Tre Mari: l’intesa che rafforza la NATO, ma rischia di spezzare l’UE

L’Intesa dei Tre Mari si propone come soggetto atto a favorire l’integrazione dei Paesi dell’Europa Centro-Orientale con il resto dell’Unione. Al contempo rafforza la NATO nel proprio impegno contro Mosca. Eppure a Bruxelles restano dubbi riguardo al progetto. Progetto per il quale, invece, Washington e Varsavia non nascondono l’entusiasmo.

I modelli dei Tre Mari

Nel 1569 l’Unione di Lublino confederava l’allora Regno di Polonia con il Granducato Di Lituania. La neonata Confederazione fu per circa due secoli uno dei più grandi e popolosi Paesi del continente europeo. Il suo territorio, all’inizio del XVII secolo, comprendeva aree delle attuali Polonia, Lituania, Bielorussia, Lettonia, Estonia, Ucraina, Russia e Moldavia. Era un’immensa cerniera, che separava l’Europa Centrale e Balcanica dall’Impero Russo, bagnandosi nelle acque del Baltico e del Mar Nero. La Confederazione scomparve dalle mappe nel 1795, quando fu spartita tra Prussia, Austria e Russia.

Pochi anni più tardi l’esercito napoleonico in marcia verso Mosca cercò di stabilire negli ex territori della Confederazione uno stato cliente che a questa si rifacesse. Nel 1807 nasce quindi il Granducato di Varsavia: soltanto un’ombra, in realtà, dell’entità che per due secoli aveva dominato l’Europa Orientale. Con la fine delle Guerre Napoleoniche, nel 1815, anche il Granducato di Varsavia viene spartito dalle potenze vicine.

Il progetto Intermarium

Passa un secolo. Nel 1914 scoppia la prima guerra mondiale. Con la fine del conflitto i territori Polacchi tornano ad essere un libero Stato. Non solo: contro ogni previsione, tutti i soggetti che per secoli avevano minato, e di fatto impossibilitato, l’indipendenza polacca (Germania, Austria-Ungheria e Russia), erano usciti sconfitti e fortemente indeboliti dal conflitto. Pur combattendo su fronti diversi. È un’occasione d’oro per rispolverare un’idea nata durante i falliti moti indipendentisti del secolo precedente: l’Intermarium. Il modello di riferimento per il progetto Intermarium era naturalmente la Confederazione del XVII secolo, aggiornata al nuovo volto che l’Europa aveva assunto dopo il conflitto. L’interesse geografico spaziava ora fino alla costa Dalmata affacciata sull’Adriatico e veniva trovato nell’antibolscevismo di matrice russa il legante per unire le popolazioni di questa immensa federazione.

All’alba degli anni ’20 iniziano, quindi, brevissime guerre, che il Capo di Stato polacco, Józef Piłsudski, promuove nella speranza di sollevazioni popolari che portino alla nascita dell’Intermarium a trazione polacca. Tra il 1918 ed il 1919 è la guerra polacco-ucraina, nel solo 1919 la guerra polacco-cecoslovacca, nel 1920 la guerra polacco-lituana. Le tre guerre hanno tuttavia risultati marginali e comportano un allargamento risibile dei confini polacchi. Sempre nel 1919, poi, era iniziata anche una guerra contro la Russia Sovietica. Si conclude nel 1921, con un armistizio tra le parti che mette definitivamente il punto ai sogni di formazione dell’Intermarium per tutto il successivo ventennio.

Verso il 21esimo secolo

Con la Seconda Guerra Mondiale tutti i territori dell’antica Confederazione sono occupati dalla Germania prima e dall’Unione Sovietica poi. Dal 1945 entrano quindi nella sfera di influenza di Mosca. Alla fine del secolo, dopo il crollo sovietico, tutti i paesi dell’Est Europa tornano indipendenti. La maggior parte di loro entra nell’Unione Europea. I primi decenni nell’Unione sono anni di ricostruzione, economica e sociale. Tuttavia, agli inizi degli anni ’10 del 21essimo secolo, torna ad essere mormorata l’idea di un particolare sistema di relazioni tra i territori ad est di Berlino e ad ovest di Mosca.

Nel 2014, l’Atlantic Council (think thank statunitense avente lo scopo di “promuovere la leadeship americana e promuovere accordi internazionali basati sul ruolo centrale della comunità atlantica nell’affrontare le sfide del XXI secolo”) ed il centro studi polacco, Central Europe Energy Partners, presentano il rapporto Completing Europe.

L’Intesa dei Tre Mari

Il rapporto Completing Europe individua il rafforzamento della tratta nord-sud dell’Europa Centro-Orientale come condizione sine qua non per la completa integrazione di questi territori al progetto europeo. L’anno successivo alla sua pubblicazione, nel 2015, il Presidente polacco, Andrzej Duda, e la Presidente croata, Kolinda Grabar – Kitarovic, decidono quindi di rilanciare il progetto Intermarium, cercando di coinvolgere più paesi amici possibili all’interno della triangolazione dei mari Adriatico, Baltico e Nero. Ad oggi i Paesi europei coinvolti sono 12: Austria, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia e Slovenia. A questi, nel 2022, si è unità l’Ucraina in qualità di “partner partecipante”.

tre mari




I progetti correlati al nuovo Intermarium si concentrano sullo sviluppo di infrastrutture tese a spostare l’asse privilegiata della connettività europea dalla tratta est-ovest a quella nord-sud. Le infrastrutture la cui costruzione viene considerata strategica sono molte e relative ad energia, trasporti e digitalizzazione. In particolare, sette nuovi gasdotti, due nuove ferrovie che colleghino il Baltico con l’Adriatico ed il Baltico con il Mar Nero, un progetto per il completo rinnovo della tratta fluviale del Danubio ed una serie di infrastrutture per il potenziamento della comunicazione, in particolare 5G e a fibra ottica. A finanziare il tutto, oltre una percentuale minoritaria di fondi fornita da Bruxelles, il Three Seas Initiative Investment Fund, sostenuto da nove delle banche di sviluppo dei Paesi coinvolti.

