Alessio Arena è un poeta palermitano ventenne, già vincitore del Premio Internazionale “Salvatore Quasimodo” (nel 2016) ed attualmente, è anche stato proposto come candidato al Premio Nobel per la Letteratura.
È autore di 3 antologie di poesie, pubblicate da Mohicani Edizioni: Discorsi da caffè (2015), Cassetti in disordine (2016) e Lettere dal Terzo Millennio (2016). Nonché coautore dell’antologia “Reading poetico” (curata da Mario Calivà).
Arena ha ricevuto riconoscimenti dalla Regione Sicilia e dall’Università degli Studi di Palermo per il suo impegno artistico e culturale e per aver contribuito, attraverso le sue opere letterarie, a dare lustro alla sua terra. È annoverato tra i “Poeti italiani del nostro tempo” dall’ Accademia Collegio de’ Nobili di Firenze, istituzione culturale che dal 1689 si prodiga per lo studio, la tutela e la diffusione della letteratura e della cultura italiana.
E’ socio di numerose associazioni, tra le quali la Società Dante Alighieri e la Società geografica italiana. Vanta la prestigiosa nomina a “Cavaliere Accademico” dell’Accademia Collegio de’ Nobili di Firenze.
Dal 2016 è Presidente della Sezione Giovani del Comitato di Palermo della Società Dante Alighieri, fondata a Roma da Giosuè Carducci nel 1889.
E’ anche coautore di diverse antologie: “Poeti contemporanei”, “Impronte”, “Il Federiciano – i Germogli”, “Poeti italiani del nostro tempo” e “Il Federiciano”. Nel 2014 cura la raccolta di poesie scritte dal proprio bisnonno Nino Quaranta, intitolata “Poesie rustiche”.
Alla mano, simpatico ed ambizioso, Alessio Arena ha concesso un’intervista in esclusiva ad Ultima Voce, raccontandoci dei suoi progetti futuri e facendo un emozionante appello ai grandi autori letterari contemporanei.
Sei stato proposto da molti come candidato al Premio Nobel per la Letteratura: come ci si sente?
Parliamo del Premio Nobel per la Letteratura: è sicuramente motivo di grande onore ed emozione. Quando ho ricevuto la notizia della candidatura ne sono rimasto molto colpito, come potrai immaginare. Ovviamente nessuno qui si aspetta di vincere: trattasi di un onore troppo grande, destinato ad autori di maggior prestigio. Io, per esempio, sostengo da molto tempo la vittoria di Philip Roth, scrittore statunitense.
Quanto è studio/tecnica e quanto è capacità/passione, nelle tue opere?
In primis, io sono tuttora studente e, in quanto tale, pare ovvio che io consideri lo studio come componente fondamentale. Ho ancora moltissimo da imparare, tantissima strada da fare.
Credo che comunque, in generale, ci vogliano necessariamente moltissimo studio ed impegno, così da creare quell’ esperienza adeguata ad esprimere nella forma corretta l’altra componente, quella passionale, nel senso etimologico del termine. Amo sempre fare questa metafora: un falegname può anche avere il più bel pezzo di legno, ma se non lo sa lavorare, resterà sempre e solo un pezzo di legno.
Si può dire che la Sicilia sia per te quasi più una Musa materna, che semplicemente una terra?
Sono molto legato alla mia terra, mi ha dato tanto e continua a farlo. Sono un appassionato di storia e storia dell’arte e la Sicilia è un luogo di grandissima cultura, con un patrimonio culturale enorme, fatto di opere, ma anche di persone. La mia patria, però, è anche l’Italia, come anche l’Europa, di cui sono un gran sostenitore. Ci tengo molto a superare ogni regionalismo: io sono siciliano, italiano ed europeo. Definirsi in base al confine è un limite enorme, di cui è venuto il momento di liberarci.
Qual è, tra le tue opere, quella a cui resti più legato fino ad ora?
Difficile rispondere: è un po’ come chiedere ad un padre di scegliere qual è il prediletto tra i suoi figli… sarebbe crudele. Più che preferenze, posso dire che vi sono opere che mi rappresentano maggiormente in un certo momento della mia vita. Non ve ne sono di più importanti rispetto ad altre. La poesia, che intendo come arte, in quanto tale si trova a fotografare un determinato momento, un’idea, un’esperienza dell’autore, che vive come l’ultimo degli uomini e si limita in quanto tale a dare il suo punto di vista. Disprezzo l’idea del poeta come profeta: egli non da risposte ai grandi problemi, bensì aiuta a porre le domande che ai lettori possono tornare utili. Dico sempre che è il lettore il vero poeta: la poesia è un patto d’amore che si fa in due e il lettore, attraverso la sua interpretazione, che a volte può anche distanziarsi molto da quella dell’autore, diventa il vero poeta.
Quali sono le tue ambizioni, i tuoi progetti per il futuro?
Ho moltissimi progetti ed idee in questo momento. Di certo continuerò a scrivere, rivolgendomi anche ad altri generi letterari, come la prosa e la saggistica. Voglio però occuparmi anche di altri campi dell’arte: cinema; o la musica, con la quale ho già lavorato, ma conto di farlo più seriamente.
Penso che tutte le arti si debbano contagiare a vicenda.
La letteratura italiana: verso che direzione sta andando? Come definiresti questo periodo culturale?
Ritengo che questo sia un periodo ibrido. Noto che ci sono tanti grandi autori capaci di dare tanto e trasmettere altrettanto, ma che rimangono nell’ ombra. Mi rivolgo a loro da giovane autore e, perché no, anche da studente, chiedendo loro di esporsi di più e munirsi di “aggressiva generosità”, nei confronti dei giovani autori, così da trasmettere loro l’esperienza. Chi scrive, già sta donando un tesoro immenso, non c’è dubbio, ma esistono molti autori nascenti che necessitano di riferimenti; ed altrettanti sono gli autori che potrebbero fornirglieli, ma non lo fanno. Ecco, chiedo loro di “spendersi”.
Isabella Rosa Pivot