Recentemente sulla rivista scientifica Geophysical Research Letters è apparso uno studio che pone l’allarme sul pericolo di inquinamento artico rappresentato da una vecchia enorme base americana seppellita sotto i ghiacci della Groenlandia che secondo lo studio in questione potrebbe riaffiorare, con i veleni ivi abbandonati, entro la fine di questo secolo.
Lo studio analizza anche le possibili controversie internazionali che potrebbero scatenarsi intorno alla vicenda e imposta un discorso generale su come tra i pericoli connessi al riscaldamento globale e conseguente scioglimento dei ghiacci e soprattutto innalzamento dei mari ci siano tante bombe ecologiche relative a veleni più o meno legalmente sotterrati dell’uomo.
La base (non) dimenticata
Camp Century è una vera e propria enorme città scavata nei ghiacci della Groenlandia dagli ingegneri dell’esercito americano a partire dal 1959. Occorre chiarire che la base non era segreta (almeno non lo era la sua esistenza) ed è perfettamente legale, fu autorizzata dal governo danese (la Groenlandia pur essendo più vicina alla coste canadesi appartiene alla Danimarca). In realtà la sua vita fu breve: nel 1967 fu definitivamente abbandonata, pare che l’esercito avesse buoni ingegneri ma non buoni geologi, sottovalutarono il continuo movimento dei ghiacci della Groenlandia. Nel 1995 si ricominciò a parlare della base (non dimenticata appunto) perché il governo danese dichiarò che si la base fu autorizzata ma che in realtà lo stato danese non seppe cosa si facesse di preciso là dentro e che non aveva idea che non tutto il materiale suscettibile di provocare un inquinamento artico fosse stato portato via.
La base ha ospitato anche armi nucleari o era previsto lo facesse, infatti il vero scopo della base nell’ottica della guerra fredda era poter colpire la Russia in caso di conflitto nucleare con missili che avrebbero sorvolato il polo nord.
Possibili controversie internazionali
Come detto Camp Century fu autorizzata dal governo danese che non aveva però alcuna voce in capitolo sulla conduzione della base, il trattato stabiliva chiaramente che tutto quello che la base conteneva rimaneva proprietà del governo USA, le controversie potrebbero nascere davanti a un rischio ambientale di inquinamento artico per il fatto che era stato dato a intendere che tutti gli inquinanti fossero stati rimossi, invece gli esperti contavano sul fatto che sarebbero rimasti al sicuro intrappolati dal ghiaccio. Gli stati interessati dalla vicenda sono addirittura tre, gli USA in quanto proprietari di tutto quello che è nella base, la Danimarca in quanto si trova su suo terreno e il Canada perché è lo stato effettivamente minacciato visto che le coste della Groenlandia sono più vicine a quelle del Canada.
Inquinamento artico: i veleni di Camp Century
Gli articoli comparsi in varie riviste di divulgazione scientifica per fare sensazionalismo hanno messo nei titoli il rischio nucleare rappresentato dai rifiuti radioattivi, in realtà lo studio afferma che il rischio rappresentato dal liquido refrigerante che veniva usato nel piccolo reattore nucleare portatile che dava energia alla base è seppur non insignificante relativamente contenuto rispetto a casi analoghi che si sono verificati altrove in quanto a livello di radioattività che nel 1960-63 fu misurata in 1,2 miliardi di Bequerel, detto così sembra tanto ma nell’incidente di Thule (nel 1968 un B52 con a bordo quattro ordigni nucleari ancora non completati si schiantò sempre in Groenlandia) il livello di radioattività dei detriti i che i militari americani insieme a tecnici americani e danesi recuperarono per mesi era superiore a 4.6 · 1012 Bq. Le vere cifre impressionanti per dimensioni sono 9200 tonnellate di edifici e ferrovie, 200 mila litri di combustibile diesel e una quantità non insignificante del ben più pericoloso policlorinato bifenile, appartenente alla famiglia dei famigerati PCB (sostanze chimiche molto apprezzate per la loro stabilità chimica ma che proprio per questa stabilità sono estremamente persistenti nell’ambiente e quindi man mano che maturava la consapevolezza dei problemi ambientali sono state abbandonate). Purtroppo il PCB date le sue caratteristiche è stato ampiamente utilizzato nelle basi artiche, non solo a Camp Century, gli autori dello studio dichiarano che ci sono almeno cinque basi abbandonate da cui non è stato rimosso, presente dai liquidi refrigeranti dei motori alle vernici con cui sono dipinti gli edifici. Per quel che riguarda Camp Century lo considerano il pericolo ambientale maggiore. Lo studio passa poi a illustrare l’estensione dell’area dei tunnel e le previsioni sulla dispersione, trovate tutto nell’articolo originale (in inglese) che ovviamente è piuttosto tecnico ed è leggibile interamente senza abbonamento (cosa rara per gli studi originali pubblicati su riviste scientifiche non divulgative).
Previsioni climatiche
Lo studio come abbiamo detto lancia l’allarme su un possibile riaffiorare di questi pericolosi rifiuti entro la fine del secolo, in realtà questo è uno degli scenari possibili delineati, ma ovviamente da non trascurare, tutto dipende dal saldo tra tasso di scioglimento e accumulo di neve fresca, i modelli climatici sono tanti, anche perché il riscaldamento dell’atmosfera se da un lato vuol dire maggiore scioglimento dei ghiacci dall’altro significa più precipitazioni visto che normalmente l’artico è abbastanza arido (notoriamente al di sotto di una certa temperatura non ci sono precipitazioni nevose). Un altro possibile scenario che viene delineato nello studio è che i rifiuti di Camp Century molto prima di essere raggiunti dalle acque del mare potrebbero comunque essere rimobilizzati dai depositi di acqua in-glaciale, cioè l’acqua che si scioglie in superficie e che penetra nello strato di ghiaccio formando come dei laghetti che potrebbero trasportare il PCB più in profondità.
Roberto Todini