Il ruolo dell’Intesa dei Tre Mari

Nel 2016 iniziano, quindi, a Dubrovnik, in Croazia, una serie di vertici (uno all’anno fino al 2023) tra i Paesi coinvolti. L’iniziativa, che prende il nome di Intesa dei Tre Mari, si propone lo sviluppo economico dell’area interessata, ed il miglioramento della coesione europea. Chiaramente, essendo formata da Paesi che gravitano interamente nell’orbita occidentale (11 dei quali sono membri NATO), ed avendo negli Stati Uniti un soggetto ispiratore e protettore, l’Intesa ha anche la dichiarata volontà del rafforzamento dei rapporti atlantici. Tale volontà, dopo l’invasione russa dell’Ucraina, assume sempre di più i caratteri del ruolo.

Il rapporto atlantico con gli Stati Uniti, infatti, ha un valore centrale nelle politiche dell’Intesa. Anche Washington sovvenziona largamente il progetto, tanto in chiave anti russa, quanto anti cinese. Se da un lato, infatti, il blocco centro-orientale d’Europa, Polonia in testa, viene considerato dal Pentagono la più affidabile forza di contenimento russo del continente, dall’altro questi stessi Paesi sono stati negli ultimi anni bersaglio dell’iniziativa 17+1 di Pechino. Gli states non hanno apprezzato il flusso di investimenti cinesi che ha raggiunto l’area , e trovano nel totale sostegno, anche economico, all’Intesa il contro bilanciamento delle azioni del gigante asiatico.

La guida polacca

Un’unione strategica, quella dei Tre Mari, che, ancora una volta nella storia, diventa cerniera tra la steppa ed il continente, oggi declinati nella dualità Mosca-NATO. Non a caso in Europa il maggior promotore del progetto è Varsavia. La Polonia, infatti, non solo vede nei Tre Mari la possibilità di recupero di quella identità di potenza annichilita negli ultimi due secoli di dominazione straniera. Il Tre Mari rappresenta anche la continuazione di un processo considerato innato nel proprio essere, quel processo che l’ha portata ad essere per molto tempo l’egemone delle terre a cavallo tra Europa e Asia.

Le parole che il politologo americano George Friedman pronuncia al Chicago Council on Global Affairs chiarificano la rinnovata ammirazione di Washington per Varsavia e il crescente peso polacco in seno all’Unione Europea.

L’interesse principale della politica estera americana nell’ultimo secolo, durante la Prima e la Seconda guerra mondiale e durante la Guerra fredda, sta nella relazione tra la Germania e la Russia. In effetti questi due Paesi uniti sono il solo potere che possa minacciarci. Il nostro principale interesse è di assicurarci che questo non accada.

Quello polacco, quindi, si candida ad essere uno dei più influenti Paesi del continente nel prossimo futuro. E quella che Donald Rumsfeld, capo del Pentagono durante la presidenza W. Bush, definiva la Nuova Europa (i Paesi ex sovietici entrati nell’Unione), aumenta il proprio peso a Bruxelles. Spostando, di conseguenza, l’asse degli interessi, e della sensibilità, europei in direzione orientale.

L’Adriatico, immagine delle frizioni dell’Intesa dei Tre Mari

L’Intesa dei Tre Mari, in conclusione, è appoggiata con grande interesse da Washington, che la considera la prima linea occidentale contro Mosca e la seconda (dopo l’Indo-Pacifico) contro Pechino. È studiata, invece, in maniera meno entusiasta da Bruxelles e Berlino, che temono di vedere nascere all’interno dell’Unione un’entità distinta per valori e proiezione storica. Non solo, ma anche un’entità in grado di imporre, con il proprio peso economico, demografico e (specialmente dopo l’invasone dell’Ucraina) militare, le proprie politiche al resto del continente.

In tutto ciò, tuttavia, c’è una cancelleria che sembra non prendere sul serio la questione Tre Mari, non considerandola ne come un potenziale problema, ne come una fonte di opportunità per il futuro. Roma, la cancelleria in questione, sembra semplicemente ignorare l’esistenza di tale Intesa. La questione, tuttavia riguarda pienamente il nostro Paese, da sempre consideratosi, e considerato, l’egemone dell’Adriatico e uno dei più importanti partner commerciali di alcuni dei 12 Paesi coinvolti nel progetto, Austria, Croazia e Slovenia in testa.

Oltre al rischio di trovarsi quindi scalzati da un giorno all’altro da alcune delle proprie posizioni storiche, e per certi versi vantaggiose, nei rapporti con l’estero vicino, la persistenza ad ignorare l’Intesa rischia di diventare il pretesto per una collisione frontale dell’iniziativa dei 12 Paesi con l’italiano Piano Mattei. La confluenza di alcuni obbiettivi dell’Intesa e del Piano, nel particolare l’egemonia del Mediterraneo di cui l’Adriatico è appendice, rischia di diventare frattura tra i soggetti coinvolti. Una piccola frattura, allargando il campo visivo dal livello nazionale a quello continentale, ma manifestazione di una linea di faglia che sembra iniziare a correre pericolosamente lungo quella che, soli trent’anni fa, era la Cortina di Ferro.

Riccardo Longhi

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