Era il pomeriggio del 18 gennaio 2017 quando una valanga seppellì l’hotel Rigopiano-Gran Sasso Resort, provocando 29 vittime tra personale ed ospiti.
Oggi, quasi due anni dopo quella tragedia, i carabinieri del Comando Provinciale di Pescara hanno notificato ai 25 indagati la richiesta di chiusura delle indagini.
Una tragedia evitabile
Le accuse nei confronti degli indagati sono diverse e spaziano dall’abuso d’ufficio ed edilizio, al disastro e all’omicidio colposi. L’emanazione di un piano regolatore per la località di Rigopiano avrebbe potuto impedire la costruzione dell’hotel in una zona a rischio valanghe. Rischio completamente taciuto nel Piano Emergenze del Comune di Farindola, che fornì i permessi per costruire l’hotel alla società Gran Sasso Resort & Spa, anch’essa indagata.
Tra i responsabili della tragedia di Rigopiano, figura Francesco Provolo, il prefetto di Pescara, il quale non avrebbe attivato in tempo le procedure per liberare l’albergo il giorno prima della valanga. Il 17 gennaio, quando le forti nevicate avevano interrotto l’unica strada percorribile per lasciare l’hotel, Provolo ed altri due ex dirigenti non si sarebbero mossi con la dovuta celerità per inviare i soccorsi. I pm non hanno trovato invece responsabilità nel mancato completamento della Carta delle valanghe, la quale avrebbe potuto portare alla chiusura preventiva della struttura. Chiusura che, apparentemente, non è stata neppure presa in considerazione, nonostante le scosse di terremoto che nei giorni precedenti alla tragedia avevano interessato le zone circostanti.
Nomi importanti
I pm hanno cancellato dalla lista degli indagati i nomi dei tre ex presidenti della Regione Abruzzo Ottaviano Del Turco, Gianni Chiodi e Luciano D’Alfonso. Rimane ancora il nome del direttore Bruno Di Tommaso, amministratore e legale della società proprietaria dell’hotel e quello del dirigente della Protezione civile, Carlo Giovani. Nella lista figurano anche i nomi degli ex sindaci di Farindola Massimiliano Giancaterino e Antonio De Vico e di molti altri dirigenti provinciali e regionali.
Come in troppi casi simili, insomma, la causa della tragedia di Rigopiano non sarebbe da ricercarsi nell’azione della natura, ma nella noncuranza degli uomini.
Francesco Cambilargiu