Massimo Bottura è un celebre cuoco italiano. È chef e proprietario dell’Osteria Francescana a Modena, ristorante premiato con tre stelle Michelin e classificatosi primo ristorante al mondo nella lista dei The World’s 50 Best Restaurants Awards 2016 di New York, nonché primo ristorante italiano ad aggiudicarsi tale titolo.
* Osteria Francescana – Modena, Italy *
Ha scritto tre libri: “Aceto balsamico”, “Parmigiano Reggiano” e “PRO. Attraverso tradizione e innovazione”. Massimo Bottura è anche uno dei 10 direttori del centro di formazione Basque Culinary Center.
La sua cucina è una rivisitazione moderna dei piatti della sua amata Modena: materie prime eccellenti, memoria dei sapori della sua infanzia, si fondono con tecniche nuove in una totale ristrutturazione. Come ha scritto la giornalista Jane Kramer, nel lungo reportage che il New Yorker ha dedicato allo chef modenese, Massimo Bottura è riuscito a “slegarsi dalla tradizione, a differenza del resto d’Italia”.
Il boom televisivo culinario degli ultimi anni ha portato il grande pubblico a conoscere meglio questo mondo e le star che lo compongono. Ha portato alla fama, anche tra i profani dell’ambiente, gli Chef migliori sul suolo italiano.
Massimo Bottura è tra questi.
Pif, nel 2013, l’aveva seguito per una giornata intera, raccontando la sua routine quotidiana. Noi di Ultima Voce invece, lo abbiamo intervistato per conoscere meglio questa realtà diventata ambizione per moltissimi italiani.
Un punto di vista sulla cucina tradizionale italiana: secondo Lei, può ancora crescere o, ormai, è statica? Può davvero definirsi ancora la migliore nel mondo?
La cucina italiana non è mai stata così in forma come in questo momento. Ci sono grandissimi interpreti da Nord a Sud, dalle Dolomiti alla Sicilia. Un Paese come il nostro esercita ancora un fascino ineguagliato e ineguagliabile nel mondo. I nostri prodotti sono i più imitati e finalmente abbiamo iniziato a guardare con occhio meno nostalgico alla tradizione, permettendole così di esprimere il meglio dell’artigianato e del territorio.
Il boom, anche televisivo, degli Chef ha portato ad una maggiore notorietà di questa figura. Secondo Lei, sempre meritata? E, soprattutto, torneranno mai i cuochi, invece?
La televisione ha permesso di mettere in luce un settore poco conosciuto, che ogni giorno lavora duramente ed è una delle chiavi di volta del Made in Italy. “Chef” è semplicemente l’appellativo con cui in Francia viene definito il capo cucina. Siamo tutti cuochi. Quello che facciamo è cucinare cercando di fare sempre meglio per promuovere la cultura italiana e per il futuro del Made in Italy.
Si dice che i Grandi come Lei non lavorino ormai più in cucina, se non per i ritocchi finali: verità o chiacchiera?
Nelle grandi cucine lavorano molte persone. È un lavoro di squadra, di organizzazione, dall’ideazione alla realizzazione. Ognuno ha un ruolo fondamentale: è stupido pensare che in un ristorante tutti i piatti siano preparati da uno chef.
Ha un sistema prestabilito e studiato per equilibrare i suoi piatti? Esiste una sorta di “regola dei sapori”?
Sì, si chiama palato mentale.
Lei è un esempio di eccellenza italiana: cosa consiglierebbe a dei giovani che voglio affacciarsi al suo mondo?
A tutti i giovani che vengono a lavorare dico sempre “viaggiate, imparate tutto, ma non dimenticate mai chi siete e da dove venite”. Credo sia l’unico modo per trasmettere il valore tutto italiano della buona tavola, che il mondo ci riconosce.