L’inquinamento sotto forma di smog è una piaga difficile da domare. Tanti sono i fattori che incidono sul suo innalzamento, nonostante i tentativi messi in atto da regioni e città per farne scendere i livelli nei ranghi consentiti. E ci sono territori, come quello del bresciano, in cui addirittura i limiti sono stati superati, rischiando le sanzioni previste dall’Unione Europea.
Gli agenti che producono maggiormente inquinamento sono rappresentati solitamente dal monossido di carbonio, anidride carbonica, ozono, ossidi di azoto e dalle insidiose polveri sottili. Il tutto inevitabilmente viene respirato, ed è proprio in questo che va rintracciata una delle principali cause dell’aumento di patologie respiratorie quali asma bronchiale, enfisema e bronchite cronica nelle migliori delle ipotesi, nonchè anche tumori ai polmoni, come evidenziato dal recente studio condotto dall’Università di Bologna.
Infatti più aumentano i livelli di smog più le nostre vie respiratorie ne risentono. E ad essere più colpiti saranno specialmente coloro che abitano nelle zone più inquinate.
Brescia, in particolare, rappresenta la città europea con il più alto livello di inquinamento e il più alto numero di decessi per smog. Ma, nonostante ciò, questi dati sono in costante aumento.
Cause dell’inquinamento
Partiamo col dire che l’inquinamento non è un problema che affligge solo il nostro Paese. Gli elementi che incidono sui valori dello smog sono comuni pressoché almeno a tutta l’Europa.
Poi sicuramente possono esserci paesi che sono riusciti ad adottare nel corso degli anni politiche più efficaci per la riduzione degli agenti inquinanti. Ma sostanzialmente lo smog proviene sempre dalle automobili, dai mezzi di trasporto, dagli impianti di riscaldamento e dai fumi rilasciati nell’aria dalle industrie.
Le sostanze rilasciate nell’aria vi possono permanere anche per molto tempo e, in maniera latente, penetrano nel nostro corpo senza rendercene conto nell’immediato, causando però danni alla salute che presto o tardi si manifesteranno.
I livelli consentiti dalla legge
Se conosciamo quelli che possono essere i fattori scatenanti dobbiamo anche tenere presente i livelli consentiti.
Le particelle che vengono esaminate su ogni territorio regionale dall’ARPA (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale), vengono distinte in PM10 e PM2.5, indicando rispettivamente particelle di particolato con diametro inferiore o uguale ai 10 µm, che permangono per tempi più lunghi nell’aria, e le particelle di particolato ‘fine’, che restano sospese nell’aria, con diametro minore di 2,5 µm . La misurazione viene effettuata giornalmente grazie alle varie stazioni di monitoraggio posizionate in tutta Italia.
I limiti stabiliti per legge si fondano su parametri oltre i quali la salute umana sarebbe a rischio. Le soglie sono fissate dal D.Lgs. 155/2010, secondo cui il valore del PM10 deve essere pari a 50 µg/mc, da non superare più di 35 volte per anno civile.
Nello stesso decreto viene inoltre stabilito anche un limite annuale fissato a 40 µg/mc come media annua.
Ma non è tutto. Per poter avere una visione ancora più accurata della qualità dell’aria e intervenire qualora i valori fossero eccedenti, è intervenuta anche l’Europa con la direttiva 2008/50/EC, recepita in Italia col Dlgs. 13 agosto 2010, n.155, ponendo limiti anche con riferimento alle PM 2.5, che rappresenterebbero le particelle più pericolose per la nostra salute. La soglia da non superare è stata stabilita solo su base annuale, e fissata a 25 µg/mc.
I limiti fissati dall’OMS
L’OMS è voluta andare ancora più a fondo su questi parametri, individuando limiti che in realtà, per tutelare con maggiore sicurezza la salute dell’ uomo, dovrebbero essere ben inferiori rispetto a quelli fissati per legge.
Secondo infatti l’Organizzazione Mondiale della Sanità basta solo un incremento di 10 µg/mc di PM 2.5 per determinare problemi di salute. Questo parametro troverebbe tra l’altro riscontro in una serie di studi condotti dal Ministero della Sanità italiano che ha rilevato un aumento del 14% di tumori ai polmoni ad ogni superamento del valore indicato.
Brescia, la città europea più inquinata
La Lombardia è sempre stata inserita tra le regioni col più alto livello di smog. E, tra le città, Brescia si è aggiudicata il titolo di città europea coi più alti livelli inquinanti e i più alti livelli di decessi a causa dello smog. Sono state superate, oltre i 35 giorni concessi per legge per evitare le sanzioni economiche dell’UE, le soglie previste per le PM10, e tutto ciò senza nemmeno adottare alcun intervento per limitare, ad esempio, la circolazione delle auto. Ad aver contribuito all’innalzamento dell’inquinamento sarebbe la presenza dell’alta pressione e l’assenza di piogge.
L’Italia si ritrova quindi ad essere fuorilegge senza che siano messi in campo i dovuti provvedimenti per ridurre le emissioni e i conseguenti fattori inquinanti, con una situazione del tutto analoga anche in altre città lombarde caratterizzate da rilevamenti altrettanto dannosi, come ad esempio Milano.
Alla luce di questa situazione è intervenuto il Tavolo Provinciale ‘Basta Veleni’, che vista la criticità dei valori inquinanti, ha chiesto alla popolazione bresciana di insorgere per sensibilizzare sulla problematica.
Interventi per contrastare lo smog
Già a maggio la Corte di Giustizia dell’UE aveva dichiarato inadempiente l’Italia a seguito del prolungato superamento dei limiti di biossido di azoto nelle città sotto osservazione, tra cui compariva già Brescia insieme a Torino, Milano, Bergamo, Firenze, Roma, Genova e Catania.
Di fronte al mancato rispetto delle soglie previste sulla qualità dell’aria serve un intervento mirato, non solo per evitare sanzioni ma principalmente per tutelare la salute dell’uomo.
Gli ambiti principali su cui intervenire dovrebbero essere i trasporti e il riscaldamento. Servirebbe dunque puntare sulla progressiva eliminazione dei veicoli più inquinanti, sull’incentivazione degli spostamenti a piedi o in bicicletta laddove possibile e sulla riqualificazione energetica degli edifici e delle abitazioni per ridurre le emissioni inquinanti provenienti dalle fonti di riscaldamento.
Fondamentale sarebbe un contributo congiunto sia da parte delle istituzioni sia da parte dei privati.