Come fa un robot a diventare un artista?
Merito o demerito, a seconda delle posizioni, della cosiddetta “intelligenza artificiale”.
L’evoluzione della robotica, applicata al campo delle neuroscienze, ha permesso alle macchine di compiere non solo le operazioni di calcolo e azione, ma anche di sostituire progressivamente l’uomo nelle diverse fasi del lavoro.
Da qualche tempo però il campo dell’intelligenza artificiale viene applicato anche alle arti: così siamo ormai abituati a vedere un robot che suona il violino, il pianoforte o addirittura dirige un’intera orchestra.
Se pensate che questo sia il termine ultimo, siete però sulla strada sbagliata.
L’intelligenza artificiale applicata alla musica sta facendo enormi passi avanti, dall’interpretazione e riproduzione alla completa creazione di un’opera.
Non siamo ancora alla realizzazione di un melodramma pucciniano, ma già adesso esistono diversi prototipi cibernetici, in grado di scrivere musica e parole di una canzone, quasi al pari di Mogol e Battisti o Lennon e Mc Cartney.
I primi esperimenti di questo tipo sono stati condotti in Canada presso l’università di Waterloo e pubblicati in uno studio sul sito ArXiv, che presenta gli articoli scientifici in revisione e prima della pubblicazione ufficiale.
Il progetto ha unito la passione per la musica del team e l’evoluzione dell’intelligenza artificiale nel campo della scrittura creativa, della prosa e anche nella capacità di formulare metafore.
La ricercatrice Olga Vechtomova ha spiegato l’origine del progetto, sul sito TechXplore:
“In principio ero curiosa di capire se e come una macchina potesse generare versi che ricordano i testi dei miei artisti preferiti”.
Attraverso una fase sperimentale su diversi modelli di generazione di testo, il gruppo di ricerca ha scoperto come le reti neurali siano in grado di generare dei versi emozionali.
In particolare è stato possibile procedere all’addestramento della rete, grazie ad uno speciale
“Così ci è venuto spontaneo indagare, continua la Vechtomova, capire se una macchina potesse apprendere l’essenza dello stile di un artista musicale, inclusa la scelta delle parole, dei temi e la struttura delle frasi, con l’obiettivo di generare nuovi versi che possano sembrare dell’artista stesso”.
L’addestramento della rete neurale, condotto grazie a uno speciale algoritmo chiamato Vae (Variational Autoencoder), in grado di apprendere e ricreare i versi dei testi originali, ottenendo così una serie di nuovi testi che possono essere sovrapposti a quelli tradizionali.
In questo modo l’intelligenza artificiale diventa uno strumento veloce ed efficace per elaborare, in maniera matematica, nuovi e interessanti concetti, che poi troveranno spazio nelle liriche delle canzoni del futuro o nel repertorio di altri interpreti.
L’obiettivo di questo nuovo passaggio dell’intelligenza artificiale non è però quello di rimpiazzare parolieri e arrangiatori, come ha dichiarato la stessa ricercatrice.
Nonostante le rassicurazioni è difficile non trarre una riflessione sulla necessità di collaborare e aiutare il capitale umano nell’unico processo che non richiede una componente artificiale; quello della creatività, ma probabilmente la carente ispirazione generale sui modelli artistici e la paura di osare e mettersi in gioco, potrebbe essere uno stimolo a ricominciare a creare davvero.
Fausto Bisantis