Andrea Umbrello
Direttore Editoriale di Ultima Voce
Israele attacca Rafah, gettando ulteriormente nel caos la già instabile situazione nella Striscia di Gaza. L’offensiva ha avuto luogo dopo che Hamas ha accettato una proposta di cessate il fuoco, ma l’atteggiamento ambivalente di Israele e le continue ostilità alimentano il timore di una drammatica escalation del conflitto.
Le tensioni nella Striscia di Gaza hanno raggiunto livelli ancora più critici dopo che Israele ha lanciato una serie di attacchi aerei nella parte orientale di Rafah, innescando un massiccio esodo di migliaia di palestinesi disperati. Nella giornata di ieri, 6 maggio, l’esercito israeliano ha emesso un ordine di evacuazione per circa 100.000 residenti di una parte della città, giustificando la decisione con lo scopo di condurre attacchi mirati contro Hamas, il gruppo di resistenza palestinese attivo nella regione.
Secondo segnalazioni che provengono direttamente dalla zona, carri armati israeliani sono stati avvistati nelle vicinanze di Rafah, e fonti palestinesi ed egiziane che riportano la loro avanzata fino a 200 metri dal valico di confine con l’Egitto. Alcune fonti anonime citate dal sito di notizie Axios affermano che le forze israeliane mirano a prendere il controllo del lato palestinese vicino al valico di Rafah, l’unico passaggio tra Gaza e l’Egitto per le forniture umanitarie e le persone.
Nel corso degli attacchi, si sono verificati episodi drammatici: funzionari ospedalieri palestinesi hanno riportato la morte di cinque persone, inclusa una donna e una ragazza, in un attacco a una casa a Rafah. Precedenti attacchi avevano causato la morte di altre 22 persone, tra cui due neonati e bambini.
Israele attacca Rafah: posizione e reazione dei principali attori
Ciò che desta sorpresa e indignazione è che questi eventi si sono verificati nonostante l’annuncio di Hamas di accettare una proposta di cessate il fuoco avanzata dai mediatori del Qatar e dell’Egitto, scatenando le prime timide celebrazioni tra i civili palestinesi a Gaza.
Tuttavia, l’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha respinto la proposta di tregua, sostenendo che non soddisfacesse le richieste di Israele. Il gabinetto di guerra israeliano ha approvato il proseguimento dell’operazione a Rafah, ma Israele invierà comunque una delegazione per cercare di raggiungere un accordo con i negoziatori.
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden aveva esortato Netanyahu a evitare un’offensiva a Rafah, sottolineando che un cessate il fuoco con Hamas è il modo migliore per proteggere gli ostaggi israeliani tenuti a Gaza. Dopo la decisione contraria, da parte di Israele, funzionari statunitensi hanno espresso preoccupazione per gli attacchi israeliani sulla città, pur suggerendo che non sembrano rappresentare un’operazione militare su vasta scala.
Il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha ribadito il suo appello affinché Israele e Hamas raggiungano un accordo per porre fine alle sofferenze nella regione, esprimendo preoccupazione per l’imminenza di un’operazione militare su larga scala a Rafah.
In queste ore, migliaia di palestinesi si trovano bloccati nell’enclave costiera devastata dalla guerra. Israele attacca Rafah e conduce un’operazione d’assalto al valico di frontiera di Rafah, l’unico collegamento dei palestinesi con il mondo esterno, prendendone il controllo e issando le proprie bandiere all’ingresso. Questo intervento avviene in seguito a una notte di scontri intensi con i combattenti armati palestinesi che cercavano di difendere il confine dall’avanzata militare israeliana.
Attualmente, la popolazione di Gaza, stimata in circa 2,3 milioni di persone, è intrappolata in quella che molti definiscono una “prigione a cielo aperto”, a causa del blocco imposto da Israele e dall’Egitto da oltre 17 anni. La situazione umanitaria è critica, con gravi restrizioni agli spostamenti e all’accesso agli aiuti umanitari essenziali.
Israele attacca Rafah, suscitando preoccupazione per possibili attacchi agli ospedali
Secondo le fonti mediche, l’attacco a Rafah potrebbe portare all’invasione di importanti strutture sanitarie, tra cui l’Ospedale Europeo e Abu Youssef al-Najjar, gli unici ancora operativi nella zona. La disattivazione di questi ospedali, seguendo il triste precedente dell’ospedale Nasser a Khan Yunis e altri, metterebbe a rischio la vita di decine di migliaia di feriti che attualmente ricevono cure.