Il naufragio della Manica del 24 novembre 2021 è stato uno degli incidenti più tragici legati ai migranti che cercavano di attraversare il canale alla ricerca di una vita migliore. Un gommone, a bordo del quale si trovavano 33 persone, tra cui donne e bambini, è affondato, provocando la morte di 27 persone. Nonostante le difficoltà, la situazione potrebbe essere stata gestita diversamente, e alcune delle vittime avrebbero avuto la possibilità di sopravvivere, come sostenuto dagli avvocati delle famiglie delle vittime, che stanno partecipando all’inchiesta sul caso.
L’indagine rivela che si sarebbero potute salvare più persone durante il naufragio della Manica
Secondo quanto emerso dall’inchiesta indipendente, che ha esaminato le circostanze del naufragio, molte delle persone che erano a bordo del gommone avrebbero potuto rimanere vive per diverse ore dopo il ribaltamento, se i soccorsi fossero stati tempestivi e se avessero proseguito la ricerca per un periodo più lungo. Un esperto di sopravvivenza in acqua, il professor Michael Tipton, ha dichiarato che alcune delle persone presenti a bordo avrebbero potuto sopravvivere anche più di quattro ore dopo che il gommone è affondato. Secondo il professore, l’eventuale azione dei soccorsi durante quel lasso di tempo avrebbe potuto fare la differenza per molte delle vittime.
La testimonianza del professor Tipton ha messo in evidenza che, nonostante alcune persone possano essere morte immediatamente per l’effetto dello shock da acqua fredda, altre avrebbero avuto buone probabilità di sopravvivere per ore. In particolare, ha indicato che fino a 15 persone potrebbero essere state ancora vive anche dopo il ribaltamento del gommone, che si è verificato prima dell’alba.
Le chiamate di soccorso sono iniziate poco dopo l’una di notte, e l’ultimo messaggio di emergenza è arrivato intorno alle 3:11 del mattino. Si stima che le persone siano cadute in acqua poco dopo le 3 del mattino, ma sarebbe stato possibile salvarne molte se la ricerca fosse continuata.
Le difficoltà nei soccorsi
Il caso è stato ulteriormente complicato dal fatto che le operazioni di soccorso hanno subito confusione. La nave della Border Force, la Valiant, che era stata inviata a recuperare i migranti, ha concluso le operazioni di ricerca prima dell’alba. Alle 6 del mattino, la nave è stata richiamata e ha fatto ritorno al porto con 98 passeggeri salvati da altri gommoni, ma non dal gommone coinvolto nel naufragio della Manica. Questo errore ha portato a un ritardo nella risposta dei soccorsi, che avrebbe potuto essere determinante per la sorte di molte delle vittime.
Una delle uniche due persone sopravvissute al disastro, Issa Mohamed Omar, ha raccontato le sue esperienze durante l’incidente. Ha descritto le scene di panico a bordo, con persone che cercavano disperatamente aiuto fino al momento in cui il gommone si è rovesciato. “Era molto freddo. Le persone urlavano quando siamo caduti in mare. Pensavamo tutti di morire”, ha detto Omar, cercando di fare luce sulla tragedia che ha coinvolto così tante vite.
Maria Thomas, un’avvocatessa che rappresenta le famiglie di 21 vittime e un sopravvissuto, ha sottolineato che, se il soccorso fosse stato gestito diversamente, più persone avrebbero avuto la possibilità di sopravvivere. Secondo le sue dichiarazioni, molte delle vittime avrebbero potuto essere salvate se fossero stati impiegati più mezzi per proseguire la ricerca. Dopo che la Valiant ha concluso il suo intervento, nessun altro mezzo è stato inviato per cercare i dispersi, e questo potrebbe aver fatto la differenza per chi era ancora vivo.
L’inchiesta continua a raccogliere prove e testimonianze per fare chiarezza su come le autorità hanno gestito il disastro e per determinare se ci sono stati errori nei soccorsi che avrebbero potuto evitare la morte di molte persone. Nel frattempo, il governo britannico ha espresso il proprio cordoglio per la tragedia e ha assicurato che continuerà a collaborare con l’inchiesta, pur senza commentare ulteriormente sugli aspetti specifici delle operazioni di soccorso.
Se, da un lato, gli sforzi per garantire la sicurezza dei migranti sono complessi, dall’altro lato le storie di disperazione raccontate dai sopravvissuti evidenziano la necessità di rivedere le operazioni di soccorso e migliorare la coordinazione tra le autorità coinvolte.
Questa tragedia è destinata a rimanere un monito sulle difficoltà e i rischi che i migranti affrontano nel tentativo di raggiungere un futuro migliore, nonché sulle responsabilità delle istituzioni nella protezione delle vite umane. L’inchiesta in corso spera di fare chiarezza e di portare a cambiamenti concreti nelle politiche di sicurezza e salvataggio per evitare che simili tragedie possano ripetersi in futuro.
Elena Caccioppoli