“Gli innocenti non vanno in carcere”: nuova gaffe del ministro Bonafede

innocenti in carcere

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Durante la puntata di giovedì di Otto e Mezzo, ospite di Lilli Gruber, il ministro Bonafede è stato intervistato a proposito della riforma della prescrizione entrata in vigore a gennaio. Qui, in uno studio raggelato, ha sostenuto che gli innocenti non vadano in carcere. Oggi, in un post si è affrettato a chiarire, sottolineando che non vuole strumentalizzazioni.



L’intervista sulla prescrizione





La nuova legge prevede che un processo non finisca mai in prescrizione, dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, sia in caso di assoluzione che in caso di condanna. Non rileverà più l’eccessiva dilatazione dei tempi giudiziari. Ma la riforma è già stata aspramente criticata su più fronti. La prescrizione, infatti, non deve essere vista come uno strumento che permetta l’elusione della pena tirando per le lunghe il processo, ma è innanzitutto un vitale strumento di tutela per gli imputati, dagli enormi costi dei processi, per esempio. Con il passare del tempo, bisogna fare i conti anche con il deterioramento delle prove, il venir meno dei testimoni e tante altre problematiche, mentre rimangono imprescrittibili i reati per cui è previsto l’ergastolo. Ma questo, diciamo, è un altro paio di maniche.

La questione “innocenti in carcere”

Mentre in studio la discussione si accende, la giornalista di Repubblica Annalisa Cuzzocrea pungola il ministro Bonafede su un punto importante: gli chiede cosa ne pensa di tutte quelle persone che finiranno in carcere in attesa di una sentenza definitiva e che, poi, si riveleranno innocenti. A questo punto, la risposta raggelante del ministro: “Cosa c’entrano gli innocenti che finiscono in carcere? Gli innocenti non finiscono in carcere”.

Dopo alcuni secondi di sbigottimento generale, la Cuzzocrea ha rispedito al mittente la risposta, tramite i dati dei casi delle persone innocenti erroneamente incarcerate dal 1992 al 2018. Secondo il sito errorigiudiziari.com, dal 1992 al 2018, sono state 27mila le persone che hanno potuto beneficiare di un risarcimento da parte dello Stato perché incarcerate da innocenti. Sì, perché se lo Stato sbaglia e ti mette in carcere, si parla di “malagiustizia” e tu, fortunatamente, hai diritto a un sacrosanto risarcimento.

Bonafede si è limitato a un “Ah, ok”. Come dire: “Non avevo afferrato il problema”. Il Ministro della Giustizia, quindi, quando si parla di “innocenti in carcere” probabilmente ha bisogno di ulteriori delucidazioni. Nel post di chiarimento di questa mattina, dice di essersi “evidentemente e ovviamente, riferito in quel contesto, a coloro che vengono assolti (la cui innocenza è, per l’appunto, ‘confermata’ dallo Stato)”. Ha aggiunto poi di essere il ministro più di tutti impegnatosi per introdurre un monitoraggio più attento sui casi di ingiusta detenzione.

Mai sentito parlare del caso Tortora?





Secondo i fondatori del sito Valentino Maimone e Benedetto Lattanzi, infatti, solo nel 2018 sono oltre 1300 i casi di persone poste in custodia cautelare. Si tratta di persone incarcerate prima della loro condanna, ove sussistano determinati requisiti, vale a dire: il rischio di ripetere il reato, il pericolo di fuga o di inquinamento delle prove. Oltre 1000 invece sarebbero le persone nel 2018 sottoposte agli arresti domiciliari, per essere assolte pochi mesi dopo.

Strano, o quantomeno ironico, come in quella stessa rete televisiva lavori una giornalista, Gaia Tortora, figlia del compianto Enzo. Nel 1983 Enzo Tortora fu arrestato e imputato di associazione camorristica e traffico di droga per alcune dichiarazioni fornite da pentiti. Dopo 7 mesi di reclusione, nel gennaio del 1984 fu liberato, ma il 17 settembre 1985 i due pubblici ministeri del processo, lo fecero condannare a dieci anni di carcere. La sua innocenza fu dimostrata e riconosciuta il 15 settembre 1986, quando venne infine definitivamente assolto dalla Corte d’appello di Napoli. Enzo Tortorà morì un anno dopo la sua assoluzione.

Tortora  era tornato in televisione il 20 febbraio del 1987, ricominciando il suo Portobello. Il ritorno in video fu toccante, con il pubblico che in studio lo accolse con una lunga standing ovation. 

La stessa Gaia Tortora in risposta a Bonafede, questa mattina, ha accettato il chiarimento rispetto alle parole pronunciate in pubblico. E, soprattutto, ha chiesto un “Niente gogne”.

No, forse uno non vale uno 

Anche in questo caso, come nelle altre occasioni in cui Bonafede ha avuto modo di esprimersi su argomenti strettamente inerenti al suo Ministero, ha dimostrato la sua totale inadeguatezza. Da giurista, andare a promuovere una riforma di questo genere sulla prescrizione, significa non avere ben chiara la ratio dello strumento. Qualche tempo fa, poi, sempre il Ministro a Cinque Stelle, aveva rilasciato altre imbarazzanti dichiarazioni. Qui emergeva un po’ di confusione tra reati dolosi e colposi. Come non citare poi il video promozionale che aveva girato sull’arresto di Cesare Battisti?

Ci preoccupiamo tanto di un Luigi Di Maio senza laurea, giustamente. Ma forse il caso di Alfonso Bonafede, ministro della Giustizia, che una laurea in Giurisprudenza ce l’ha, non è tanto più confortante. Abbiamo sdoganato l’incompetenza: forse l’errore sta tutto in quell’uno vale uno, il motto tanto amato dai Cinque Stelle, che sottopone problematiche tecniche al giudizio sovrano della rete. Che trasforma questioni oggettive e scientifiche in opinioni. Come se ci facessimo progettare la casa da un architetto incompetente, così stiamo prendendo a randellate il nostro sistema giudiziario, distruggendo dalle fondamenta i solidi principi su cui finora, seppure a fatica, si era retto. E, beninteso, non è colpa di un Bonafede se la riforma passa: è la connivenza con l’incompetenza la nostra colpa.

Elisa Ghidini

 

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