Intervista a Mario Baudino sul suo libro in uscita “Lei non sa chi sono io”

Mario Baudino

 

 

Mario Baudino è un giornalista, saggista, scrittore e poeta italiano.
Segue la rubrica “Cartesio” sul quotidiano di Torino “La Stampa”.
Vincitore del Premio Montale nel 1988 e, nell’anno successivo, del Premio Brancati, Baudino ha inoltre scritto i romanzi “In Volo per Affari” (Rizzoli, 1994), “Il Sorriso del Druida” (Sperling and Krupfer, 1998; vincitore del Premio Scalea) e “Per Amore o per Ridere” (Guanda, 2008).
 

Tra i suoi ultimi libri, riportiamo:

-“Ne uccide più la penna: Storia di crimini, librari e detective” (Rizzoli, 2011)
Lo Sguardo della Farfalla” (Bompiani, 2016): un romanzo ambientato tra le montagne del Piemonte e ricco di colpi di scena. Mario Baudino costringe i protagonisti, bibliofili incalliti, all’avventura: riporteranno alla luce un segreto sugli anni di Piombo, che si rivelerà particolarmente beffardo.

Ultima Voce ha deciso di intervistarlo in vista dell’uscita ( prevista per settembre 2017) del suo libro “Lei non sa chi sono io” con Bompiani. Mario Baudino ci fa qui compiere un viaggio nelle tortuose e svariate motivazioni che hanno portato scrittori e poeti, nel corso della storia, a firmarsi con uno pseudonimo. Analizzando anche i nickname della nostra attuale quotidianità.




Ci parlerebbe del Suo libro in uscita, “Lei non sa chi sono io”? Da come è nata la necessità di questa ricerca?

Dal caso, come sempre. Diciamo che mi sono sempre interessato molto ai casi editoriali ed alle storie intorno ai libri. Mi ero già occupato precedentemente del caso Ferrante *  e sono poi rimasto affascinato da Romain Gary, che ovviamente conoscevo, ma che non avevo mai letto con la dovuta attenzione e l’ho trovato straordinario. Sono due stupendi casi di pseudonimìa e mi hanno invogliato a scrivere questo libro, ricercando i casi simili che sono accaduti e si sono ripetuti nella letteratura, diciamo, “moderna”. 

Quando mi sono poi presentato dall’editore credevo d’aver tutto il materiale necessario, invece mi sbagliavo. Per far capire quanti esempi vi sono al riguardo.

Tra i mille motivi che Lei riporta, quale potrebbe essere quello più originale o inaspettato ai più?

 

 Alcuni casi proprio non si conoscono, ad esempio Walter Scott, che fino ad una certa età non pubblicò nulla sotto suo nome. Anche “Ivanhoe”, che tutti conosciamo, uscì sotto il nome di Laurence Templeton. Scott credeva che nessuno sapesse si trattasse di lui, ma nel giro tutti ne erano a conoscenza. Persino Jane Austen, in una lettera alla sorella di Scott, le chiese come mai un grande scrittore di poemi come lui, già pieno di gloria, avesse bisogno d’andare a rubare il pane agli scrittori. I motivi per cui scelse uno pseudonimo furono molteplici… certamente v’era anche una motivazione letteraria: stava inventando il romanzo storico e non si fidava delle reazioni che avrebbe potuto ricevere; temeva di sporcare il suo nome e così svolgeva i suoi esperimenti in parziale segreto. 

Altro caso interessante è quello di Karen Blixen, molto conosciuta in America, da noi meno. Anche in tal caso le motivazioni dei suoi molti pseudonimi sono svariate e complesse.
Già col primo lavoro che la portò al successo, “Sette storie gotiche”, fu scoperta dalla stampa danese, ma continuò comunque ad utilizzare pseudonimi per le sue opere.
 

Quello più curioso e divertente rimane comunque il caso di Gary, che grazie al suo alter ego Émile Ajar è stato l’unico scrittore a ricevere per due volte il Premio Goncourt, il più importante riconoscimento letterario francese che da regolamento non può essere assegnato più volte alla stessa persona.
Originale anche che “Ajar” al contrario diventi “Raja”, il nome che ormai per tutti si cela dietro allo pseudonimo della scrittrice Ferrante. Anche se non l’ha mai ammesso, il Sole 24 Ore l’ha chiaramente smascherata.

Tratta anche di nickname: intende anche  i social, da cogliere sempre sotto la stessa chiave di lettura degli pseudonimi?

 

Sì, naturalmente e ne faccio riferimento già nel primo capitolo.

Il fake, lo pseudonimo, hanno dietro una storia infinita. Pensiamo solo agli attori e ai personaggi dello spettacolo: Sophia Lauren, gli agenti segreti come 007
Gli scrittori si sono appropriati di questa modalità già presente  da secoli: vi erano già riflessioni sull’appropriatezza degli pseudonimi nel ‘600.  Venivano usati per difendersi dalla legge, evitare l’inquisizione o per regole interne alla struttura di appartenenza: nelle accademie, i letterati si rinominavano, così come gli arruolati negli eserciti; un tempo, questi dovevano cambiare nome non appena entrati. Ogni accademia aveva regole stringenti e diverse.

Gli pseudonimi sono ovunque, seppur con modalità diverse. Pensiamo ai paesi: si acquisiva il nome dei bisnonni e così ci si ritrovava tutti con gli stessi nomi e cognomi. Nasceva la necessità dei soprannomi. Ovvio che parliamo di modifiche funzionali, però.

I social invece non lo sono: è una nuova estetica di massa, legata alle motivazioni più svariate. Non sono le stesse che guidano la scelta di uno pseudonimo da parte di uno scrittore, ma questo boom di nickname somiglia moltissimo all’esplosione letteraria iniziata nel ‘600.

Una Sua opinione sui tempi.
Esistono ancora giovani bibliofili, lettori incalliti e risucchiati nel vortice della lettura, come i suoi protagonisti di “Lo sguardo della Farfalla”, oppure secondo Lei siamo costretti nei tempi della lettura veloce e superficiale, come lamentano in molti?

No, affatto, non credo sia così. Lunedì mattina ho giusto incontrato un ragazzo che legge di tutto e tanto. Certo, in Italia i grandi lettori restano tradizionalmente una minoranza, per vari motivi che non possiamo stare ad analizzare ora.

Pochi, vero, ma grandi lettori: d’altra parte, sono quelli che tengono in piedi l’editoria. Basti pensare che il fatturato editoriale italiano è paragonabile a quello degli altri paesi europei, nei quali di media si legge di più. Ciò significa che i bibliofili esistono e suppliscono ai non-lettori.

Scherzo spesso, alle presentazioni, sul fatto che io conosca nella realtà tutti i personaggi di quel libro. Solo uno, il capo, credevo fosse pura finzione. Invece, un giorno mi telefona un amico e lo collega ad una sua conoscenza, con una grande collezione di copertine Einaudi ed una confraternita in un paese del Monferrato…quindi, alla fine, esiste anche lui.

 Baudino – Lei non sa chi sono io – Bompiani

 

* La verità su Elena Ferrante – Il Sole 24 Ore

 

 

                                                                                                                                              Isabella Rosa Pivot

 

 

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