Intervista a Gualtiero Marchesi: “preferisco ai critici i cronisti”

Gualtiero Marchesi - fonte: corrieredellasera.it

Gualtiero Marchesi è un cuoco, ristoratore e gastronomo italiano e viene unanimemente considerato il fondatore della “nuova cucina italiana”, nonché lo chef italiano più noto nel mondo. Ha contribuito allo sviluppo della cucina italiana, ponendo la cultura culinaria italiana tra le più importanti del mondo.

Marchesi fondò il suo primo ristorante nel 1977, ottenendo l’anno dopo il riconoscimento della stella dalla Guida Michelin e, nel 1986 ricevette il riconoscimento delle tre stelle della guida francese: era il primo ristorante italiano a conseguire tale riconoscimento. Al riconoscimento della Guida Michelin fece seguito il riconoscimento di commendatore, nel 1991, conferito dal presidente Francesco Cossiga.




Celebre anche per la sua contestazione al sistema di attribuzione dei punteggi della Michelin: nel 2008, Gualtiero Marchesi  “restituisce” le stelle, poiché contrario al sistema di votazione della guida;  affermò di voler ricevere solo commenti e non punteggi.

Ha avuto molti allievi di successo, tra i quali ricordiamo: Mirella Porro, Enrico Crippa, Carlo Cracco, Antonio Ghilardi, Ernst Knam, Karsten Heidsick, Lucia Pavin, Alessandro Breda, Andrea Berton, Paola Budel, Pietro Leemann, Paolo Lopriore, Michel Magada, Vittorio Beltramelli, Marco Soldati, Antonio Poli, Davide Oldani. Marchesi è  il rettore dell’ALMA (cucina), Scuola Internazionale di Cucina Italiana e, nel giugno 2006, fonda la Italian Culinary Academy a New York.

Da sempre appassionato d’arte, in occasione dei suoi ottant’anni, Marchesi inaugura nel 2010 la Fondazione Gualtiero Marchesi, che ha come missione la diffusione del bello e del buono in tutte le arti, dalla musica alla pittura, dalla scultura alla cucina.

Ultima Voce ha avuto l’onore di intervistare Gualtiero Marchesi per voi.

Il mondo della ristorazione e il mestiere dello chef sono cambiati molto da quando lei ha cominciato?

 

 

 

 

 

 

Diciamo cuoco che è la parola giusta in italiano, chef vuol dire solo capo. Un cuoco ha il compito etico e sociale di trasformare il cibo, di garantire con il suo lavoro una corretta e salutare alimentazione. Questa necessità è senz’altro più sentita che un tempo. Al contrario, la spettacolarizzazione della cucina è un elemento nuovo che spesso confonde corretta comunicazione e intrattenimento.

La questione delle stelle Michelin: quali sono i criteri di valutazione e le sue critiche verso la guida? È vero che si è fatto togliere le stelle?

In generale, ho sempre affermato che preferisco ai critici i cronisti, quelli cioè capaci di raccontare cosa succede in un ristorante e intorno a un piatto, lasciando da parte i pregiudizi e soprattutto, lasciando che il cuoco possa spiegare, in quel momento, le proprie scelte.
Un’altra cosa, mi preme, quando si parla di stelle, cappelli o forchette. Trovo ingiusto che un giovane cuoco debba dimostrare quanto vale solo in questo modo. È un condizionamento che toglie serenità al proprio lavoro e spinge la maggior parte dei cuochi a non pensare ad altro. Non siamo tutti campioni e cucinare bene è già un bel successo personale e un riconoscimento che ha una valenza sociale.

Come ci si sente a essere considerato uno degli chef migliori, nonché il punto di riferimento per tante persone che hanno intrapreso questo mestiere?

Fa piacere, ma non mi ha fatto mai montare la testa. Per me la cucina è stato un modo per esprimermi fino al punto di considerarlo e utilizzarlo come uno dei possibili linguaggi artistici.
Credo molto al rapporto tra maestri e allievi, soprattutto perché il maestro ha molto da imparare.

Cosa deve avere uno chef per essere, secondo gli standard di adesso, considerato almeno “bravo”?

Ripeto: prima di tutto bisogna sapere eseguire a perfezione una ricetta, conoscere a menadito la materia prima e governare senza incertezze le cotture. Se sai fare questo sei un cuoco che si rispetta, utile alla collettività. Il resto è secondario.

Ha lavorato con tanti bravi chef. Qual è secondo lei il più “tosto”?

Ognuno ha il suo carattere e alla fine, quel che conta, è saper tirar fuori la propria umanità.

        Isabella Rosa Pivot

 

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