La sigla: “NDE” è l’abbreviazione di “Near-Death Experience” ovvero le esperienze pre-morte che in tanti affermano di aver vissuto a seguito di incidenti o malattie che li hanno condotti ai confini della vita.
Per parlarci dello straordinario ed affascinante fenomeno dal punto di vista scientifico, abbiamo intervistato Armando De Vincentiis: laureato in psicologia e specializzato in psicoterapia, già docente nel corso di laurea in scienza dell’educazione dell’Università Pontificia di Roma ed esponente storico del CICAP: il comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze.
De Vincentiis, oltre ad essere un divulgatore scientifico e curatore della collana scientia et causa alla quale collabora lo stesso Piero Angela è anche un esperto di paranormale religioso e fenomenologia mistico-religiosa e si è occupato dello studio sulle stimmate di Padre Pio e di Natuzza Evolo la mistica di Paravati.
E’ necessaria la fede religiosa per vivere una esperienza pre-morte ?
No, non è necessaria la fede religiosa, poiché certe esperienze possono essere attribuite a fenomeni sovrannaturali non necessariamente legati a dimensioni religiose. L’idea che qualcosa di noi possa sopravvivere alla morte va al di là del concetto di “anima”. Ciò che può sopravvivere, per i sostenitori di queste esperienze, può essere parte della nostra psiche, la nostra mente o la nostra stessa coscienza che, una volta lasciato il corpo, possa ricongiungersi con chissà quale dimensione parallela o addirittura con lo stesso universo.
I protagonisti di esperienze paranormali mistico-religiose come ad esempio le apparizioni mariane, sono solitamente persone con un basso livello culturale, basta pensare ai pastorelli di Fatima. Le esperienze pre-morte sono invece esuli dalla cultura, anche Carl Gustav Jung è stato protagonista di tali esperienze quindi viene da chiedersi: “Le NDE sono da considerarsi fenomeni paranormali mistico-religiosi o sono qualcosa di diverso ?”
Beh dipende con quale spirito critico la si vuol leggere. Ad uno scienziato scettico, un racconto che contrasta le leggi di natura, lo indurrebbe a parlare di fenomeni paranormali, ovviamente infondati. Per un religioso il fenomeno sarebbe senz’altro mistico. Per un credente, scienziato o non, sarebbe un fenomeno si paranormale ma reale e quindi sarebbe indotto ad inserirlo nelle esperienze straordinarie ma del tutto naturali. Il livello culturale ha poca influenza, la credenza nella vita dopo la morte tocca dimensioni che vanno oltre la cultura o l’istruzione di un uomo. Infatti chi ha dato il via alla credenza di certe esperienze sono stati proprio uomini di cultura come medici psichiatri, neurologi e ricercatori che hanno interpretato in modo del tutto personale vissuti e aneddoti dei loro pazienti. Tra questi il già citato Jung, che precedette di molto il personaggio che portò a livello planetario l’idea della sopravvivenza dopo la morte. Ossia lo psichiatra Raymond Moody.
In che modo questi autori hanno tratto le loro conclusioni sulle NDE?
La maggior parte degli autori che crede nella sopravvivenza di qualcosa al di là della vita è partita e parte tutt’ora da una visione dualistica del rapporto mente corpo. Una visione ormai superata grazie alle acquisizioni della moderna neuroscienza. Tuttavia questi autori sembrano rimanere congelati all’interno di una visione quasi mistica della nostra coscienza, insistendo nel distaccarla dall’attività del sistema nervoso per collocarla in dimensioni sconosciute ed attribuendole una sorta di vita propria in grado di “operare” al di là del nostro cervello. Visionando i loro scritti, alcuni addirittura pubblicati su riviste importanti, si evincono conclusioni forzate che lasciano trasparire certe convinzioni, infondate, sulla nostra coscienza. Jung, ad esempio, affermava che la psiche potesse trascendere lo spazio ed il tempo, e se ne convinse interpretando in modo del tutto arbitrario coincidenze, sogni di persone in prossimità della morte e il tutto sostenuto dall’idea che alcuni esperimenti scientifici avessero già dimostrato l’indipendenza della psiche dal cervello. Jung, nei suoi scritti, citava ininterrottamente gli esperimenti di Rhine sulle carte Zener, che sappiamo oggi rilevatisi scorretti e non ripetuti. Quindi premesse scientifiche scorrette e idee personali lo hanno portato alle sue conclusioni. E tutti gli autori che son venuti dopo sono caduti nella stessa trappola metodologica.
I racconti di esperienze pre-morte sono tutti molto simili, accomunati da diversi elementi: la luce, il tunnel, la sensazione di benessere, una visione dall’alto di noi stessi o addirittura come nel caso di Jung, una vista della terra dallo spazio. Perchè ?
In realtà i racconti sono più o meno gli stessi, ma distribuiti tra loro. Ossia ognuno riporta una determinata esperienza. Chi vede un tunnel, chi si vede dall’alto, chi incontra i propri defunti ecc. Più si allarga la cerchia di chi racconta le esperienze più si nota che non tutti proprio vedono la stessa cosa nella medesima esperienza. Jung, ad esempio, vide la terra dallo spazio quasi in una sorta di racconto poetico dell’esperienza. Altri si limitano a vedere sé stessi, altri solo una luce e molti non vedono assolutamente nulla. Il resto è aggiunto dall’interpretazione personale che un soggetto ne fa. La propria visione del mondo, il suo sistema di credenze tendono a contornare l’esperienza di pre-morte subita, infarcendola di sensazioni e emozioni dettate, appunto, dal contesto culturale.
