Al G20 di Roma si discute anche di Iran e del programma di produzione di energia nucleare. I leader occidentali auspicano il ritorno al tavolo delle trattative (di nuovo)
La possibilità di ridiscutere l’accordo con l’Iran sul nucleare era nell’aria già da qualche giorno, da quando il viceministro degli esteri iraniano aveva annunciato la volontà da parte di Teheran di riprendere i colloqui entro la fine del mese. Il fatto che Joe Biden, al margine del summit G20 a Roma, abbia commentato la questione quindi non stupisce. Venerdì il leader statunitense ha confermato che anche gli Stati Uniti hanno intenzione di riprendere la strada della diplomazia riguardo la gestione della produzione iraniana di energia nucleare.
Di cosa stiamo parlando?
Nel luglio 2015 l’Iran firma con Francia, Cina, Russia, Regno Unito e Stati Uniti (i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite), più la Germania e l’Unione Europea un accordo che, in sintesi, mira a tenere sotto controllo il programma nucleare militare iraniano, di fatto rallentandolo.
Ufficialmente l’accordo è noto con l’acronimo JCPOA: Joint Comprehensive Plan of Action. Firmandolo l’Iran ottiene la rimozione delle sanzioni economiche che l’ONU aveva adottato nel 2007 in reazione al programma nucleare della Repubblica Islamica, che si temeva essere sviluppato più per fini militari che civili. In cambio Teheran accetta di ridurre la produzione di uranio arricchito, di eliminare alcune delle sue riserve e di non arricchire al di là della soglia che separa l’uranio destinato ad uso civile da quello ad uso militare.
Nonostante per tre anni l’accordo avesse di fatto funzionato – non erano state riscontrate significative violazioni da parte dell’Iran – nel maggio 2018 l’allora presidente USA Donald Trump decide di ritirarsi dall’intesa, denunciando violazioni da parte di Teheran e abbandonando la strada della diplomazia nei rapporti USA-Iran. Nei fatti l’accordo diviene lettera morta e in un nonnulla si risolvono i tentativi dei firmatari europei di salvare il JCPOA.
Con l’elezione di Joe Biden alla Casa Bianca, l’amministrazione a stelle e strisce cambia il proprio approccio nei confronti della Repubblica Islamica e, sebbene in forma indiretta, riprende i colloqui per ripristinare gli accordi. A giugno 2021 però in Iran si vota per la carica di Presidente e il moderato, filo-occidentale, Hassan Rouhani viene rimpiazzato dall’ultraconservatore Ebrahim Raisi. Per le sorti dei negoziati sul JCPOA questo si traduce nell’ennesima interruzione.
Ritorno al multilateralismo?
Fanno ben sperare quindi le ultime dichiarazioni di Joe Biden che hanno anticipato la dichiarazione congiunta rilasciata sabato dal leader statunitense insieme e a quelli di Francia, Germania e Gran Bretagna.
“Chiediamo al presidente Raisi di cogliere questa opportunità e fare a uno sforzo in buona fede per concludere il prima possibile i negoziati”, ha affermato Biden insieme alla cancelliera tedesca Angela Merkel, al presidente francese Emmanuel Macron e al primo ministro britannico Boris Johnson. “Questo è l’unico modo per evitare un’escalation pericolosa, che non è nell’interesse di alcun Paese”.
Le parole dei capi di stato e di governo rivelano anche la volontà di rafforzare il multilateralismo come strumento per la gestione di questioni che hanno ricadute a livello internazionale. La scelta di voler perseguire la via del dialogo con Teheran è in linea con quanto detto dal Presidente italiano Mario Draghi. Sebbene con riferimento alla pandemia e ai cambiamenti climatici, il premier ha più volte sottolineato la necessità di rafforzare la cooperazione internazionale e criticato l’ondata di protezionismo, unilateralismo e nazionalismo che sta ostacolando la gestione di problematiche globali.
Tuttavia, le dichiarazioni ufficiali nascondono un clima di scetticismo che invece è diffuso fra i funzionari statunitensi riguardo la possibilità che i colloqui sul nucleare iraniano producano i risultati desiderati. Mentre Joe Biden apre al dialogo con Teheran, a Washington rimane viva la discussione circa la possibilità di imporre nuove sanzioni alla Repubblica Islamica. L’apertura del dialogo sul nucleare è positiva, ma leggere l’annuncio dei leader come segnale di un pieno ritorno al multilateralismo – aperto anche all’Iran – sarebbe affrettato. Le parole di Biden arrivano infatti in concomitanza con l’imposizione da parte statunitense di nuove sanzioni a privati e compagnie iraniane collegati al programma di utilizzo di droni (Unmanned Aerial Vehicle Programme – UAVP).
Il grande assente
Anche alcuni autorevoli analisti sono scettici circa la reale volontà da parte di Tehran di rallentare il proprio programma nucleare. Le recenti dichiarazioni da parte dell’Iran sono lette come un tentativo di ritardare e annacquare la pressione da parte della comunità internazionale e nel frattempo continuare sulla strada della costruzione di armi nucleari. Quindi non come una reale volontà di rilanciare il JCPOA.
In vista del successo dei negoziati preoccupa anche il comportamento della Cina che rimane cauta e non prende posizione accanto agli altri paesi parte dell’accordo del 2015 nell’esercitare pressione sull’Iran. Pechino continua a importare petrolio da Teheran, una delle principali fonti di reddito per il paese islamico. La Cina è però un pezzo essenziale del puzzle e la sua assenza al tavolo dei negoziati indebolisce il potere contrattuale dei paesi occidentali.
Nel dubbio il dialogo
Quale sia la strategia dietro alle mosse di Teheran è difficile da prevedere con esattezza. Il paese potrebbe effettivamente voler rilanciare un accordo circa il suo programma nucleare per riguadagnarsi la fiducia e il sostegno delle potenze occidentali – di cui ha bisogno in un momento di difficoltà economiche. Oppure, l’Iran potrebbe solamente voler rassicurare la comunità internazionale, così da allentare le pressioni e continuare a sviluppare le proprie capacità nucleari sottocoperta.
Nel dubbio i paesi europei e gli USA scelgono di perseguire lo stesso la via del dialogo. Ciononostante, date le premesse, possiamo aspettarci che i negoziari per il ripristino del JCPOA procederanno con cautela a causa della diffidenza circa i reali buoni propositi di Teheran riguardo il suo programma nucleare.