L’Iran, paese dalle molteplici contraddizioni passate e presenti, è di nuovo al centro della storia. Una rivoluzione permanente guida il Paese da 40 anni, sono ancora tanti i nodi da sciogliere.
L’Iran che oggi conosciamo è una realtà relativamente giovane. L’attuale Repubblica Islamica è di fatto in vita da appena quarant’anni. Un esito certamente non scontato se si tiene conto delle tensioni che hanno lacerato il Paese negli anni della guerra fredda. Eventi storici che hanno segnato il volto contemporaneo del Medio Oriente e che, se indagati, possono fare luce sugli avvenimenti recenti e sull’ondata di sdegno per la morte del generale Suleimani.
Fino al 1979 era lo Scià Mohammad Reza Pahlavi a governare l’Iran. Autoincoronatosi Re dei re Mohammad Reza guidava il Paese dal 1941, anno in cui il padre abdicò in suo favore. Ciò che resta oggi di una delle personalità più in vista degli anni sessanta e settanta sono i fotogrammi sbiaditi del ricevimento internazionale di Persepoli, o i video che lo ritraggono passeggiare nei pressi della tomba di Ciro il Grande.
Tuttavia, il modus operandi di Mohammad Reza fu la prima condizione alla base dell’enorme stravolgimento politico a cui l’Iran sarebbe andato incontro. Lo Scià nel 1963 diede avvio alla “Rivoluzione bianca”, una serie di riforme che, a suo avviso, avrebbero portato l’Iran all’interno dell’era della “grande civilizzazione”. In effetti il Paese cambiò volto quando Mohammad Reza riuscì a ottenere delle potenze occidentali un accordo favorevole sulla vendita del petrolio di cui l’Iran è ricco.
Città come la capitale Teheran moltiplicarono la loro popolazione, e si diffusero aspettative sociali e democratiche che non avevano mai avuto la possibilità di attecchire. La realtà, come spesso accade, tradì i sogni della popolazione che, dinnanzi a un effettivo implemento industriale non riscontrava un aumento della qualità della vita. La corruzione del regime dello Scià impediva il funzionamento del sistema e costringeva larga parte della popolazione a vivere ai limiti della povertà. Molti villaggi sopravvivevano in condizioni precarie, quasi in assenza di acqua potabile. Il flusso sempre maggiore di lavoratori verso i grandi centri aveva come riscontro la difficile questione abitativa. Senza tralasciare il problema dell’analfabetismo diffuso.
Davanti alle prime proteste popolari Mohammad Reza agì duramente. Gli oppositori al regime erano oggetto di tortura e prigionia, e ciò non fece altro che accrescere il malcontento in tutto l’Iran. Le forze avverse allo Scià erano principalmente: gli studenti, i nazionalisti, i religiosi e i comunisti. Le ultime due componenti giocarono un ruolo fondamentale nel rovesciamento del regime di Mohammad Reza perché in grado di unire le proteste degli studenti e dei nazionalisti alle loro.
Sul finire del 1978 la situazione si fece insostenibile per il Re dei re. Le manifestazioni in piazza diventavano sempre più violente e Mohammad Reza scoprì di essere malato di cancro. Lo Scià lasciò il suo Paese poco prima della vera e propria Rivoluzione che avvenne con il ritorno dall’esilio del religioso sciita Ruhollah Khomeyni, da lui condannato perché oppositore politico.
Khomeyni aveva continuato la sua opera di opposizione al regime dall’estero utilizzando delle audiocassette che venivano diffuse illegalmente in Iran. Al suo ritorno fu acclamato da una grande fetta della popolazione e accolto di buon grado dalla fazione comunista che probabilmente sperava di poter controllare l’ascendente religioso di Khomeini e utilizzarlo a proprio vantaggio. L’intento non riuscì e attraverso due referendum, uno a marzo e uno a dicembre del 1979, la fazione religiosa conservatrice ottenne di fatto il controllo dell’Iran.
Il primo referendum chiedeva agli iraniani di scegliere tra il sistema monarchico di Mohammad Reza Pahlavi o il passaggio ad una Repubblica Islamica. La seconda opzione vinse con il 98,2 % delle preferenze. Il secondo referendum richiese al popolo l’approvazione del principio del velayat-e-faqih alla base della nuova Costituzione dell’Iran rivoluzionario. Il principio consisteva nel porre a capo dell’intera nazione una guida religiosa riconosciuta nel giurista islamico. Il risultato fu positivo e Khomeyni assunse il ruolo di Guida Suprema dell’Iran.
A seguito di ciò tutto cambiò per l’Iran, ma anche per l’intero Medio Oriente. Un Paese a guida religiosa con forti slanci antimperialisti e antiamericani si trovava ora al centro della zona più ricca di tensioni a livello mondiale. I rapporti con l’Occidente sono stati altalenanti e a periodi di forte crisi sono succeduti momentanee situazioni di stallo. In effetti l’Iran ha serie difficoltà a mettere in commercio il petrolio, la sua materia prima, per via delle pesanti sanzioni da parte delle Nazioni Unite in cui incorrerebbero i suoi potenziali acquirenti. Perciò la situazione di povertà permane e continua ad affliggere la popolazione.
Il corpo delle Guardie rivoluzionarie, fortemente voluto da Khomeini e poi ampliato e potenziato dal suo successore Ali Khamenei, ricopre al giorno d’oggi ruoli essenziali in ogni ambito economico del Paese. Il fatto è centrale dal momento che il corpo delle Guardie rivoluzionarie, anche dette pasdaran, ha avuto applicazioni militari interne ed estere di varia natura. Spesso i pasdaran sono associati dalla comunità internazionale a operazioni terroristiche. Tutto ciò non ha impedito che Qassem Suleimani, generale del corpo, venisse riconosciuto a tutti gli effetti come un eroe dai contorni mitologici in Iran, soprattutto per le sue azioni contro l’Isis.
L’Iran, ciò che resta di una delle più grandi civiltà del passato, l’erede dell’Impero persiano, è oggi un paese di contraddizioni che nessun attacco chiarirà.
Paolo Onnis