A Bruxelles, l’incontro tra il Ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, e l’Unione Europea ha affrontato la crisi a Gaza e le soluzioni politiche. Nonostante l’Unione Europea punti a uno Stato palestinese, le recenti dichiarazioni di Netanyahu creano tensioni. Durante l’incontro, Katz ha presentato un progetto ferroviario per Gaza e un’isola artificiale per palestinesi nel Mediterraneo, sollevando domande sulla loro pertinenza.
Nella giornata di ieri, Bruxelles è stata teatro di un incontro cruciale tra il Ministro degli Esteri israeliano, Ysrael Katz, e i rappresentanti dell’Unione Europea. L’obiettivo dell’incontro era discutere la grave crisi umanitaria che attanaglia la Striscia di Gaza e esplorare le possibili vie per una soluzione politica a lungo termine del conflitto. Sorprendentemente, l’Unione Europea si è presentata con una rara unanimità, ribadendo con fermezza che l’unica soluzione possibile è la creazione di uno Stato palestinese.
L’assurda proposta di un’isola artificiale per i palestinesi
Questa affermazione, tuttavia, segue le recenti dichiarazioni del Primo Ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, il quale ha ripetutamente respinto l’idea di uno Stato palestinese, vantandosi di aver bloccato tale prospettiva per ben trent’anni. Nonostante ciò, Katz ha sorpreso i presenti presentando due video durante l’incontro. Il primo riguarda un ambizioso progetto di infrastrutture ferroviarie per collegare Gaza alla Cisgiordania, mentre il secondo propone =. Tuttavia, l’obiettivo preciso di quest’isola artificiale rimane oscuro, e la sua connessione al tema principale è risultata sfuggente, poiché Katz l’ha enfatizzata come un’operazione commerciale.
Il capo degli Affari Esteri dell’Unione Europea, Josep Borrell, ha rapidamente sminuito l’intervento di Katz durante l’incontro, dichiarandolo irrilevante per la discussione e suggerendo che il Ministro israeliano avrebbe potuto impiegare il suo tempo in modo più proficuo invece che che fantasticare sulla realizzazione di un’isola artificiale per i palestinesi.
Chiaramente però, questo episodio solleva interrogativi sulla volontà di Israele di perseguire una soluzione politica e mette in luce la percezione dell’Unione Europea a livello internazionale, suscitando dubbi sulla possibilità di presentare proposte simili senza timore di conseguenze.
Se invece si intende esaminare l’atteggiamento degli alleati chiave di Israele, lo stesso Paese che propone nel Mediterraneo un’isola artificiale per i palestinesi, lo sguardo si sposta verso il teatro delle operazioni in Yemen. Nella notte precedente, Stati Uniti e Regno Unito hanno orchestrato una serie di attacchi mirati contro le forze dei Ribelli Houthi in Yemen, colpendo con precisione otto obiettivi strategici. Questo rappresenta il già ottavo bombardamento condotto dalle forze occidentali nelle ultime due settimane, marcando la seconda partecipazione del Regno Unito a tali operazioni.
Secondo quanto riportato da funzionari statunitensi a Reuters, l’azione militare ha avuto successo nel ridurre significativamente la capacità degli Houthi di perpetrare attacchi complessi. L’obiettivo strategico dietro questi attacchi è stato chiaramente mirato a indebolire le forze ribelli e a limitare la loro capacità operativa, sottolineando l’impegno continuo degli Stati Uniti e del Regno Unito nel contrastare le minacce regionali e stabilizzare la situazione in Yemen.
L’escalation di questi interventi militari occidentali nella regione sottolinea una crescente preoccupazione per la stabilità e la sicurezza in Yemen. L’attività aggressiva degli Stati Uniti e del Regno Unito sembra indicare una pericolosa determinazione nell’affrontare la situazione e nell’impedire agli Houthi di perseguire con successo azioni offensive di ampia portata.
Questa serie di attacchi dimostra la volontà degli alleati di Israele di intervenire in situazioni critiche, anche al di fuori dei confini del Medio Oriente. Le azioni congiunte degli Stati Uniti e del Regno Unito evidenziano l’importanza attribuita alla stabilizzazione della regione e al contenimento di forze ostili, rafforzando così l’asse di cooperazione tra Israele e i suoi principali sostenitori internazionali.
Gli Houthi hanno risposto promettendo un’azione in risposta a tali attacchi, ma è ancora presto per comprendere l’entità e la natura di questa risposta. La questione yemenita coinvolge ora anche l’Italia, che aveva precedentemente rifiutato di partecipare a una missione internazionale nel Mar Rosso, sostenendo la necessità di un’approvazione parlamentare. Tuttavia, il panorama è cambiato, poiché i Ministri degli Esteri Europei hanno dato il via libera alla missione ASPIS, un’operazione europea finalizzata alla protezione delle navi commerciali nel Mar Rosso.
L’ufficialità di tale adesione sarà annunciata il 19 febbraio, ma è già noto che l’Italia contribuirà a stabilire uno scudo nel Mar Rosso e nel Golfo Persico, collaborando con la missione statunitense Prosperity Guardian, senza però partecipare alla componente offensiva. Pur non partecipando direttamente ai bombardamenti delle basi degli UTI in Yemen, l’Italia sta compiendo un significativo cambio di direzione, un fatto che, sorprendentemente, ha destato scarso rumore mediatico.