Nel corso dello scorso anno, la progressiva integrazione di Intelligenza Artificiale nel mercato dell’intrattenimento è stato oggetto di nuovi dibattiti e controversie. La possibilità di un utilizzo poco etico delle nuove tecnologie si è vista più volte affrontata all’interno di importanti questioni relative al plagio e allo stato sociale dei lavoratori all’interno del mondo creativo.
Intelligenza Artificiale nel mercato dell’intrattenimento. L’umanesimo capitalista delle macchine – 2023. A ormai due anni dalla diffusione massiccia dei programmi di intelligenza generativa, gli approcci da parte del mercato verso il nuovo strumento sono stati vari e stratificati.
Dove da un lato i processi di Machine Learning sono infatti parte fondante del nuovo approccio, ad esempio, ai film di animazione, i crescenti problemi legati alla figura e al ruolo dei lavoratori creativi nel mondo contemporaneo hanno avuto veri e propri punti di scontro con le aziende di sviluppo delle cosiddette Intelligenze Artificiali per via delle implicazioni etiche che da esse derivano, ma anche (e soprattutto) con le case di produzione intenzionate ad usufruire delle tecnologie di IA per stringere la presa sui diritti dei propri dipendenti.
Lo sciopero SAG-AFTRA, così come le questioni di appropriazione dei diritti di immagine sono infatti stati al centro di un importante dibattito che ha visto una forte spinta nel tentativo di regolare su più livelli come (e quanto) una macchina “creativa” possa effettivamente sostituire figure già poco accreditate nel mondo contemporaneo quali autori, illustratori, doppiatori immersi nel vasto oceano della produzione di prodotti di intrattenimento e di cultura.
Le macchine non ci hanno rubato il lavoro (ancora)
Partiamo con un importante premessa: nonostante il 2023 sia iniziato con presupposti allarmisti sul ruolo che le tecnologie generative avrebbero avuto nei confronti dei lavoratori di tutto il mondo, le potenzialità attuali dei modelli non sono tali da aver ancora permesso un drastico cambiamento a questo riguardo.
I presupposti per una nuova rivoluzione industriale non sembrano esserci ancora: un articolo dell’MIT Press, pubblicato in aprile, argomenta infatti che, in aggiunta allo stato embrionale delle IA, il loro impiego nelle strutture lavorative è poco considerato, per via di una bassa educazione allo strumento, anche se le cose potrebbero cambiare nel futuro prossimo.
Si aggiunga a ciò l’insieme di storie di monito che hanno accompagnato il corso del 2023. Per citare l’esempio più eclatante, il surreale caso dell’uso di ChatGPT da parte dell’avvocato statunitense Steven Schwartz come strumento di ricerca accademica durante il corso di un processo legale nel maggio 2023. Il ChatBot, preda di una “allucinazione”, aveva inventato una serie di precedenti sotto richiesta dell’avvocato, convincendolo si trattasse di esempi reali, il quale non aveva condotto ulteriori ricerche per assicurarsi della loro veridicità.
Per questi motivi, l’approccio verso un utilizzo incondizionato delle IA sembra, almeno per il momento, caratterizzato da una certa giustificata cautela. Allo stesso tempo, il 2023 è stato l’anno in cui, proprio per via di una rinnovata cautela a livello esecutivo, si è iniziato in maniera, a volte sottile e a volte non, a tracciare delle nuove direttive per il futuro da parte dei giganti nel mondo dell’intrattenimento e della tecnologia.
Ma le macchine potrebbero rubarci il lavoro (in futuro). Il ruolo dell’Intelligenza Artificiale nel mercato dell’intrattenimento
Lo sciopero WGA/SAG-AFTRA (Writer’s Guild Association e Screen Actors Guild – American Federation of Television and Radio Artists) è stato il punto di catalisi di numerose insoddisfazioni provate da parte dei creativi all’interno delle produzioni cinematografiche e seriali: al centro della questione, come solito, le proteste incentrate sulla paga da parte di compagnie come Netflix e Amazon di stipendi incapaci di sostenere il carovita e nella riduzione dei residuals (ossia i pagamenti aggiuntivi dovuti dalle case di produzione nel momento in cui un determinato prodotto mediatico viene ripubblicato su DVD o su un servizio di streaming) nonostante l’appartenenza dei creativi ad alcune delle aziende più importanti e prestigiose al mondo.
