Due secoli e non sentirli. L’Infinito di Giacomo Leopardi festeggia un compleanno particolare.
E non passa inosservato. Perché le mode passano, ma lo stile resta. E nel caso del componimento leopardiano si tratta, appunto, di stile idilliaco: l’Infinito di Leopardi occupa la dodicesima posizione dei Canti e appartiene al genere dell’Idillio, forse il più rappresentativo della poetica leopardiana.
La Tv di Stato e il Mibact, per celebrare l’anniversario, hanno voluto realizzare un breve video animato, in onda fino al 31 dicembre: 22 big della canzone italiana rendono omaggio al componimento e compito dell’ascoltatore diventa capire di chi si tratti. Un pre-testo insomma per ascoltare, una volta in più, il testo di Giacomo Leopardi, e scoprirne magari, ogni volta, un nuovo senso.
Dal 1819, anno in cui la poesia venne composta, analisi e commenti sulla “siepe”, sull’”ermo colle”, sugli “interminati spazi”, si sono susseguiti a ritmo di endecasillabi, come i 15 versi che compongono l’idillio.
L’infinito di Giacomo Leopardi non ha quindi bisogno di presentazioni o ulteriori analisi, soprattutto perché il maggior pregio di un’opera d’arte è quello di essere universale. Non esistono barriere che impediscano alla lirica leopardiana di essere straordinariamente attuale, fotografia della realtà quotidiana dell’essere umano. Viviamo (forse non proprio tutti) ogni giorno quell’emozione intellettuale che è la conditio sine qua non del componimento. Subiamo ogni giorno, e allo stesso tempo siamo attratti, da quell’infinito materiale che, partendo da un punto concreto e tangibile, sfocia nella contemplazione dell’immenso.
Un panorama oltre la siepe, un colle solitario, sono il trampolino di lancio di un’immaginazione che si innalza e vaga in “interminati spazi”. Un’immaginazione che diventa emozione.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura.
Il senso della vista diventa il senso della vita, in bilico costante tra immaginazione e smarrimento, tra contemplazione dell’immensità e desiderio di voler oltrepassare il limite. Un limite fisico nel componimento. Un limite che spesso diventa mentale nella vita di ogni giorno. Il limite che probabilmente Leopardi viveva guardando, attraverso i vetri della sua finestra, la vita che si svolgeva nel piccolo borgo di Recanati. Quei limiti che ogni giorno ci imponiamo di avere perché così siamo abituati a fare. Ma oltre i quali esistono infiniti panorami, di bellezza, di poesia e di vita. Perché dove non arriva la ragione arriva il cuore, e dove non arrivano i sensi, può sempre arrivare l’immaginazione.
Così tra questa
Immensità s’annega il pensier mio:
E il naufragar m’è dolce in questo mare.
Emma Calvelli