L’inquinamento da pneumatici sta emergendo come una delle sfide ambientali più preoccupanti del nostro tempo. Nonostante la crescente attenzione verso temi come le plastiche monouso e l’inquinamento da CO2, il danno ecologico causato dal consumo di pneumatici resta in gran parte ignorato, o comunque non sufficientemente compreso. Ogni anno, si stima che vengano rilasciate circa 6 milioni di tonnellate di particelle derivanti dalla normale usura dei pneumatici. Un fenomeno che coinvolge tutti i tipi di veicoli, dalle auto elettriche a quelle con motore endotermico, ma che spesso sfugge all’attenzione mediatica e politica.
La dimensione nascosta dell’inquinamento
A differenza delle emissioni visibili di gas di scarico, le particelle di microplastica generate dagli pneumatici sono piccolissime e difficilmente rilevabili a occhio nudo. Tuttavia, sono ubiquitarie. Queste particelle, composte da una miscela di gomma naturale e sintetica, additivi chimici e metalli, finiscono nel terreno, nei fiumi, nei laghi e persino nell’aria che respiriamo. Ma l’inquinamento non si limita a rimanere nell’ambiente naturale: le ricerche recenti hanno identificato tracce di sostanze chimiche provenienti dai pneumatici anche nelle urine di esseri umani, suggerendo che queste particelle abbiano già invaso i nostri corpi.
In effetti, si stima che le particelle di pneumatico rappresentino ben il 28% delle microplastiche che entrano nell’ambiente globale. Questa percentuale, che sembra essere quasi invisibile rispetto all’inquinamento da plastica tradizionale, è in realtà significativa e testimonia l’urgenza di un cambiamento nelle politiche ambientali. Non si tratta di un inquinamento localizzato: questi frammenti di gomma si disperdono su scala globale, entrando nei fiumi e nelle falde acquifere, compromettendo la salute degli ecosistemi acquatici e degli animali che li abitano.
L’impatto tossico degli additivi chimici
Uno degli aspetti più preoccupanti di questo tipo di inquinamento è la composizione chimica degli pneumatici. Oltre alla gomma, gli pneumatici contengono numerosi additivi chimici che ne migliorano le prestazioni ma che, quando rilasciati nell’ambiente, possono risultare altamente dannosi. L’ossido di zinco, ad esempio, è un componente chiave che permette agli pneumatici di durare più a lungo, ma è noto per la sua tossicità verso la fauna acquatica. Sebbene presenti in piccole quantità, il suo impatto sugli ecosistemi, anche a dosi minime, è devastante. La contaminazione da ossido di zinco, infatti, minaccia la biodiversità degli ambienti acquatici, in particolare quella delle specie ittiche.
Ancora più grave è il caso del 6PPD, un additivo utilizzato per proteggere gli pneumatici dalle screpolature e dalle rotture. Quando questo composto chimico entra in contatto con l’umidità e l’aria, si trasforma in 6PPD-chinone, un composto altamente tossico per i pesci. Numerosi studi scientifici hanno correlato la presenza di 6PPD-chinone all’uccisione massiva di pesci nei fiumi e nei laghi, rendendo questo elemento un ulteriore punto di allarme per gli ecologisti.
L’inquinamento legato ai veicoli più pesanti
L’inquinamento da pneumatici non riguarda solo i veicoli leggeri, ma è amplificato da quelli più pesanti, come camion, SUV e auto elettriche, che consumano più rapidamente gli pneumatici a causa del loro peso maggiore. Un fenomeno che, secondo alcuni esperti, dovrebbe essere affrontato con un approccio di tassazione basata sul peso dei veicoli. Questo modello, che segue il principio “chi inquina paga”, potrebbe incentivare la progettazione di veicoli più leggeri e meno inquinanti. In effetti, la maggiore durata degli pneumatici potrebbe ridurre la quantità di particelle rilasciate nell’ambiente, oltre a favorire l’adozione di soluzioni di trasporto più sostenibili.
Secondo Nick Molden e Felix Leach, due esperti nel settore automobilistico, l’introduzione di politiche fiscali in grado di penalizzare i veicoli più pesanti potrebbe rappresentare un passo fondamentale per ridurre l’impatto ambientale del traffico su strada. La tassazione del peso non solo ridurrebbe l’inquinamento da pneumatici, ma incoraggerebbe anche l’adozione di veicoli meno impattanti e più efficienti dal punto di vista energetico.
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La necessità di un’intervento concreto
La crescente produzione di pneumatici (oltre 2 miliardi all’anno) è destinata ad aumentare, insieme al numero di veicoli e al loro peso. La situazione, dunque, rischia di peggiorare se non si interviene con urgenza. Si stima che l’inquinamento da pneumatici, insieme ad altre forme di inquinamento atmosferico e marino, contribuisca in maniera determinante alla crisi ecologica globale.
Il quadro normativo europeo, in particolare, sta cercando di affrontare in parte questo problema con il nuovo standard Euro 7 sulle emissioni, che include, per la prima volta, anche un focus sulle emissioni derivanti dalla usura degli pneumatici. Tuttavia, è evidente che per affrontare il problema in maniera completa e duratura occorre un’azione coordinata su più fronti, che comprenda l’innovazione tecnologica, la regolamentazione e il coinvolgimento diretto delle imprese automobilistiche.
Verso pneumatici più ecologici
Le soluzioni esistono e sono in fase di sviluppo. In primo luogo, gli additivi chimici tossici come il 6PPD e l’ossido di zinco potrebbero essere sostituiti con alternative più sicure per l’ambiente, riducendo così i danni. Inoltre, gli innovativi design degli pneumatici potrebbero ridurre l’usura e, di conseguenza, le emissioni di microplastiche. L’adozione di materiali ecologici nella produzione di pneumatici, insieme a una maggiore durata dei veicoli e a una progettazione più leggera, potrebbe essere la chiave per un futuro più sostenibile.
Per riuscirci, però, è necessario un impegno globale. La creazione di un panel internazionale simile a quello per il clima (IPCC) potrebbe coordinare la ricerca e le politiche relative all’inquinamento da pneumatici, accelerando il progresso verso soluzioni ecologiche. Non si tratta di una sfida da affrontare domani, ma di un’urgenza da gestire oggi, prima che i danni diventino irreversibili.