Intervista agli autori di How To – La quarantena non ferma l’arte

Adriano Ercolani 2 Ultima Voce

Di Adriano Ercolani


Durante il surreale periodo di quarantena molte sono state le iniziative artistiche che hanno provato a estrarre nuove possibilità creative dai limiti imposti.
Una sfida difficile, ma che ha rappresentato una prova del fuoco significativa per molti autori.
Tra i progetti più interessanti Ultima Voce segnala “How to” , serie realizzata da Francesco Di Giorgio e Valentina Ghetti, così presentata: due creativi vivono insieme una quarantena in una casa di campagna. Solo loro due. Solo Un telefono. “How To” è la risposta artistica all’immobilismo in cui il mondo è costretto a vivere durante la pandemia.
Da un lato un regista esperto e versatile, dall’altra un’attrice e autrice teatrale dai molteplici interessi: due talenti e due approcci complementari per raccontare, con il mero ausilio di uno smartphone, la sospensione della normalità imposta dal lockdown.

Ecco la nostra conversazione, in cui alcune risposte sul progetto sono condivise da entrambi, altre sui singoli progetti, molto interessanti, di ciascuno sono chiaramente a titolo individuale.

Come è nata la vostra collaborazione, come nasce il progetto “How to”?

Parlare di “collaborazione” è interessante perché da un certo punto di vista da quando ci siamo conosciuti, meno di un anno fa, abbiamo fatto in modo che il nostro incontro fosse foriero di trasformazioni per l’uno e per l’altra. In qualche modo la collaborazione in noi è stata, prima di tutto, umana. Da qui, naturalmente, confrontiamo e scontriamo le nostre idee e facciamo in modo tale di trasformarle in creazioni.
Per lo più, finora, avevamo fatto solo qualche scatto che, pur soddisfacendoci, non era andato oltre il divertissment. Ovviamente la quarantena ha mischiato le carte in tavola e, molto probabilmente, ha accelerato un’esigenza espressiva che, entrambe, aspettavamo di mettere in gioco.
Essendoci trovati insieme ad affrontare questo periodo di reclusione in una casa di campagna ci siamo guardati in faccia e abbiamo pensato che questo stop planetario fosse uno scenario unico in cui creare. Quello che doveva essere un corto ha preso poi la forma di una serie di quadri, cortometraggi, che avessero un valore simbolico in dei casi, metaforico in altri, e che cercassero di mettere il naso fuori non solo dalle case che stavano diventando gli scrigni dell’umanità ma anche dai luoghi comuni espressivi di questa strana fase.
Alla fine il progetto “How To” rappresenta per noi un inno alla vita, e quindi alla creatività, in un periodo in cui si parla soprattutto di morte.

Quando abbiamo creato la pagina di  “how to -the series” non avremmo mai immaginato che il pubblico apprezzasse tanto il nostro  lavoro, né tantomeno di ricevere messaggi di ringraziamento per  le emozioni che i  brevi video avevano suscitato. Ha colpito  l’uso del cellulare come unico mezzo a disposizione (non avevamo nemmeno una piccola luce!) oltre al fatto che, durante la quarantena, i prodotti artistici veicolati dalla rete, per ovvie ragioni, fossero abbastanza omologati nei contenuti.  infine,  il pubblico ha accolto il messaggio di speranza e positività che volevamo lanciare e questa è stata una piccola vittoria.

Francesco, nella tua carriera sei stato un regista molto versatile, che ha spaziato in vari ambiti e generi. Quali sono state le esperienze più influenti sul progetto attuale?

Rispetto ad “How To” per me risulta difficile rintracciare delle influenze nei miei lavori “ufficiali”. In qualche modo quando lavoro per la TV cerco il punto di contatto più “gentile” tra le esigenze di un network e i miei desideri espressivi. Quando invece realizzo campagne pubblicitarie o music video mi diverto a far cozzare un messaggio con uno specifico immaginario collettivo estetico. In qualche modo il mio lavoro è sì espressivo ma è altresì un raffinato gioco d’incastri.
Nel caso di “How To”, con Valentina c’era solo il desiderio di parlare agli occhi e, auspicabilmente, al cuore e alle menti degli spettatori. Non c’era bisogno di rispondere ad altro se non alla nostra visione. Libertà e sincerità. Quindi, per me, è stato come tornare a realizzare i cortometraggi che facevo con gli amici quando avevo 14 anni. Quando rubavo la telecamera di mio padre e tra le mura di casa o per le vie di Roma improvvisavamo scenari surreali. Per certi versi è stato un processo in cui ho ritrovato una dimensione di libertà “pura” che normalmente non è applicabile “tout court” al quotidiano lavorativo.

Valentina, prossimamente uscirà una pubblicazione editoriale relativa a uno spettacolo molto interessante di cui sei stata protagonista, tratto dai Vangeli Apocrifi, in cui, in un certo senso, affronti la rimozione archetipica del femminile nella spiritualità occidentale.
Puoi raccontarci il significato e l’attualità di questo progetto?