Ciò che è interessante è il ruolo che le Intelligenze Artificiali hanno avuto nel motivare le basse paghe: uno dei punti più cruciali sottostanti alle proteste dei sindacati è stato la spinta contrattuale delle aziende a integrare progressivamente clausole relative all’utilizzo dei diritti di voce ed immagine di attori e doppiatori per poter essere implementati in modelli di replicazione vocale, a volte senza nemmeno concedere royalties, ma attraverso un singolo pagamento.
Come gli LLM e i generatori di immagine, i replicatori vocali sono ancora lontani dal poter essere usati efficacemente in maniera autonoma per poter sostituire in toto il lavoro creativo, ad esempio, di un doppiatore. Eppure, si consideri la minaccia insita nell’aggiunta di tali condizioni contrattuali: il datore di lavoro presenta infatti al proprio dipendente un motivo ulteriore per mantenere le spese nei suoi confronti basse. Il potere di contrattazione, ad esempio, dell’interprete di un personaggio di una serie televisiva continuata viene notevolmente diminuito nel momento in cui esiste l’opzione di sostituire le sue linee di dialogo con un programma che, seppur imperfetto, è in fase di sviluppo e le cui potenzialità possono solo crescere.
Emblematico, a questo riguardo, il discorso di Fran Descher, presidentessa di SAG-AFTRA, dove vengono sottolineati tanto i cambiamenti nell’economia del settore quanto la crescente ipocrisia nel mondo dello spettacolo, dove a una stagnazione del salario dei lavoratori corrispondono vertiginosi aumenti nelle paghe degli executives, e alla svalutazione della figura del creativo.
Fran Drescher, President of SAG-AFTRA, in her stunning strike announcement: “If we don’t stand tall right now, we are all going to be in jeopardy of being replaced by machines.” pic.twitter.com/HO8OPzmi9m
— More Perfect Union (@MorePerfectUS) July 13, 2023
Intelligenza Artificiale nel mercato dell’intrattenimento e TechBros, una sfortunata ma inevitabile alleanza
Il mercato delle IA, come per la maggior parte delle nuove tecnologie, è spinto da Venture Capitalists, ossia imprenditori, solitamente appartenenti a filosofie accelerazioniste, disposti ad investire ingenti somme di denaro per finanziare progetti potenzialmente innovativi ma dal futuro incerto. Chiamati in maniera denigrativa Tech Bros (liberamente traducendo, i “fra dell’industria tech”), il loro ruolo di investimento di grandi quantità di denaro in nome di uno sviluppo scientifico di matrice ipercapitalista conduce a un rigonfiamento, a livello mediatico e non, delle funzioni e possibilità della tecnologia nel suo stato attuale. La definizione di Tech Bros riporta infatti a un gruppo di uomini non particolarmente a contatto con la realtà, inconsapevoli dell’impatto che uno sviluppo scientifico (che si ricorda, non è imparziale) ha sul mondo.
Le Intelligenze generative sono le ultime di una lunga serie di innovazioni tecnologiche il cui ruolo è stato amplificato ed esteso ad ambienti esterni al proprio originale intento a causa dei grandi investimenti ad essi sottostanti. Prima delle IA, la moda degli NFT aveva invaso ogni aspetto del mercato, riempiendo gallerie d’arte, musei, persino il mercato azionario di immagini virtuali associate a posizioni all’interno di una blockchain il cui funzionamento non era ben chiaro a nessuno (investitori inclusi) e il cui scopo esternamente ad alcune nicchie precise risulta tuttora ben poco utile. Lo stesso discorso è valido per il Metaverso o Decentraland, dei progetti di Realtà Mista che si sono visti ridimensionare notevolmente nel corso degli anni, per via degli obiettivi piuttosto surreali che gli erano stati attribuiti dai Tech Bros.
Ecco che strumenti potenzialmente utilissimi (e già largamente implementati) diventano una grande fonte di problemi: nel momento in cui ChatGPT non è più uno fra i tanti oggetti nell’arsenale di uno sceneggiatore per poter ottenere diverse opzioni di riscrittura di una scena, ma viene presentato e proposto come agente autonomo capace di soppiantarlo da un momento all’altro, la questione dell’avanzamento scientifico diventa intrinsecamente politica e sociale.
