Infermiera di Benevento verso un mediatore culturale ghanese: “Torna in Africa, questo è il mio paese”

Fonte: labtv.net

infermiera
Musah Awudu in una foto condivisa sul suo profilo Facebook.

Sabato scorso ha destato molto scalpore un post pubblicato dal ghanese Musah Awudu sul suo profilo Facebook. L’uomo è un mediatore culturale di 37 anni, da tempo residente nel Sannio. Collabora con la Caritas di Benevento ed è un ragazzo benvoluto e conosciuto per il suo lavoro. La sua presenza però non è parsa gradita ad una infermiera del pronto soccorso presso il quale Musah si era recato per un piccolo incidente domestico. 

Il fatto

Mentre era in attesa per il proprio turno all’ospedale di Benevento, Musah ha denunciato il trattamento razzista riservatogli da un’infermiera. Ha scritto sul suo profilo Facebook:

Sono qui al pronto soccorso per una visita. L’infermiera di turno non si sta preoccupando della mia salute, è molto infastidita dalla mia presenza, quindi mi chiede perché sono venuto in Italia. Io: “Chiedimi del mio problema, per favore “. Lei: “No no, questo è il mio paese e se non ti piace torna in Africa“. 




Musah, di fronte ad una frase del genere, ha avuto l’encomiabile capacità di rispondere con parole calme e ragionate. Ha fatto notare all’infermiera quanto il suo comportamento fosse incoerente con la professione da lei esercitata e con le figure religiose che aleggiavano nei locali del Pronto Soccorso:

E comunque ha la croce e il quadro di Padre Pio appesi dappertutto. Io le ho fatto notare sfidando la sua fede e la sua professionalità. Si infastidisce ancora di più: “Viva Salvini…viva l’Italia” ha esclamato. Io sono ancora in fila per vedere il medico. Vi aggiorno ragazzi. Sono Musah, e sono in diretta dall’Ospedale civile.

Musah Awudu porge l’altra guancia e scusa l’infermiera

Il post in cui Musah spiega l’avvenuto è stato condiviso più di 600 volte. Sotto di esso ci sono centinaia di commenti di solidarietà verso il ragazzo. Le parole dell’infermiera sono state condannate in maniera durissima da molti beneventani e alcuni hanno anche chiesto il licenziamento della donna. I fatti raccontati sono supportati anche da ragazzi che hanno commentato dicendo di aver assistito alla scena.




Musah Awudu invece non solo si è astenuto da reazioni di ira, ma ha addirittura porto l’altra guancia e scusato l’infermiera. Queste le sue parole successive, riportate in un articolo di Ansa:

Il post è stato una reazione a caldo, uno sfogo, non immaginavo, né era mia intenzione, sollevare un polverone. Cosa vorrei dire all’infermiera che mi ha offeso? Vorrei incontrarla, guardarla negli occhi e abbracciarla. Sono convinto della sua buona fede e che il suo è stato un gesto di stizza. Null’altro. Sono certo che l’infermiera avrà detto quelle cose forse perché stressata dal turno di lavoro, dopo ore trascorse a soccorrere malati. Già ieri sera, dopo l’episodio, i sanitari dello stesso ospedale che operavano al pronto soccorso mi hanno quasi ‘coccolato’, ma per me era finita lì.

Il razzismo è un male e va estirpato

Se così sono andati i fatti, Musah Awudu è sicuramente un esempio da seguire. Ha dimostrato rispetto e apertura al dialogo verso una persona che non ha fatto lo stesso con lui. Il comportamento dell’infermiera è gravissimo e, per quanto il ragazzo sia convinto della sua buona fede, testimonia che nella nostra società il razzismo è un male tutt’altro che estinto. Basti pensare a quanto avvenuto proprio la settimana scorsa. Una storia simile a questa ma a parti invertite: una donna, trovandosi davanti ad un medico nero, ha rifiutato di farsi assistere da quest’ultimo per il colore della sua pelle.

Sebbene Musah non volesse farne un vero e proprio caso, la condotta dell’infermiera per forza di cose lo è diventata. Questo è avvenuto perché, con il suo atteggiamento, la donna ha rifiutato il riconoscimento di un diritto inviolabile dell’uomo, costituzionalmente garantito all’articolo 32. Ha negato l’esistenza del diritto alla salute in capo ad un essere umano, a causa della sua provenienza geografica. Questo è intollerabile.

Rossella Micaletto

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