Dal 25 febbraio al 1 marzo 2020 sono stata protagonista dello spettacolo  “in Principio era il silenzio- un’ipotesi apocrifa per il vangelo di Maria Maddalena” di Roberta Calandra di cui, a breve, uscirà il libro (edizioni Zona), contente il testo originale dell’opera e il suo adattamento teatrale, scritto in collaborazione con i due attori coinvolti.
Interpretare  Maria di Magdala, da studiosa e appassionata dell’argomento, è stata un’esperienza molto potente in quanto mi ha  permesso di dar voce ad un’energia femminile che si sta rinnovando e ricostruendo ma soprattutto ad un pezzo di storia trafugata, dimenticata e volutamente messa a tacere. Rivalutare la figura della Maddalena, al di là del credo di ognuno, è fondamentale per la collocazione della donna in una concezione olistica in cui solo la fusione e l’equilibrio degli opposti, energia maschile ed energia femminile (presenti in ognuno di noi), crea l’uno. Rivedere la figura della Maddalena come un’iniziata, compagna di Gesù e discepola prediletta per il suo sapere e capacità, sdogana il ruolo subordinato della donna a quello dell’uomo. Dai culti della Grande madre, passando per Iside, Artemide e Maria, il culto femminile ha subito trasmutazioni che hanno avviato la progressiva perdita dei poteri delle donne, diversi da quelli maschili ma non meno importanti, all’interno della cultura e società.  Sono convinta che ci sia un risveglio nei confronti di questi argomenti anche se gli ostacoli da superare  non siano pochi. Mi auguro che autrici coraggiose e geniali come la Calandra possano ottenere sempre più spazio poiché l’arte è il veicolo prediletto  per parlare all’inconscio e  creare mondi migliori.

Francesco, tra le tue molte esperienze, spicca la trasmissione di Rai Storia dedicata alle grandi città d’arte italiane. Cosa puoi svelarci degli sviluppi di questo progetto?

“Storia delle Nostre Città” esplora in 6 ritratti monografici altrettanti comuni italiani. Si tratta di un progetto per me molto stimolante perché l’ho abbracciato con l’obiettivo di trattare queste città come delle vere e proprie attrici protagoniste di una pièce scritta per ognuna di loro.
Per quanto riguarda la prima stagione (che ha esplorato Siracusa, Lecce, Cagliari, Lucca, Parma e Trento), insieme a Marco Pisoni e Filippo Nicosia (autori del programma), siamo riusciti nel nostro intento realizzando una serie che mantenesse la fruibilità senza però mai lesinare sulla storia. E il pubblico ci ha dato ragione.
Ora stiamo lavorando a una seconda stagione con lo stesso approccio.
Quello che posso dire è che racconteremo sei città di cui non si parla così spesso, luoghi che io stesso conoscevo a malapena e che, pur apparentemente in secondo piano, hanno un peso determinante sulla storia del nostro paese.

Valentina, qual è l’ambito di ricerca con cui nutri la tua ispirazione?

Per trovare l’ispirazione inizio col farmi domande, alle quali so già non potrò dare risposta se non fornire altre domande più specifiche.. e allora mi tuffo nell’ esperienza: cinema , teatro, musica, letteratura, pittura. Sicuramente sono una donna dai molteplici interessi, indago il Bello, il lato nascosto delle cose, l’anima e l’essenza delle persone ma soprattutto sono  profondamente curiosa nei confronti della vita. La mia fonte d’ispirazione principale resta, infatti, l’esperienza associata all’ intuizione. Per tale ragione cui mi alleno quotidianamente a fare spazio nel cervello … (ed è molto faticoso!).

Quali sono i vostri futuri progetti, sia individualmente che in collaborazione?

Per quanto ci riguarda vorremmo portare avanti “How To” come una pagina di resistenza artistica tout court svincolandola dall’epidemia. Vorremmo continuare a realizzare contenuti che rappresentino ogni volta una sfida rispetto a quello che abbiamo davanti e quello che abbiamo a disposizione.

Valentina:
Io sono in attesa dell’uscita di alcuni progetti a cui ho preso parte, tra cui “A filo d’acqua” di Cristiana Marotto. Nel frattempo sto sviluppando il mio primo cortometraggio da regista e coltivando la scrittura, in particolar modo quella cinematografica, focalizzandomi sul femminile e  sul potere taumaturgico dell’arte. In un periodo così incerto, è bene non avere troppe aspettative e cercare di essere fluidi e accoglienti nei confronti di ciò che la vita porterà!

 

Francesco:
Per quanto mi riguarda, oltre alla seconda edizione di “Storia delle Nostre Città”, confesso che c’è da capire che strada prenderanno i network. Alcuni format che avevo in programma, in virtù delle norme di contenimento della pandemia, sono diventati al momento irrealizzabili ed è difficile fare previsioni. Credo che investirò di più nell’ambito dei video musicali: lì c’è la possibilità di spaziare molto ed è un frangente in cui i limiti possono diventare stimolanti.

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