Lo sciopero SAG-AFTRA e i suoi effetti
Lo sciopero SAG-AFTRA era rivolto principalmente al conglomerato comprendente titani dell’intrattenimetno come Netflix e Amazon. Lo sciopero ha avuto un notevole impatto sul mercato dell’intrattenimento, obbligando a ritardare il rilascio di film e serie TV di oltre un anno, e a ridiscutere polizze contrattuali progressivamente tendenti dalla parte dei datori di lavoro.
Nell’effettivo, si stima che le conseguenze dello sciopero siano state una perdita di 6 miliardi di dollari da parte delle case di produzione, e di 45.000 posti di lavoro. Ma non solo: il sindacato prevede forti clausole nel campo dell’impiego di IA a tutela dei propri membri, richiedendo un uso equo ed etico delle loro prestazioni, anche quando replicate da modelli di intelligenza generativa. Eppure, proprio per quanto riguarda proprio i doppiatori nel settore videoludico, il sindacato ha stretto questo gennaio un accordo con la compagnia di sviluppo Replica senza avere apparentemente informato i propri membri della scelta.
L’immissione sempre più massiccia delle compagnie Tech nel mondo dello spettacolo sembra dunque essere considerato inevitabile, una realtà verso cui l’unica scelta possibile è di adattarsi o scomparire.
Intelligenza Artificiale nel mercato dell’intrattenimento e culturale – una questione di diritto d’autore
Plagio e furto di proprietà intellettuale sono fra i termini chiave dello scorso anno. Le questioni legate al tema sono molteplici, e non riguardanti esclusivamente le tecnologie di intelligenza artificiale: il video essay pubblicato a dicembre da Harry Brewis sul vero e proprio furto e riappropriazione di testi di critica queer da parte dello youtuber di punta James Somerton è tuttora al centro di una rinnovata considerazione etica per la citazione delle fonti e dell’utilizzo di materiale protetto dal diritto d’autore, all’interno di un panorama come quello di youtube, ormai profondamente cambiato dal suo aspetto originario: non più un luogo di hobbistica e produzione amatoriale, bensì un titano dello streaming in grado di offrire la possibilità di carriere strutturate e remunerative.
Le Intelligenze Artificiali, Brewis puntualizza all’interno del suo saggio, sono attualmente usate come macchine di plagio: il loro obiettivo è prendere e rielaborare testi o immagini già esistenti per “creare” qualcosa di simile, ma non riconducibile specificamente all’autore. Il problema non è della macchina, ma dell’utente, il quale la utilizza per ottenere qualcosa di già esistente.
Questo, in sé, non è nulla di nuovo, e si può argomentare che il processo creativo umano consista essenzialmente negli stessi passaggi (non a caso, le IA sono basate su un’infrastruttura definita “rete neurale”, imitante il funzionamento appunto del cervello). Come direbbe Picasso – o Banksy, se siete più moderni – “un cattivo artista imita, un grande artista ruba”. La differenza, sottile ma importante, è che per quanto riguarda i modelli generativi e soprattutto il loro impiego, l’imitazione e il furto avvengono in maniera palese e senza regolamentazione di alcun tipo.
Si tratta di una questione senza precedenti storici ma già al centro di importanti questioni etiche e legali, di cui si è già parlato su Ultima Voce: l’impiego di immagini autoriali contenute in database di pubblico accesso per l’allenamento di modelli generativi ha portato a cause legali da parte di un numero crescente di artisti, intimoriti dal fatto che le IA possano replicare il loro stile, impiegando una frazione del tempo e producendo risultati di per sé soddisfacenti.
La ferita alle leggi sul diritto d’autore che le IA hanno inferto è ancora aperta e sarà senza dubbio uno dei principali campi di battaglia nel prossimo futuro: OpenAI, Apple e Google hanno già intrapreso a tale riguardo accordi con il mondo editoriale per la cessione dei diritti d’autore su opere ed articoli giornalistici al fine di inserirli nel training dataset dei loro Large Language Model, offrendo cifre variabili dal milione ai 100 milioni di dollari annuali per l’utilizzo di materiali protetti da copyright (di cui, si scommette, gli autori effettivi degli articoli non vedranno un centesimo).
2023: (Ancora) nessuna legislazione sull’impiego di Intelligenza Artificiale per il lavoro creativo
Il 2023 ha visto i primi passi a livello di legislazione nei confronti di un utilizzo regolamentato delle IA sul territorio europeo e statunitense: l’ordine esecutivo presidenziale dell’amministrazione Kamala-Harris, così come l‘AI Act hanno infatti posto le fondamenta e riconosciuto i rischi legati alla sicurezza nazionale e alla privacy dei propri cittadini per quanto concerne uno sviluppo non moderato dei modelli generativi e basati sul Neural Processing.
