TikTok è di nuovo sotto indagine da parte della Commissione Europea. L’annuncio di un secondo procedimento formale nei confronti della più influente app cinese, è arrivato il 22 aprile e si focalizza sull’introduzione di TikTok Lite in Francia e Spagna. Il motivo dell’indagine? Valutare se l’azienda abbia violato le disposizioni del Digital Service Act (DSA) poiché si teme che il nuovo programma “Task and Reward” possa creare dipendenza tra gli utenti, in particolare i minori. Mentre si attendono gli esiti delle indagini, risulta fondamentale riaprire il dibattito sui rischi online e sull’uso responsabile dei social media.
Il programma “Task and Reward” di TikTok Lite permette agli utenti di guadagnare punti attraverso varie azioni, come la visualizzazione di video, mettere mi piace ai contenuti, il follow di creatori e l’invito di amici. Questi punti possono essere poi scambiati con premi, come buoni Amazon, buoni regalo tramite PayPal o monete di TikTok che possono essere spesi come mance per i creatori di contenuti.
Per la Commissione, dunque, il lancio del programma è avvenuto senza un’adeguata valutazione dei rischi, specialmente riguardo alla dipendenza dalla piattaforma, e senza l’adozione di misure adeguate per mitigare questi rischi, dovuti anche alla mancanza di strumenti efficaci per la verifica dell’età. Se dimostrate, tali inadempienze costituirebbero violazioni degli articoli 34 e 35 del DSA. Niente di nuovo per TikTok, che per gli ambiti legati alla tutela dei minori, alla trasparenza della pubblicità, all’accesso ai dati da parte dei ricercatori, nonché alla gestione del rischio di design che creano dipendenza e di contenuti dannosi, a febbraio è finita al centro di un’altra indagine nel primo procedimento formale contro l’app.
Il 17 aprile la Commissione aveva inoltre richiesto formalmente a TikTok di fornire un rapporto dettagliato di valutazione del rischio per TikTok Lite, nonché informazioni sulle misure che la piattaforma ha messo in atto per mitigare i potenziali rischi sistemici di queste nuove funzionalità. Tuttavia, TikTok non ha rispettato la scadenza stabilita per la consegna di tali documenti. Di conseguenza, la Commissione ha concesso all’app una proroga fino al 23 aprile per presentare il rapporto di valutazione del rischio e fino al 3 maggio per fornire ulteriori informazioni richieste.
In caso di mancata risposta entro i termini indicati, la Commissione potrebbe imporre sanzioni fino all’1% del reddito annuo totale o del fatturato mondiale di TikTok, con possibili sanzioni periodiche fino al 5% del reddito medio giornaliero o del fatturato annuo mondiale.
Considerando l’incapacità di TikTok di fornire la valutazione dei rischi richiesta prima del lancio di TikTok Lite, la Commissione ha comunicato l’intenzione di sospendere temporaneamente il programma a premi TikTok Lite nell’UE, in attesa della valutazione della sua sicurezza.
In merito alla nuova funzione, TikTok, di proprietà della compagnia cinese ByteDance, ha già dichiarato che sarà accessibile solo agli adulti e richiederà la verifica dell’età tramite l’inserimento di una carta d’identità e una foto del volto. Inoltre, ha stabilito un limite di tempo di visualizzazione dei video, compreso tra 60 e 85 minuti al giorno, durante i quali gli utenti possono guadagnare punti equivalenti a circa 36 centesimi.
La ‘dipendenza’ da TikTok
Il tema centrale di tutta questa situazione, dunque, risulta essere la dipendenza dall’applicazione. Una preoccupazione che non risulta scontata se si pensa che nell’epoca digitale nella quale viviamo, l’economia dell’attenzione emerge come un modello economico di rilievo, rivoluzionando la percezione del comportamento degli utenti del web e che interpreta tali elementi come una forma di guadagno, ponendoli al centro della logica del profitto.
Da un lato, i media e le piattaforme digitali investono sempre più risorse nella produzione e diffusione di contenuti al fine di catturare l’attenzione degli utenti. Dall’altro lato, gli utenti stessi si trovano sempre più immersi in un flusso costante di informazioni, il cui impatto sulla loro attenzione è sempre più invasivo. Questo fenomeno crea un circolo vizioso in cui l’aumento della domanda di attenzione da parte dei media genera un corrispondente aumento dell’offerta di contenuti, alimentando ulteriormente il consumo di attenzione da parte degli utenti.
La crescente ondata di piattaforme come TikTok ha indubbiamente rivoluzionato il modo in cui interagiamo e consumiamo contenuti online. Sebbene possano offrire un’opportunità per esprimere la creatività e connettersi con gli altri, è fondamentale comprendere i rischi associati a un uso eccessivo e non regolamentato.
Molti studi hanno infatti indagato come le continue notifiche e i flussi infiniti di contenuti accuratamente selezionati possano minare la nostra capacità di concentrarci, costringendoci in un vortice di distrazione perpetua. Ciò che emerge è un panorama in cui il senso di solitudine, tristezza e scarsa autostima è offuscato dalla necessità di essere costantemente connessi. Questa dipendenza dalle piattaforme sociali non è casuale, ma è il risultato di strategie di progettazione mirate a mantenere gli utenti dipendenti e coinvolti all’interno dell’app. Una “cocaina digitale”, per usare la definizione proposta da Forbes.