Sul piano neurologico cosa succede durante una NDE ?
Benché apparentemente straordinarie, non è difficile interpretare tali esperienze in termini neurologici. Stiamo parlando di un cervello che sta agendo in uno stato straordinario di sofferenza. Traumi e mancanza di ossigeno concorrono, oltre alla già citata interpretazione culturale, alla costruzione di ciò che stiamo chiamando NDE. Es. una riduzione di ossigeno “disattiva” le cellule della corteccia visiva determinando un restringimento del campo visivo ed ecco la classica visione del tunnel così come una lesione del lobo temporale, dovuta ad un trauma, determina sensazioni di benessere, di gioia, di distacco dal proprio corpo e la sensazione di vivere esperienze trascendentali. Situazioni riprodotte addirittura in laboratorio oppure, naturalmente, durante un attacco epilettico
Le NDE possono essere considerate un meccanismo di difesa del nostro organismo ?
Assolutamente si. Gli psicologi, infatti, parlano di depersonalizzazzione proprio come un meccanismo di difesa della nostra psiche davanti a situazioni traumatiche, spiacevoli e/o angosciose. Avere paura di una situazione che stiamo vivendo induce la nostra psiche a prendere le distanze da quest’ultima proprio per meglio tollerarla. Numerosi sono i racconti di coloro che dopo una brutta notizia o durante una violenza, hanno visto sé stessi da un’altra prospettiva come se si stessero autoconvincendo che ciò che stava accadendo non era alla propria persona bensì ad altri. A tal proposito un noto psicologo, Luigi Aurigemma, scrisse che “l’individuo vicino alla morte tende a non identificarsi con il suo corpo morente”. Quindi le NDE oltre all’implicazione neurologica hanno anche implicazioni psicologiche profonde come appunto un tentativo estremo di prendere le distanze da ciò che sta accadendo. La visione dall’alto è spiegata proprio da questo , ma si tratta di una esperienza allucinatoria.
Una infermiera racconta di aver assistito un paziente in stato di coma e di avergli levato la dentiera mentre lo intubava. La settimana dopo il paziente raccontava la sua esperienza NDE e vedendo l’infermiera le chiedeva dove avesse messo la sua dentiera. Una testimonianza del genere (trovata in rete) può essere vera o è frutto della fantasia di qualcuno ?
Ecco, questi sono i racconti che io definisco “fuori controllo”. Non abbiamo alcuna prova oggettiva che sia accaduto davvero, quindi prima di lanciarci in spiegazioni fisiologiche dobbiamo essere certi che il fenomeno sia davvero accaduto. Ma chi e come ce lo garantisce? Chi ci dice che le cose non siano state alterate durante il racconto? Inoltre vi è la possibilità che nonostante uno stato di apparente incoscienza certe informazioni (voci, conversazioni, sensazioni) possano essere comunque percepite dal cervello ed elaborate in qualche modo per poi essere riportate nei ricordi. Una sensazione uditiva potrebbe essere ricostruita dal nostro cervello anche sotto forma di immagini durante il ricordo ed ecco che l’esperienza straordinaria è costruita. E’ più facile pensare che l’anima si sia separata, abbia visto l’evento e poi sia ritornata nel corpo o è più facile che certe informazioni possano arrivare anche ad un cervello poco cosciente e non morto? E’ bene ribadire che da un EEG piatto nessuno è mai tornato indietro per raccontare qualcosa.
Quando parliamo di NDE è più corretto il concetto di alterazione cerebrale o di un anomalo stato di coscienza ?
Io direi che sono corretti entrambi. In situazioni estreme come traumi, mancanza di ossigeno, emozioni intense, situazioni fortemente angosciose sono entrambe definizioni che possono essere tranquillamente chiamate in causa.
Esistono altre circostanze nelle quali si provano le medesime emozioni e sensazioni delle NDE ?
Assolutamente si. Abbiamo già citato la visione da un’altra prospettiva in condizioni al di fuori delle NDE. Come durante una violenza, una brutta notizia ecc. Così come il famoso tunnel è visto anche dai piloti durante le esercitazioni nei simulatori di volo. Ossia delle cabine che girano come centrifughe per far sperimentare la forza di accelerazione. In questi casi, si ha un ridotto afflusso di sangue al cervello e i piloti riportano la visione di un tunnel in cui alla fine compare una luce. Ma loro, ovviamente, sanno che non si tratta di una NDE.
Dopo una NDE può cambiare la visione e la percezione che si ha della morte stessa ?
Si, almeno nelle testimoniane di coloro che l’hanno sperimentata si acquisisce una visione diversa della morte. Ma questo dipende sempre dal loro sistema di credenza e dall’interpretazione che ne fanno. Molti si convincono che la morte non è poi così terribile e non è la fine di tutto. Alcuni, invece, ne rimangono indifferenti mentre altri accettano le spiegazioni fisiologiche.
Una esperienza pre-morte condiziona il seguito la vita ?
Diciamo che ad alcuni può modificare il proprio sistema di credenze, ma a costo di essere ripetitivi dipende sempre dal contesto culturale e dall’interpretazione personale che se ne fa.
Grazie ad Armando De Vincentiis per averci regalato un po del suo tempo e della sua cultura.
Grazie a voi
Andrea Ianez