di avamposti suggeriscono una strategia di consolidamento del controllo, e non solo operazioni limitate a breve termine.
La zona cuscinetto di Netzarim
Una delle principali aree di interesse per Israele riguarda il corridoio di Netzarim, che divide la Striscia di Gaza in due sezioni. Questo corridoio, lungo 6 km, è stato sotto il controllo delle forze israeliane fin dai primi mesi della guerra, con l’intento di impedire che centinaia di migliaia di sfollati palestinesi tornassero verso il nord di Gaza. La costruzione di basi e la demolizione di edifici palestinesi attorno a questa zona hanno trasformato il corridoio in una “zona cuscinetto” di circa 46 km quadrati, ora sotto il controllo esclusivo delle IDF (Forze di Difesa Israeliane).
L’espansione israeliana lungo il corridoio ha avuto anche un impatto sugli spostamenti all’interno della Striscia, contribuendo a spingere centinaia di migliaia di palestinesi verso il sud di Gaza. In questo modo, Israele è riuscita a regolare i flussi di popolazione e a mantenere il controllo sulla parte centrale del territorio, una strategia che ha sia ragioni di sicurezza che operazioni logistiche.
Le motivazioni ufficiali e i timori di una colonizzazione permanente
Le motivazioni ufficiali dell’espansione delle basi israeliane a Gaza sono presentate come esclusivamente operative. Israele ha affermato di agire per garantire la sicurezza della regione e per impedire nuove azioni di Hamas, che ha preso il controllo di Gaza dopo il ritiro israeliano nel 2005. Tuttavia, alcuni analisti ritengono che la costruzione di basi permanenti possa rappresentare l’inizio di una strategia di colonizzazione prolungata, che mira a integrare parte del territorio di Gaza nell’amministrazione israeliana a lungo termine.
Alcuni membri del governo israeliano hanno avanzato l’idea che il controllo del territorio da parte dell’esercito israeliano potrebbe essere una fase preliminare per la creazione di nuovi insediamenti ebraici nella zona. Nonostante ciò, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha escluso questa possibilità, almeno per il momento. La situazione, quindi, rimane fluida e il futuro della Striscia di Gaza appare ancora incerto, con ampie implicazioni per la pace e la sicurezza nella regione.
La posizione degli Stati Uniti
L’amministrazione Biden, pur mantenendo un alleato stretto con Israele, ha espresso preoccupazione per una possibile permanenza a lungo termine nel territorio di Gaza. Il presidente degli Stati Uniti ha ribadito l’importanza di un processo di pace che porti alla creazione di uno Stato palestinese, con Gaza come parte integrante di questo futuro. Gli Stati Uniti hanno avvertito che un controllo israeliano permanente sulla Striscia di Gaza potrebbe minare la possibilità di una soluzione politica sostenibile.
D’altro canto, il presidente eletto Donald Trump, durante il suo mandato, aveva adottato una posizione più favorevole a Israele, incoraggiando il paese a “terminare” la guerra senza entrare nei dettagli su quali condizioni potessero essere considerate accettabili per una Gaza postbellica. Questo contrasto tra le posizioni degli Stati Uniti ha messo in luce le divergenze internazionali sulla questione, con alcuni attori internazionali che vedono il controllo a lungo termine come un ostacolo alla pace, mentre altri lo considerano una misura necessaria per garantire la sicurezza israeliana.
Le implicazioni per il futuro della Striscia di Gaza
La strategia militare israeliana nella Striscia di Gaza sta dunque assumendo contorni più complessi. La costruzione di basi e il rafforzamento della presenza militare sono motivati da ragioni di sicurezza immediata, ma le implicazioni a lungo termine potrebbero essere ben più ampie. L’ipotesi che Israele stia mirando a un controllo a lungo termine su Gaza non è più solo una speculazione, ma una possibilità concreta che solleva numerosi interrogativi sulla stabilità futura della regione e sulla possibilità di una soluzione politica.