Iran, repressione e pene più severe per chi non indossa l’hijab

obbligo di indossare l'hijab studentesse avvelenate

Il governo iraniano ha avviato una campagna repressiva per far rispettare alle donne l’obbligo di indossare l’hijab nei luoghi pubblici. L’operazione di polizia è denominata “Nour” (luce) e a riguardo lo stesso capo della polizia Abasali Mohammadian ha annunciato:

«Si tratta di misure severe per affrontare chi non osserva l’hijab obbligatorio. Le donne senza velo che scendono in strada saranno perseguite»

Il testo della legge prevede un notevole incremento delle pene per le donne sorprese a capo scoperto, oltre alla multa e alla privazione dei servizi sociali è vietato loro anche lasciare il paese e usare i social network. In parlamento l’ala più conservatrice aveva anche proposto anche di bloccare i conti bancari delle persone condannate, ma per il momento tale norma non è passata.

Questa campagna di repressione è stata voluta dalle principali personalità religiose del paese, tra cui la guida suprema iraniana l’ayatollah Ali Khamanei che negli scorsi giorni ha ribadito l’obbligo per tutte le donne di indossare il velo.

Le nuove misure repressive hanno già causato numerosi arresti e sono pensate per  reprimere la protesta portata avanti ancora da molte donne e iniziata nel 2022 dopo l’uccisione in circostanze sospette di Mahsa Amini.

 

Mahsa, 22 anni, è stata arrestata per strada il 13 settembre di due anni fa perché non indossava correttamente il velo ed è morta pochi giorni dopo mentre era ancora sotto la custodia della polizia religiosa.

Nonostante le autorità abbiano sempre negato la ragazza ha riportato ferite riconducibili ad un pestaggio e tale avvenimento ha scatenato proteste in tutto il paese soprattutto da parte della popolazione femminile. La protesta, costata la vita a circa 500 persone, non si è mai fermata ed è portata avanti ancora oggi da molte persone.

Le richieste principali sono l’allentamento delle rigide regole morali vigenti nel paese, tra cui proprio l’obbligo di indossare l’hijab, e l’abolizione della polizia religiosa che controlla con la forza il rispetto di tali regole. Dello stesso avviso sarebbe, secondo un sondaggio del quotidiano riformista Sharg, circa l’84% degli intervistati, ma ciò non sembra aver convinto il regime teocratico intenzionato invece a inasprire le regole e le pene che molto spesso fino ad oggi sono state di carattere pecuniario.

Iran, la storia di un paese attraverso l’obbligo di indossare l’hijab

Il velo per le donne, in Iran, è obbligatorio dal 1979 quando, a seguito della rivoluzione islamica, a Teheran prese il potere l’ayatollah Ruhollah Khomeini che in breve mise in piedi un regime autoritario, teocratico e anti occidentale contrapposto al regime precedente, laico, e al cui comando c’era lo Scià che imponeva all’Iran una modernizzazione e un’occidentalizzazione forzata.

Se nei mesi della rivoluzione l’hijab ha rappresentato anche un simbolo di protesta contro lo Scià ben presto è poi diventato un obbligo pesante a cui sono dovute sottostare anche persone non religiose e della classe media che invece inizialmente avevano anche appoggiato le idee della rivoluzione islamica.



Negli anni le proteste contro l’obbligo di indossare l’hijab non si sono mai fermate del tutto, le più note prima del 2022 esplosero tra il 2017 e il 2018, nacquero per motivi politici ed economici, ma ben presto si diffusero in tutto il paese e riguardarono l’intero sistema teocratico vigente in Iran. In quell’occasione la polizia religiosa sparò sulla folla uccidendo due persone e fece scalpore la foto di una ragazza che in una importante via della capitale si tolse il suo velo bianco e in segno di protesta lo utilizzò come una bandiera.

In un rapporto dello scorso anno Amnesty International ha anche denunciato violenze sessuali e stupri usati dalle forze di polizia per punire le donne carcerate e stroncare cosi la protesta in atto. Nel testo redatto dalla stessa organizzazione si raccontano le strazianti esperienze di 45 persone sopravvissute a tali indicibili violenze (26 uomini, 12 donne e sette minorenni). Le denunce delle vittime sono state ignorate dai giudici e dai magistrati che, complici del sistema, in alcuni casi hanno anche utilizzato confessioni estorte con la tortura per muovere accuse false contro i sopravvissuti già fisicamente e psicologicamente devastati.

Per le donne iraniane l’obbligo di indossare l’hijab è quindi un tema vivo da molti anni, più che mai serio e che riguarda anche il mancato rispetto dei diritti umani più fondamentali. La nuova campagna di repressione “Nour” è un ulteriore passo del regime per fermare le proteste e restare al potere tuttavia aumento della violenza e una diminuzione delle libertà non sono sinonimo di vittoria per il regime ed infatti per le strade di Teheran, ancora in questi giorni, sono molte le donne che girano ancora senza velo e che per questo devono sopportare scontri violenti con le forze dell’ordine.

Andrea Mercurio

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