Da Hollywood alla Nuova Zelanda, ecco come la pandemia ha spostato l’orizzonte del successo dell’industria cinematografica
Gli ultimi dati che fotografano l’andamento dell’industria cinematografica per quanto riguarda il grande e il piccolo schermo non sorridono a Hollywood. Stando ai numeri, infatti, la produzione di film californiana avrebbe raggiunto i minimi degli scorsi 25 anni – quasi il 50% in meno rispetto al 2019.
L’impatto del Covid-19 sull’economia mondiale è indubbio, e non ha certo risparmiato il settore dello spettacolo, senza fare sconti agli Studios per eccellenza.
Eppure, mentre Los Angeles affronta una crisi storica, la Nuova Zelanda scala le classifiche dell’industria cinematografica
La regola d’oro di sempre è non generalizzare: neanche in un momento come quello che stiamo vivendo da ormai un anno. Ci riferiamo spesso al “Mondo” limitandoci in realtà all’emisfero settentrionale, all’Europa e agli Stati Uniti. Questo inevitabilmente distorce la percezione degli eventi e della loro gravità.
Studi recenti mostrano come alcuni Paesi talvolta ignorati dalla cronaca abbiano risposto positivamente alla pandemia, limitandone i danni. La Nuova Zelanda si piazza al primo posto nelle statistiche, dove gli Usa precipitano tra i cinque peggiori. (La ricerca è stata condotta dal Lowy Institute di Sydney e ha preso in analisi 100 nazioni).
Grazie a politiche di contenimento efficaci, e alla sua posizione geografica eccentrica, la Nuova Zelanda passa dall’ essere “in fondo al Mondo” all’apice del successo – in particolare nella produzione cinematografica.
Un momento storico per l’industria cinematografica neozelandese
È un momento decisamente positivo per l’emergente “Hollywood del Pacifico”. La crescita del settore non si limita alle riprese destinate al pubblico neozelandese, potendo vantare grandi collaborazioni internazionali. Tra le più attese, la serie Amazon su Il Signore degli Anelli e i sequel di Avatar di Cameron . Ma anche The Power of The Dog di Jane Campion, con Benedict Cumberbatch and Kirsten Dunst.
Un’industria che è riuscita a risollevarsi in tempo record, considerando che dopo il lockdown di marzo 2020 anche qui erano state sospese 47 produzioni locali e 7 importanti progetti internazionali, “per un totale di 4000 addetti “– ha dichiarato alla BBC Annabelle Shehaan, CEO del New Zeland Film Commission.
Un esempio virtuoso da seguire in tutto il mondo
È importante sottolineare come il caso della Nuova Zelanda non sia frutto della fortuna, ma il risultato di strategie vincenti volte a ridurre i contagi. La priorità è sempre quella garantire un ambiente lavorativo salutare, realizzata attraverso la collaborazione tra l’industria cinematografica e aziende specializzate nella sicurezza, ScreenSafe e WorkSafe.
Un esempio virtuoso, dunque, che potrebbe risollevare il settore anche oltre i confini dell’isola del Pacifico.
Ampliare lo sguardo non può che generare miglioramento, e aiuta a mettere in discussione le proprie pratiche. Seppure in un settore specifico, oggi la Nuova Zelanda rappresenta davvero una guida per l’industria cinematografica globale.
Il Covid-19 ha colpito fortemente il mondo dello spettacolo anche in Italia, con cinema e teatri inagibili, nuove sfide e tanti dubbi sulla ripresa. Apprendere che un modo c’è per operare in sicurezza è senz’altro confortante e può stimolare un nuovo approccio positivo, almeno in questo ambito.
Benedetta Mauro