Un bellissimo evento culturale si è svolto a Roma nella suggestiva cornice del Teatro di Villa Torlonia, ovvero India-Italy Sangam (termine che in sanscrito assume l’accezione sia di “confluenza” che di “comunità di anime illuminate”.
Un festival che unisce varie forme di tradizioni artistiche indiane, interpretate anche da artisti italiani.
L’occasione è la vigilia del 70° anniversario delle relazioni diplomatiche tra India-Italia, il 25 marzo.
Splendida la commistione di diversi stili di danza nella serata del 23 Marzo: l’Odissi, il Kathak (mescolato al Flamenco, del quale pare la disciplina indiana sia l’antica radice), il gioioso Bhangra.
Ci ha colpito in particolare la grazia ipnotica delle bravissime Rosella Fanelli (maestra e sapiente coreografa) e Valeria Vespaziani, danzatrice romana di Khatak, accanto all’esperienza della celebre ballerina di Flamenco Reina Lopez.
Nato nello stato indiano dell’Uttar Pradesh, Kathak deriva dal sanscrito katha, che significa storia, e kathaka ossia colui che narra una storia.
Sorta nell’India settentrionale, a forte influenza islamica (unica forma delle sette classiche forme di danza indiana a provenire da quella zona), la danza mantiene però dei caratteri laici, accanto alla cura sfarzosa nelle vesti e un elevato senso del ritmo.
Pare storicamente plausibile che i gitani lo abbiano condotto nelle loro peregrinazioni fino in Europa, dove è stato appunto progenitore del flamenco.
Non a caso, alcune definizioni meravigliose del Duende che Garcìa Lorca ci ha offerto nella sua celebre conferenza dedica al flamenco possono essere tranquillamente dedicate al khatak:
“Così, dunque, il duende è un potere e non un agire, è un lottare e non un pensare. Ho sentito dire da un vecchio maestro di chitarra: «Ilduende non sta nella gola; il duendesale interiormente dalla pianta dei piedi». Vale a dire, non è questione di facoltà, bensì di autentico stile vivo; ovvero di sangue; cioè, di antichissima cultura, di creazione in atto. Questo «potere misterioso che tutti sentono e nesun filosofo spiega» è, insomma, lo spirito della terra, lo stesso duende che abbracciò il cuore di Nietzsche, il quale lo cercava nelle sue forme esteriori sul ponte di Rialto o nella musica di Bizet, senza trovarlo e senza sapere che il duende da lui inseguito era saltato dai misteriosi greci alle ballerine di Cadice o al dionisiaco grido strozzato della seguiriya di Silverio”.
Così si esprimeva il grande poeta spagnolo, in grado di rendere anche nella prosa l’incanto sovrano della sua ispirazione visionaria.
Il 24 si è invece dato spazio alla musica classica indiana, col concerto che ha visto protagonisti Ustad Sageer Khan al sitar, M° Rashmi V. Bhatt alle tabla e Nicolò Melocchi al bansuri.
Un evento di grande dignità culturale, occasione di un dialogo fra civiltà sempre più drammaticamente urgente.