I fatti risalgono al 2017: un imprenditore della valle di Fassa in Trentino è stato condannato a pagare 10mila euro di risarcimento e a scontare 3 mesi di reclusione pperché insulta vigilessa pugliese in servizio, in quanto non originaria del posto.
La discussione sarebbe nata dalla multa da parte dell’agente di polizia per un parcheggio errato dell’uomo. Sopraggiunto poco dopo, si sarebbe rifiutato di mostrare i documenti e ha iniziato a rivolgersi alla vigilessa in ladino ( una lingua presente oltre che nelle Dolomiti anche nel Friuli e nel Cantone dei Grigioni in Svizzera). La donna, che non capiva la lingua, è stata accusata di non essere competente per questo e anche di rubare il lavoro a persone del posto, che invece lo meriterebbero.
Infine l’uomo si sarebbe allontanato dal veicolo senza pagare le sanzioni.
Il caso è finito in tribunale dove l’uomo, anziano e in stato di alterazione al momento del diverbio, è stato accusato di oltraggio e interruzione di pubblico ufficio.
Dobbiamo stupirci se avvengono ancora episodi del genere?
L’uomo in questione, essendo un anziano trentino, sarà cresciuto nel pieno della discriminazione della gente del Sud. Il razzismo ha grande memoria, si ricorda ancora di quando “i neri erano i meridionali“. E, soprattutto, ricorre sempre agli stessi miti: il lavoro che viene rubato alla gente del posto, l’incompetenza, la tendenza a delinquere e a fare il male.
Infatti, l’episodio fa riflettere in quanto riguarda due persone che, almeno in teoria, abitano nella stessa nazione e godono dello stessa cittadinanza, sin dalla nascita. Abituati a episodi di razzismo verso stranieri e immigrati, soprattutto gente di colore, non dobbiamo dimenticare che l’odio razziale è irrazionale e valica qualsiasi confine, soprattutto quello che c’è sempre stato tra Nord e Sud. Ministro Salvini, siamo sicuri che non ci sia allarme di razzismo in Italia?
Francesca Santoro