L’India approva la cittadinanza per migranti illegali, ma con alcune riserve. Difatti, sono esclusi dalla legge i clandestini musulmani. Amnesty International ne chiede la revoca.
Cittadinanza per i clandestini irregolari che sbarcano in India, ma che non siano di religione musulmana. È così che l’India approva la cittadinanza per migranti illegali, escludendo dal gruppo gli immigrati musulmani. La legge prevede il riconoscimento della cittadinanza indiana ai migranti illegali entrati nella nazione prima del 2015. Nel conteggio sono accetti tutti coloro che sono di religione indù, cristiana, parsi, buddista, giainista o sikh,ma non i musulmani. Inoltre, sono beneficiari di tale legge solo gli immigrati provenienti da Pakistan, Bangladesh e Afghanistan, (sebbene anche questi maggiormente musulmani).
La legge, approvata dal Parlamento con 125 voti favorevoli e 105 contrari, prevede anche la riduzione da 11 a 5 anni l’obbligo di residenza in India per diventare cittadino indiano, e vi vieta l’arresto e il processo per i migranti entrati irregolarmente nel Paese. Tuttavia, la nuova decisione del Governo indiano, ha portato proteste non solo nella Nazione, ma in tutto il resto del mondo.
La svolta induista dell’India
Il “Citizenship Amendment Bill” è stato presentato dal ministro dell’Interno Amit Shah. Il disegno di legge, fin dalla sua presentazione, è considerato un espediente per rinvigorire la svolta induista del Paese. Proprio per questo, subito dopo l’approvazione, si sono sollevati diversi partiti di opposizione e associazioni di diritti civili. Alla base della critica c’è anche il legame tra cittadinanza e appartenenza religiosa che va a violare i diritti già stilati nella Costituzione indiana in cui si garantiscono tutti uguali diritti senza distinzione. Shashi Tharoor, leader del Partito del Congresso, ha definito la norma incostituzionale per l’esclusione dell’Islam.
Anche Amnesty International si è scagliata contro il governo, chiedendo la revoca immediata della Legge. Soprattutto perché tra i migranti indiani ci sono movimenti e minoranze perseguitate che approdano nello Stato e subiscono (già di per sé) molte discriminazioni. Tra questi i rohingya, fuggiti in massa dal Myanmar, e approdati in India in migliaia, o le sette ahmedia e shias. Gli oppositori aggiungono che neanche ai rifugiati tamil, provenienti dallo Sri Lanka, sono concessi gli stessi diritti.
Gli scontri tra gruppi opposti e polizia
Difatti, da sempre l’India ha dimostrato la sua accoglienza verso i popoli minoritari: in Nuova Delhi e nel nord-est dell’India, soprattutto nello Stato dell’Assam, vivono numerose minoranze etniche. Quest’ultime sono sempre state accolte e ogni rifugiato ha sempre trovato un modo per rifarsi una vita. E mentre da una parte si protesta per limitazioni ingiustificate, dall’altra c’è chi in realtà vuole proteggere il proprio Paese e la propria integrità dall’ampliamento che consegue dalla Legge.
Le organizzazioni di studenti e della società civile considerano l’emendamento un “via libera” per l’immigrazione illegale e incontrollata. Con tale norma, si teme che la massiccia naturalizzazione dei migranti possa diventare una minaccia per l’identità culturale e un’invasione di stranieri. Attualmente la situazione è ancora poco chiara: per calmare la folla, sono entrati in azione anche le forze dell’ordine. Dalle prime notizie si parla di violenti scontri con colpi di arma da fuoco per via del caos e disordini creati dal gruppo in protesta nel nord-est dell’India. Internet è sospeso fino a data da destinarsi e migliaia di manifestanti sono in stato d’arresto.
Anna Porcari