Parlare di integrazione

Potrà sembrare sconveniente e fuori luogo, parlare di integrazione, alla luce dell’ultima Apocalisse, che ha raso l’essere umano un’ennesima volta al suolo; a raccogliere i cocci, i brandelli di umanità insanguinata, che bruciano nel cuore della discoteca di Orlando.

Eppure mi ritrovo qui, a vergognarmi per quello che sto facendo. Dovrei nascondere la testa sotto il piumone, abbandonarmi ad un sonno profondo, e dimenticare l’increscioso avvenimento.

Mi ritrovo davanti al supermercato, come ogni settimana, armata i carta di credito, per altro sempre prosciugata, e borsa della spesa. Chino mestamente la testa, passando di fronte all’immigrato di turno, che chiede l’elemosina; sfruttando quella ventata di aria fresca, sbuffata fuori dalle porte a vetrate scorrevoli. Mi sto comportando esattamente come la gente comune. Cosa mi aspettavo da me stessa? Da sola non posso certo salvare il mondo.

integrazione

La situazione italiana è questa. Il buonsenso basterebbe a suggerirci che la migrazione, da un luogo dove la forza lavoro è in esubero e a buon mercato, verso un altro dov’ è scarsa e molto cara, possa portare ad un benessere complessivo. Dovrebbe. Ma quando l‘immigrazione si trasforma in un’ondata travolgente, è chiaro che le cose cambiano notevolmente, le restrizioni aumentano e… Il benessere improvvisamente svanisce.

Anche l’Italia, antico Paese di emigrazioni, si è trasformato, in tempi terribilmente accelerati,  in uno stato d‘immigrazioni. I dati sono ormai impressionanti. Anche se molta gente, davvero tantissima, vorrebbe esorcizzarla, la società multietnica è alle porte; anzi, le ha proprio già sfondate.

L’Europa cambia volto, i tramonti sono sempre gli stessi, il sole ci scalda in egual modo; ma la nostra pelle non porta più il candido pallore di un tempo. Può succedere che il mio incarnato sia scuro come la notte, oppure del colore del cappuccino che sorseggio la mattina, come mulatto, giallo, verde blu… Il vecchio continente si colora di nuovi volti, arcobaleni misteriosi, si trasforma, giorno dopo giorno, integrando nuove etnie e culture differenti.

Emergenza emigrazione. Parlare d’integrazione terrorizza l’animo umano, ma questa è figlia delle guerre mediorientali, delle quali non possiamo negare una qualche responsabilità e partecipazione diretta.

La questione integrazione fatica ad imporsi in Italia, esattamente come altrove. Le storie che si leggono sulle riviste, sul web, di amore, amicizia, fratellanza, con lo straniero, fanno sorridere, si, ma non ci bastano. Non bastano a convincere i nostri animi turbati. Chiunque, anche chi non ti aspetti, di fronte al quell’ostico termine “integrazione”, riesce a storcere il naso, e abbassare lo sguardo.

Non stiamo parlando di finto buonismo,di carità, religione… Stiamo narrando i fatti. I numeri, le azioni, la realtà stessa. Molte cose che, di fronte all’emergenza emigrazione,  tendiamo a sottovalutare.

Prima di tutto tengo a sottolineare che il momento dell’integrazione è questo, non domani, tra un mese, tra un anno. Ma oggi. E’ la sola chiave di volta per un’emergenza che sta facendo ballare l’Europa sui carboni ardenti.

Come ho già avuto modo di accennare, i numeri sono impressionanti, e a tal proposito, impossibili da ignorare.

Gli immigrati costituiscono l’8,2% della nostra popolazione,e contribuiscono, con una quota dell’8,8% al prodotto interno lordo del Paese. Inoltre c’è da considerare l’immensa cifra degli italiani espatriati, che è di circa… 8,2% della popolazione. Si, avete capito bene. L’ipotesi è quanto mai agghiacciante, ma veritiera. Ci troviamo di fronte ad un saldo zero. Tutto questo ci stupisce?

Significa che gli immigrati, in un Paese che invecchia, e che non fa figli, contribuiscono anche alle pensioni di noi italiani.

E anche se si legge ovunque, in giro per il colossale mondo del web, nelle opinioni più critiche del nostro stivale, che da noi, sbarchino i più ignoranti, fannulloni, buoni a nulla, criminali, terroristi; poggiando una mano sul cuore, senza smettere di utilizzare le infinite capacità che il cervello mi offre, credo che una mela marcia debba esserci in ogni cesto di frutta. E credo anche che sia compito del nostro Paese creare una politica che attragga i cervelli, perchè di grandi menti italiane ne abbiamo tante, ma preferiamo lasciarle fuggire, soffocandole nell’immobilismo italiano.

L’emergenza del medioriente viaggerebbe, di pari passo, con la nascita, seppur utopica, di una nuova politica.

Occorre sostenere i Paesi martoriati dalla guerra, e anche quelli immediatamente adiacenti. E se queste potranno sembrare parole al vento, poco importa. Credo sia doveroso ricordare che accogliere chi fugge da un conflitto o da una carestia, è un principio morale, non di certo un baratto negoziabile.

L’essere umano non è una merce di scambio. Ha il diritto di vivere, e di mantenere salda un’identità personale.

La soluzione certo non ci pioverà dal cielo, come i milioni di aerei che colorano i cieli siriani, inutili e spiacevoli fuochi d’artificio, a cui la popolazione è costretta ad assistere, e a lasciarci la pelle. E non è di certo pagando la Turchia, perchè diventi un campo profughi a cielo aperto, che vedremo finalmente la luce in fondo al tunnel.

L’integrazione è una priorità, e non ditemi che è un compito impossibile.

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