In un lavoro pubblicato nel 2011 alcuni ricercatori della Duke University proposero un’idea rivoluzionaria per l’ingegneria navale, circondare un oggetto che naviga in immersione con un rivestimento d’acqua, che avrebbe avuto il doppio vantaggio di renderlo meno visibile ai sonar e di aumentare l’idrodinamicità favorendo una più efficace navigazione. Ora un team capeggiato da Yaroslav Urzhumov, che è assistente professore di ingegneria elettronica e dei computer presso la stessa università e che aveva partecipato al primo studio, ha pubblicato su Physical Review E uno studio teorico che dimostra che la loro idea è realizzabile.
Quasi superfluo dire che questo tipo di tecnologia sarebbe interessante per la navigazione civile ed ancor più per quella militare, infatti lo stesso Urzhumov racconta che, malgrado le affermazioni del 2011 avessero suscitato molto scetticismo sulla fattibilità, il traguardo appariva così allettante che ricevettero incoraggiamenti ad andare avanti da colleghi del Naval Undersea Warfare Center cioè l’agenzia di ricerca della marina statunitense specializzata nei mezzi sottomarini.
Che cosa ha realizzato il team di Urzhumov
Secondo lo studio si può eliminare la scia e la resistenza idrodinamica completamente, ovviamente una cosa sono i modelli teorici e un’altra la realizzazione pratica che non è mai perfetta, un minimo di scia e di resistenza rimarranno comunque. La fisica su cui si basa il concetto è che l’acqua che fa parte del mantello che circonda il vascello si muove alla stessa velocità di quella esterna, annullando attriti e turbolenze.
Come è stato realizzato il rivestimento d’acqua che elimina scia ed attrito
Inizialmente Urzhumov aveva pensato a un sistema di micropompe, poi ha capito che un approccio diverso, basato su campi magnetici, sarebbe stato più efficace. Questo è reso possibile dal fatto che l’acqua marina salata è piena di ioni (cioè atomi carichi elettricamente). Il sistema per essere applicato a un mezzo grande come un sottomarino avrà bisogno di moltissima energia e quindi sarà applicabile solo a sottomarini a propulsione nucleare, ma sono ipotizzabili applicazioni che coprano solo particolari protuberanze potenzialmente vulnerabili.
Altre applicazioni suggerite dagli autori della ricerca potrebbero spaziare in campi diversi come la propulsione a ioni di mezzi spaziali e reattori termonucleari a fusione.
Roberto Todini