Infanticidio e abbandono sono pratiche che si riscontrano già dalla notte dei tempi. In tutti i miti di tutte le epoche c’è almeno un episodio che descrive il sacrificio di un figlio o una brutale uccisione. Grazie anche all’analisi accurata del dottore e pediatra Antonio Semprini vediamone alcuni.
Infanticidio, i miti
Nei miti come nella storia sono presenti racconti nei quali si possono facilmente riscontrare episodi di infanticidio, per quanto riguarda la mitologia greca all’interno della “Teogonia” di Esiodo sene possono osservare alcuni. Al suo interno si narrano episodi nei quali vengono sacrificati i figli in alcune delle maniere più orribili. La Teogonia, intanto, rappresenta e racconta la genealogia di tutti gli déi greci. Uno degli esempi più famosi è quello di Saturno-Kronos al quale era stato profetizzato che sarebbe stato ucciso da uno dei suoi figli. Egli è deciso a non perdere il suo potere per cui decide di mangiare letteralmente i suoi figli. Uno di questi però si salva, Zeus. Figlio che successivamente prenderà il suo posto.
Anche Eschilo e Seneca uno nell’Agamennone e l’altro nel Tieste raccontano la tragica vicenda di Tieste che a sua insaputa magiò le carni dei suoi tre figli. Queste gli vennero date dal fratello Atreo che per lui provava profondo odio. Il mito di Medea inoltre vede la stessa come cannibale dei suoi stessi figli. Nel libro “Metamorfosi”, una raccolta di miti riscritti da Ovidio in epoca romana, sono raccontanti numerosi episodi di infanticidio, uno in particolare narra la storia di Altèa che per vendicare i suoi due fratelli arronganti uccide il suo stesso figlio Meleagro. Anche la tradizione Medio-Orientale racconta episodi di infanticidio. Ad esempio l’usanza di sacrificare i bambini al Dio Moloch, per placare la sua ira. I Celti, gli Scandinavi, i Galli, gli Egizi e moltissime altre civiltà praticavano l’infanticidio. Al di là dei miti ora vediamo cosa accadeva nella realtà.
Infanticidio, la storia
La legislazione imposta da Lucirgo e Solone consentivano l’infanticidio e l’abbandono come pratica comune, per questo era notevolmente diffusa. I primi a rimetterci la pelle erano le figlie femmine che per la famiglia costituivano una spesa. La situazione si aggravava se la figlia non riusciva a trovare marito, in questo caso i genitori erano liberi di venderla come schiava per evitare che sulla famiglia ricadesse la vergogna.
In una famiglia una sola femmina solitamente sopravviveva o continuava a far parte della famiglia. Anche le menti più illustri approvavano l’infanticidio. Platone e Aristotele erano particolamente ferrati sull’infanticidio in caso di gravi malformazioni. Se un bambino nasceva debole o malformato veniva condotto in una voragine nelle pendici del Taigeto. Ma le atrocità non sono ancora finite. L’infanticidio, in alcuni casi, era considerato anche un divertimento. In alcune commedie si narra infatti che i neonati venivano fatti a pezzi e arrostiti davanti ad un pubblico in preda alle risa.
Nell’Antica Roma
Anche nell’Antica Roma vigevano le stesse regole che venivano contemplate in Grecia. Il neonato veniva considerato “nihil” che in latino significa “una cosa da nulla“. Il suo destino inoltre dipendeva dalla “patria potestas” che indubbiamente era esercitata dal padre di famiglia. Secondo le leggi di Romolo il padre poteva vendere i figli per un massimo di tre, se il numero veniva superato il padre perdeva la patria potestas. Romolo inoltre aveva imposto un’altra regola, i figli non potevano essere uccisi in età inferiore ai tre anni.
I luoghi di Roma dove venivano abbandonati i figli erano le rive del Tevere e il Foro Olimpico. Quest’ultimo ospitava al suo interno la “Colonna Lattaria” intorno alla quale si aggiravano un gran numero di personaggi. Donne che offrivano del latte ai bambini, maghe che prelevavano i bambini per preparare filtri e veleni, nutricatores che raccoglievano i piccoli per poi farne dei gladiatori, schiavi, prostitute e fenomeni da baraccone dopo averli prima mutilati e storpiati. Insomma nell’atichità l’infanticidio era purtroppo considerato “normale” e ci vorrà del tempo prima che i bambini vengano tutelati dalla legge.
Prime tutele
Una delle prime leggi che si è preoccupata di tutelare in qualche modo la vita dei bambini è la legge Tutela Italiae istituita da Traiano nel 53 d.C. La legge proibiva di trattare come schiavi tutti i bambini nati liberi, mentre per coloro che nascevano schiavi non c’era nulla da fare.
La legge inoltre puniva con la morte tutti coloro che rapivano i bambini per due motivi essenziali. Uno perchè veniva violata la patria potestas e secondo perchè i rapitori utilizzavano i bambini per scopi commerciali.Solo nel Corpus Iuris Civilis, redatto da Giustiniano nel 529, il bambino ottiene finalmente una personalità giuridica. Da quel momento non è più un oggetto di proprietà ma un individuo con dei diritti.
Rebecca Romano