Instagram ha censurato per mesi gli hashtag LGBTQ+

hashtag LGBTQ+ su Instagram

Le politiche di Meta hanno recentemente sollevato polemiche per il blocco degli hashtag LGBTQ+ su Instagram, una decisione che ha messo in evidenza possibili contraddizioni nei criteri di moderazione dei contenuti. Questo episodio si inserisce in un contesto più ampio di critiche alle piattaforme social, accusate di alimentare discriminazioni e ostacolare la libera espressione di alcune comunità.

Gli hashtag LGBTQ+ bloccati: una mossa controversa

Instagram ha recentemente attirato critiche per aver bloccato per mesi una serie di hashtag legati alla comunità LGBTQ+, come #lesbian, #gay, #bisexualpride e #transwomen. La decisione, riportata dalla rivista User Mag, è stata giustificata con l’intento di limitare i contenuti considerati “sessualmente allusivi” in conformità con la politica di Meta sui contenuti sensibili. Gli hashtag LGBTQ+ in questione non sembravano contenere contenuti espliciti.

Questo blocco ha impedito agli utenti di trovare post relativi alla comunità LGBTQ+ quando utilizzavano questi termini, causando reazioni negative, soprattutto da parte degli adolescenti che hanno il filtro dei contenuti sensibili attivo di default.

L’errore e il dietrofront di Meta

La questione è emersa grazie ai rapporti di User Mag, che hanno spinto Meta a rivedere la sua posizione. L’azienda ha definito il blocco un errore, ribadendo l’importanza di garantire un ambiente sicuro e inclusivo per tutte le comunità. Gli hashtag sono stati nuovamente resi visibili, con Meta che ha chiarito di non considerare i termini LGBTQ+ sensibili secondo le proprie policy aziendali.

Il contesto: aggiornamenti e contraddizioni

Il blocco degli hashtag LGBTQ+ sembra essere stato una conseguenza di un aggiornamento delle politiche di Meta volto a proteggere i minori da contenuti che promuovono l’autolesionismo. È poi emerso un trattamento disparitario e discriminatorio, che ha confermato l’eteronormatività della piattaforma: mentre i contenuti legati a coppie eterosessuali, anche quelli più allusivi, sono rimasti visibili, quelli legati alla comunità LGBTQ+ sono stati nascosti. Questo ha sollevato accuse di discriminazione e ha alimentato il dibattito sull’equilibrio tra protezione e censura.



Organizzazioni come GLAAD hanno criticato aspramente l’approccio di Meta, sottolineando come un algoritmo inclusivo non dovrebbe classificare certi hashtag come “contenuti sensibili”. Nascondere contenuti utili e adatti all’età ai giovani è inoltre inaccettabile, soprattutto per una piattaforma che si definisce inclusiva e che in una società come la nostra dovrebbe essere parte – purtroppo o per fortuna – di un certo tipo di insegnamento.

Cambiamenti nelle linee guida di Meta

Parallelamente, Meta ha apportato modifiche alle sue Linee guida della comunità, in particolare alle politiche sul cosiddetto “incitamento all’odio”. Questi cambiamenti includono un linguaggio che consente discussioni politiche e religiose che potrebbero definire persone gay e trans come persone mentalmente instabili o addirittura non normali, proprio in base all’orientamento sessuale o all’identità di genere. Questo ha generato ulteriori preoccupazioni sulla sicurezza della comunità LGBTQ+ sulle piattaforme di Meta.

Queste decisioni sembrano avvicinare Meta a un modello più simile a quello di X (ex Twitter), che è noto per l’ambiente spesso ostile verso la comunità LGBTQ+. Meta ha anche eliminato i fact-checker esterni e ha modificato le regole sui contenuti d’odio, riducendo l’attenzione verso il rischio di incitamento alla violenza offline. Questi cambiamenti hanno alimentato il dibattito sull’equilibrio tra libertà di espressione e tutela delle minoranze.

Un possibile cambio di rotta strategico

L’evoluzione delle politiche di Meta potrebbe riflettere una strategia più ampia, influenzata dall’avvicinamento del CEO Mark Zuckerberg a figure politiche come Donald Trump. Le recenti scelte aziendali, tra cui la rimozione dei fact-checker e l’allentamento delle regole sui contenuti sensibili, sembrano indicare un tentativo di allinearsi a un contesto politico e culturale più conservatore. Zuckerberg ha giustificato alcune di queste decisioni come necessarie per preservare l’innovazione e contrastare quella che considera censura imposta dalle normative europee.

L’episodio del blocco degli hashtag LGBTQ+ rappresenta solo uno dei tanti segnali di una trasformazione in atto nelle politiche di Meta. Sebbene l’azienda abbia dichiarato di voler promuovere inclusività e sicurezza, le azioni intraprese sollevano interrogativi sul loro reale impatto. La comunità LGBTQ+ continua a monitorare da vicino l’evoluzione delle piattaforme social, chiedendo maggiore trasparenza e impegno concreto per garantire uno spazio digitale veramente inclusivo.

Lucrezia Agliani

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