Stavolta la notizia che vi propongo non è una scoperta, ma un interessante contributo teorico sul tema dello sviluppo dell’intelligenza artificiale. L’articolo ad opera del professor Antony Zador del Cold Spring Harbor Laboratory è stato pubblicato su Nature Communications e afferma che l’intelligenza artificiale dovrebbe imparare dagli animali per superare i suoi attuali limiti nei compiti quotidiani.
Il Cold Spring Harbor Laboratory è un’istituzione privata senza fini di lucro attiva nella ricerca in campo medico (cancro, neurobiologia, genetica, genomica e bioinformatica), Zador attualmente studia le complesse reti neurali che costituiscono un cervello vivente ma ha iniziato la sua carriera studiando le reti neurali artificiali.
Zador analizza la situazione partendo dalla semplice constatazione che l’IA già surclassa l’uomo nella risoluzione di certi problemi, ad esempio ci batte negli scacchi ma pure a poker se la cava benissimo, mentre inciampa su compiti quotidiani che noi espletiamo quasi senza pensarci.
Come si spiega questo apparente paradosso? Il punto è che noi troviamo il pensiero astratto impegnativo, ma non “spaventa” le macchine, dove quest’ultime inciampano è nel lavare i piatti, per dirne una, cioè laddove si devono misurare col mondo fisico.
Ma perché noi pensiamo che siano compiti semplici? Perché i nostri circuiti neurali hanno avuto circa mezzo miliardo d’anni per evolversi e specializzarsi per essi.
Zador ha fatto un esempio: scoiattoli e topi sono imparentati, entrambi roditori, animali non molto distanti tra loro, i piccoli degli scoiattoli poche settimane dopo la nascita saltano da ramo a ramo, i topi non possono farlo, questo perché sono predisposti geneticamente a farlo, perché il loro cervello si è evoluto con adattamenti per una creatura che vive sugli alberi.
Ma in pratica cosa propone Zador? Attualmente la risposta a questi problemi da parte di chi sviluppa l’IA è trovare il generico algoritmo perfetto di machine learning, una specie di panacea per tutti i problemi, Zador invece propone che chi studia l’intelligenza artificiale dovrebbe imparare dagli animali, cioè prima capire le impalcature neurali che presiedono a certi specifici compiti (ad esempio quelli essenziali per la sopravvivenza) e poi adattarle alle ANN (artificial neural network).
Roberto Todini