La tutela dei minori nell’ambiente digitale
Il dibattito sulla tutela dei minori su internet è fortunatamente molto vasto, tanto da aver sviluppato delle leggi ad hoc. Il motivo è semplice: durante l’adolescenza, le parti del cervello legate al bisogno di interazione sociale e di riconoscimento dai propri coetanei diventano più sensibili, mentre quelle coinvolte nel controllo degli impulsi non sono ancora del tutto sviluppate. Secondo la psicologa clinica Mary Ann McCabe del George Washington University School of Medicine, questo desiderio naturale di connessione con i pari porta i giovani a cercare contatti attraverso i social media. Tuttavia, questo desiderio sociale può portarli involontariamente a esporre se stessi a contenuti dannosi.
Nell’ultimo “Atlante dell’Infanzia” di Save The Children, “giovani e tempi digitali”, l’utilizzo della tecnologia tra i giovani italiani sta raggiungendo livelli sorprendenti, con uno straordinario 78,3% di bambini tra gli 11 e i 13 anni che utilizzano Internet quotidianamente. Tuttavia, nonostante questa pervasiva presenza online, l’Italia si trova in una posizione svantaggiata nella mappa europea delle competenze digitali tra i giovani di età compresa tra i 16 e i 19 anni. Una sorprendente percentuale del 42% di giovani italiani mostra infatti competenze digitali scarse o addirittura nulle, rispetto alla media europea del 31%.
Se per molti giovani l’utilizzo dei social media rappresenta una finestra aperta sul mondo, permettendo loro di esplorare interessi e connettersi con altri, per altri può costituire una fonte di ansia e sfida: l’eccessivo utilizzo dei social media e dei giochi online è infatti associato a un aumento dell’ansia sociale, della depressione e dell’impulsività tra i giovani, oltre che a una ridotta qualità del sonno e a prestazioni scolastiche inferiori.
Bisogna educare anche i genitori: il fenomeno dello sharenting
La tutela dei minori online deve passare necessariamente attraverso l’educazione digitale dei genitori. La pratica conosciuta come “sharenting” rappresenta un fenomeno sempre più diffuso, caratterizzato dalla costante condivisione online da parte dei genitori di contenuti riguardanti i propri figli, tra cui foto e video.
Il termine, originario degli Stati Uniti, è una fusione delle parole inglesi “share” (condividere) e “parenting” (genitorialità), sebbene sia più appropriato utilizzare il concetto di “over-sharenting”, indicante un’eccessiva e continuativa esposizione online dei bambini. In gran parte dei casi, tale esposizione avviene senza il consenso dei bambini stessi, sia perché troppo giovani per comprendere le implicazioni, sia perché non viene loro richiesto alcun consenso.
Le implicazioni di questa esposizione ripetuta sono molteplici e complesse. In primo luogo, si verifica una violazione della privacy e della riservatezza dei dati personali, incluso il diritto alla privacy dei bambini, come sancito dalla Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza e dal Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR).
Inoltre, la mancanza di controllo sull’immagine del bambino può portare a conseguenze negative, poiché l’identità digitale dei bambini può influenzare il loro futuro, considerando la permanenza dei contenuti online e la loro disponibilità pubblica. Da un punto di vista psicologico, questa continua esposizione avrà un impatto significativo una volta adolescenti, poiché ritroveranno online una propria identità digitale basata su contenuti su cui non hanno avuto voce in capitolo.
Infine, vi è il rischio concreto di diffondere contenuti che possono essere utilizzati per alimentare la pedopornografia. Le foto e i video, sebbene innocenti, possono essere utilizzati in modo improprio da terze parti, senza che si abbia il controllo sul loro uso. Inoltre, i dati sensibili condivisi online offrono materiale utile per gli adescatori, aumentando il rischio di adescamento online.
Arginare lo ‘sharenting’
È giunta alla Camera la prima proposta di legge italiana che mira a regolamentare il fenomeno dello sharenting. Tale iniziativa legislativa potrebbe avere profonde implicazioni per coloro che hanno costruito gran parte della propria reputazione e dei propri guadagni sulla narrazione online della vita familiare e della crescita dei propri figli.
La proposta di legge, denominata “Disposizioni in materia di diritto all’immagine dei minori”, è stata presentata da Alleanza Verdi Sinistra e porta le firme degli onorevoli Angelo Bonelli, Luana Zanella, Elisabetta Piccolotti e Nicola Fratoianni.
Un aspetto particolarmente rilevante è quello che riguarda la gestione dei proventi derivanti dall’utilizzo online dell’immagine dei minori. La proposta di legge prevede che eventuali guadagni ottenuti tramite la pubblicazione di contenuti riguardanti minori sotto i 18 anni debbano essere depositati in un conto bancario intestato direttamente al bambino o alla bambina, con l’impossibilità di utilizzarli fino al raggiungimento della maggiore età.
È risaputo che i contenuti riguardanti i minori godono di una popolarità maggiore rispetto ad altri tipi di post sui social media. Come evidenziato durante la presentazione alla Camera dalla social media strategist Serena Mazzini, esperta di dinamiche sociali, studi condotti su oltre 100 profili di influencer italiani e portoghesi hanno confermato che i contenuti con protagonisti i bambini generano un tasso di interazione tre volte superiore rispetto a quelli incentrati solo sui genitori.
Inoltre, “l’esposizione dei minori online è strettamente legata al fenomeno della pedopornografia. Nel momento in cui postiamo un contenuto online ne perdiamo il controllo”, ha specificato Mazzini.
I rischi legati a questo tipo di pratiche sono talmente alti che recentemente sempre più studi ne stanno indagando l’intensità. Relativamente a TikTok, va specificato che la protezione dei dati è applicato in modo diseguale in diverse parti del mondo, con alcune regioni, come l’Europa, che godono di maggiori salvaguardie rispetto ad altre. Di conseguenza, alcuni giovani potrebbero essere più esposti allo sfruttamento dei propri dati rispetto ad altri.