Ciò che in entrambe le legislazioni risulta però assente è proprio una discussione sul ruolo che le IA hanno nel mondo del lavoro creativo. Le cause sono molteplici, ma derivano essenzialmente dalla situazione confusa sul già precario stato del diritto d’autore nell’ambiente digitale, e dalla sempre più bassa considerazione che la produzione artistica ha a livello sociale.
Il problema, però, permane: in un mondo come quello contemporaneo dove l’arresto di procedimenti dannosi per la società è sostanzialmente impossibile, la necessità di un maggiore controllo statale su compagnie del tutto (o quasi) disinteressate agli oggetti inseriti nei propri database, considerati solo come semplici dati sarà al centro dei futuri dibattiti sul ruolo delle intelligenze generative e sull’imprescindibile riconoscimento del lavoro umano ad esse sottostante.
Strumento, non automa. Come (non) usare le Intelligenze artificiali
Tutte le questioni citate all’interno di questo articolo derivano principalmente dalla percezione che le intelligenze generative hanno ottenuto a causa di molteplici fattori, fra cui una scarsa educazione allo strumento, una prospettiva sfalsata dei loro scopi e delle loro funzioni, e soprattutto di una spinta imprenditoriale piuttosto miope nella direzione di un’automazione del lavoro artistico.
SI consideri, ad esempio il Natural Language Processing, ossia l’insieme di processi che conducono un’IA ad esprimersi in un linguaggio considerato come “naturale”: nello stesso concetto del NLP esiste uno dei principali obiettivi di un Large Language Model, ossia il raggiungimento di un linguaggio medio.
Le IA sono capaci di creare, per loro stessa funzione, oggetti medi. L’intero principio statistico sottostante ad esse consiste nell’ottenere una media di immagini e testi, basati su calcoli probabilistici di cosa associare a cosa. E, si può argomentare, che una delle poche definizioni oggettive di un oggetto artistico è che esso è, per sua natura, tutt’altro che medio.
Così, l’automazione di un’IA conduce nella stragrande maggioranza dei casi, a prodotti mediocri. Basterà al lettore chiedere a ChatGPT di scrivere una storia qualunque, per osservare che il risultato sarà quantomeno banale, se non qualcosa di già visto e infinitamente ripetuto. E in ciò, il modello sta facendo esattamente ciò per cui è stato progettato.
Ma l’esecutivo, del tutto esterno a questioni di pratica artistica, vede un aereo e pensa a un razzo diretto alla luna: la spinta capitalista non tratta la tecnologia com’è nel suo stato attuale, ma come potrebbe e dovrebbe essere agli occhi dell’imprenditore, a cui il futuro appare sempre molto più vicino di quanto non sia: il metaverso diventa la realtà in cui saremo tutti immersi fra dieci anni, gli NFT e le criptovalute diventano il futuro delle transazioni economiche decentralizzate, e le intelligenze generative sono la rivoluzione nel campo artistico e del mercato dell’intrattenimento.
Ma se si cambia la prospettiva, si vedrà uno strumento di incredibile potenziale, quando non considerato sotto il punto di vista dell’automazione totale e alienante: si pensi all’azienda di CGI Corridor, e al loro impiego di Midjourney, dove l’IA ha sovrapposto agli attori dei filtri per creare un corto di animazione altrimenti impossibile, o alle possibilità che strumenti come i replicatori vocali offrono non tanto alle grandi aziende, quanto alle medie imprese o ai creatori indipendenti, dove un budget basso o assente non concede di pagare dei doppiatori per il loro lavoro, alla poesia vettoriale di Allison Parrish, a come le tecnologie di Machine Learning sono state fondamentali per il cambiamento nello stile e nell’estetica dei film di animazione degli ultimi anni.
E si consideri, in ultima parte, la triste ironia della situazione in cui ci troviamo: in un mondo dove una realtà come quella dell’Intelligenza Artificiale si sta facendo concreta, la preoccupazione dei titani dell’industria non è di un futuro in cui ad essere automatizzati sono quei lavori che nessuno desidera fare e che ci alienano rendendoci più simili a macchine, quanto di una visione assurda in cui esse ci sostituiranno nella creazione di ciò che, storicamente e culturalmente, ci rende umani.