La Camera ha approvato l’introduzione del referendum propositivo, a favore M5s e Lega, contrari Pd e FI. Uno strumento di democrazia diretta?
L’introduzione del referendum propositivo ha fatto il suo primo passo alla Camera come proposta di legge costituzionale, ora passerà al Senato. Con il referendum propositivo promosso dal M5s, i cittadini possono presentare una proposta di legge, sostenuta almeno da 500 mila firme, e intervenire sull’iter legislativo nel caso in cui siano passati 18 mesi senza che il Parlamento l’abbia sottoposta a delibera o l’abbia modificata in modo sostanziale. Se il Parlamento non procede, lo faranno i cittadini stessi con il referendum propositivo.
I dubbi sulla democrazia diretta
I risultati del referendum propositivo saranno considerati validi solo con il 25 per cento di affluenza tra gli aventi diritto. L’altra restrizione, ammessa dai promotori al pieno potere popolare, riguarda il tema delle proposte di legge, non saranno accettate infatti iniziative che non rispettino la Costituzione. L’opposizione di Governo chiede però limiti meno vaghi e più circostanziati solo ad alcuni ambiti, così com’è la proposta di legge permetterebbe ai cittadini di intervenire anche in campi che necessitano di competenze tecniche specifiche, come quello penale e tributario. Ma il M5s non retrocede, e affida alla Corte Costituzionale il ruolo di tutela dei principi costituzionali nel vaglio della legge, lasciando però piena libertà di proposta ai cittadini.
Favorevoli e contrari
Nella votazione alla Camera per l’introduzione del referendum propositivo, a fianco del M5s si è schierata la Lega, mentre si sono espressi con voto contrario Pd e FI. La maggioranza di Governo però ha schiacciato l’opposizione, i voti favorevoli sono stati quasi il doppio dei contrari (272 vs 141). Forza Italia rifiuta del tutto la proposta M5s, considerandola distruttiva rispetto alla democrazia rappresentativa. Il Pd invece non esclude il dialogo qualora ad esempio si ponessero confini alle materie su cui far decidere i cittadini. Altre perplessità vanno in direzione del caos organizzativo e del dispendio di energie e risorse che si verificherebbero ogni volta che i cittadini volessero legiferare in autonomia.