Sono già 20 le vittime degli scontri tra la polizia e i manifestanti in Iraq, durante il terzo giorno di un imponente movimento di massa contro la disoccupazione, la corruzione dello stato e la carenza di servizi.
Le proteste che stanno attraversando l’Iraq da Baghdad a Nasryia sono scoppiate spontaneamente, e esprimono il malcontento radicale che esiste nella società irachena e soprattutto tra la gioventù. Un piccola protesta repressa duramente dalla polizia questo martedì è stata la miccia che ha mobilitato le migliaia di giovani scesi in piazza in questi giorni. Nonostante il coprifuoco imposto dal governo, durante la notte di mercoledì, i manifestanti hanno occupato piazza Tahrir a Baghdad, prima di venire sgomberati dalla polizia, che in questi giorni ha sparato sulla folla sia con normali proiettili che con quelli di gomma.
Un manifestante, Abdallah Walid, ha dichiarato a AlJazeera “vogliamo dei posti di lavoro e migliori servizi pubblici. Sono anni che li chiediamo e il governo non ha mai risposto”. Questa dichiarazione mette bene il luce il carattere del movimento che è esploso in questi giorni. I giovani che stanno inondando le strade e scontrandosi con la polizia non sono ispirati da nessun partito politico o gruppo religioso iracheno. La loro è una rabbia spontanea simile a quella che abbiamo visto in Sudan e in Algeria, il risultato di una dilagante disoccupazione giovanile e del degrado delle condizioni di vita. Sebbene non ci sia nessuna organizzazione a guidare le proteste, il leader sciita Muqtada Al Sadr ha fatto appello a uno sciopero generale.
Il governo di Adil Abdul Mahdi, l’attuale governo iracheno, è insediato al potere da meno di un anno, ed è stato il risultato di un accordo tra la coalizione Sairun, formata dallo stesso Al Sadr e dal Partito comunista iracheno, e il blocco filo-iraniano di Hadi Al Amiri. Il compromesso tra i due principali blocchi della politica irachene, sebbene molto apprezzato dagli analisti politici grazie al proprio atteggiamento di apertura nei confronti dei sunniti, non è riuscito tuttavia gradito alle masse che continuano ad affrontare gli stessi problemi, aggravati dalla guerra appena conclusasi contro le milizie dello Stato Islamico. Il governo precedente era caduto proprio in seguito alla repressione brutale di imponenti mobilitazioni, e Mahdi rischia di fare la stessa fine.
Francesco Salmeri