Iraniane e discriminazioni: quando l’hijab è fuori posto

Iraniane e discriminazioni: quando l'hijab è fuori posto

Iraniane e discriminazioni: quando l'hijab è fuori posto

In uno show televisivo si fa luce sulle donne iraniane. Ma solo per garantire l’osservanza delle regole relative al velo: un puntatore laser illumina – letteralmente – i volti in cui l’hijab risulta fuori posto. Così, dietro a un gesto autoritario e antiprogressista, affiora la vera e propria gogna cui sono sottoposte le donne in un Paese che non ne riconosce le libertà fondamentali.

Parola d’ordine: conformità

Tutte le volte che l’hijab non è allacciato correttamente sotto il mento, una luce verde poco discreta bersaglia la donna in pieno viso per richiamarla all’ordine. Così, in Iran, uno studio televisivo ha reso pubblica una violenza personale. A offrire testimonianza coraggiosa di una pratica umiliante che denigra, in maniera plateale, la figura femminile è stata Masih Alinejad. Giornalista, naturalizzata statunitense, si batte da sempre per i diritti delle donne iraniane e per impedire che l’oppressione di cui sono vittime rimanga nell’ombra.

Alinejad sottolinea il paradosso per cui, nel suo Paese, alla disarmante diligenza nel gridare allo scandalo per fatti puramente esteriori non corrisponda, d’altra parte, un altrettanto sollecito interesse nei confronti delle condizioni di vita dei cittadini. Un sostanziale nascondimento della polvere sotto al tappeto per mantenere il controllo delle apparenze in una situazione di estrema sofferenza e difficoltà collettiva, soprattutto femminile.  In breve, conta che il velo sia perfetto, non che chi lo indossa sia animato da una fede sincera.  E la forma, quindi, prevale sulla sostanza.

Nel video incriminato, postato sui social, si nota con inquietante chiarezza il funzionamento del puntatore. Una donna, in particolare, si sposta velocemente, cercando di scacciare quel marchio di vergogna dal suo viso. Alinejad rimarca come nessun uomo si sia mai dovuto misurare con un’umiliazione analoga. E questo in virtù di un altro paradosso: le donne crescono figli che un giorno potranno stabilire contro di loro etichette di non conformità.

Per le strade di Teheran

L’hijab è obbligatorio in Iran a partire dalla giovanissima età, tra i 7 e i 9 anni, ed è stato oggetto di veementi polemiche in anni recenti. Dal 2018, diverse attiviste iraniane si sono battute contro la sua imposizione, con conseguenze aspre per loro e dal grande impatto mediatico.

Per citare solo alcuni dei tanti nomi dietro cui si celano paladine dell’emancipazione, Nasrin Sotoudeh è stata condannata nel 2019 a 33 anni di carcere e 148 frustate per essere apparsa in pubblico senza velo. Veda Movahedi, similmente, è stata una delle prime a protestare, appendendo il suo hijab a un bastone ed ergendolo a bandiera, simbolo della libertà femminile, per le strade di Teheran. Entrambe sono state rilasciate, dopo la sentenza, grazie alla sentita adesione su larga scala dell’opinione pubblica.




Campagne sui social

La battaglia per i riconoscimenti, in Iran, trova ostacoli crescenti da quando, negli ultimi tempi, sempre più squadre filo-governative setacciano il territorio per assicurare il rigore nel rispetto delle leggi. Ma le donne, mantenendo l’anonimato o esponendosi in prima persona, hanno avviato campagne anche sui social network. Rivendicare la loro esistenza al di là del velo che le contraddistingue: è questo il filo conduttore che le unisce. Così, con #whereisshe le iraniane si sono mostrare a volto scoperto, attuando una pacifica ma incisiva presa di posizione rispetto al loro stato di discriminazione nella società.

Un nuovo segnale, inaspettato, invece, giunge anche da una piccola componente maschile, rappresentata da giovani uomini che manifestano la loro apertura e disponibilità a cambiare le carte in tavola. Nasce quindi il tag, lanciato ancora una volta da Masih Alinejad, #meninhijab, uomini con l’hijab, che ha trovato un significativo e sorprendente riscontro. Gli iraniani, seguendo la proposta della giornalista, hanno pubblicato le loro foto con indosso il velo, mostrando solidarietà alle popolazione femminile.

Piccoli, grandi passi per fare davvero luce sulle donne, per accogliere e non per attaccare. E senza retrogradi puntatori.

Barbara Balestrieri

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