L’aborto, l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG), un diritto sancito dalla legge 194 del 1978, dovrebbe garantire alle donne italiane la possibilità di scegliere liberamente se proseguire o meno una gravidanza. Tuttavia, nonostante la normativa, l’accesso all’aborto in Italia risulta tutt’altro che semplice, a causa di un sistema sanitario frammentato e di una carenza di informazioni cruciali. A denunciare questa situazione è l’Associazione Luca Coscioni, che, attraverso l’indagine “Mai Dati 2”, ha portato alla luce la difficoltà delle donne italiane nel reperire informazioni precise e aggiornate riguardo all’IVG e, soprattutto, il forte ostacolo rappresentato dal tasso elevato di obiettori di coscienza.
La mancanza di trasparenza nelle strutture sanitarie
Le giornaliste Chiara Lalli e Sonia Montegiove hanno condotto un’inchiesta approfondita che si è concentrata sull’applicazione della legge 194 a livello di singoli ospedali. Un aspetto fondamentale emerso dalla ricerca è la totale mancanza di trasparenza nella pubblicazione dei dati relativi all’IVG. Le informazioni che dovrebbero essere messe a disposizione delle donne per orientarsi tra le strutture sanitarie, spesso sono obsolete, incomplete e non aggiornate, impedendo una scelta consapevole del luogo dove effettuare l’intervento.
La situazione diventa ancora più grave quando si considerano le difficoltà nel reperire informazioni dettagliate riguardo alla disponibilità di medici disposti a praticare l’aborto. Infatti, in molte strutture sanitarie, il tasso di obiezione di coscienza è molto alto, e le donne non sono informate su questa realtà fino a quando non si trovano di fronte a un medico che rifiuta di praticare l’IVG per motivi di coscienza.
Obiettori di coscienza: un ostacolo invisibile
Secondo i dati raccolti durante l’indagine, in molte strutture sanitarie italiane, la percentuale di obiettori di coscienza supera l’80%, e in alcuni casi può arrivare fino al 100%, rendendo di fatto inaccessibile il servizio di aborto. Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, ha dichiarato che tale situazione rappresenta «una vera e propria violenza istituzionale», poiché limita gravemente il diritto delle donne a esercitare una scelta fondamentale per la loro salute e libertà.
Questa situazione porta le donne a dover affrontare un’odissea burocratica, navigando un sistema sanitario che non solo è frammentato, ma anche privo di indicazioni chiare e precise. Le donne spesso non sono informate su quali strutture siano realmente disponibili a praticare l’aborto e se possiedano i professionisti necessari per l’intervento.
Dati incompleti e obsoleti
Un altro punto critico evidenziato dall’indagine è la mancanza di dati accurati da parte delle singole regioni. L’Associazione Luca Coscioni, infatti, ha richiesto informazioni dettagliate sulla disponibilità di IVG in ogni ospedale, ma ha incontrato resistenze notevoli da parte delle autorità sanitarie. In molte regioni, come Sicilia, Calabria e Abruzzo, le richieste sono rimaste senza risposta, mentre in altre, le informazioni fornite sono risultate incompleti o non aggiornate. In alcuni casi, le informazioni cruciali, come il numero di medici disponibili per l’IVG o la percentuale di obiettori di coscienza, sono state deliberatamente omesse.
Questa disparità informativa contribuisce a una sensazione di abbandono e di solitudine per molte donne, che si trovano a dover affrontare una serie di ostacoli invisibili, senza alcun supporto chiaro da parte delle istituzioni. La mancanza di accesso alle informazioni, unita alla scarsità di medici disponibili, non fa che aumentare il rischio per la salute delle donne.
Le richieste dell’Associazione Luca Coscioni
Alla luce delle difficoltà emerse dall’indagine, l’Associazione Luca Coscioni ha lanciato un appello urgente alle istituzioni affinché intervengano per garantire l’effettiva applicazione della legge 194. In particolare, l’associazione chiede che siano forniti dati completi e disaggregati per ogni singola struttura sanitaria, in modo che le donne possano fare scelte informate riguardo alla propria salute e al proprio diritto all’IVG.
Secondo Filomena Gallo, la mancanza di trasparenza non è solo un problema di informazione, ma una vera e propria violazione dei diritti umani. Le donne, infatti, non solo sono ostacolate nel loro diritto alla salute, ma sono anche costrette a navigare in un sistema sanitario che non garantisce loro le informazioni necessarie per fare una scelta consapevole. L’associazione sottolinea che il diritto all’aborto non deve essere ostacolato né dalla carenza di medici disponibili, né dalla difficoltà nell’accesso alle informazioni.
Il quadro nazionale e le differenze regionali
L’indagine ha rivelato come l’applicazione della legge 194 non sia omogenea in tutto il paese. Se da un lato alcune regioni sembrano avere un sistema più funzionale e trasparente, dall’altro le donne di regioni come la Sicilia o la Calabria si trovano a dover fare i conti con una grande difficoltà nell’accesso ai servizi. Questo scenario di disomogeneità ha creato delle vere e proprie discriminazioni territoriali, dove i diritti delle donne sono tutelati in modo diverso a seconda del luogo in cui vivono.
In un contesto del genere, l’intervento delle istituzioni è assolutamente necessario per uniformare il servizio su tutto il territorio nazionale, garantendo così un accesso equo e senza discriminazioni per tutte le donne, indipendentemente dalla loro provenienza.
Il diritto all’aborto, previsto dalla legge 194, è un diritto fondamentale per le donne italiane, ma la sua attuazione in molte regioni italiane è ostacolata da una mancanza di informazioni, dalla scarsità di medici disponibili e dalla presenza di obiettori di coscienza. L’Associazione Luca Coscioni ha sollevato un allarme per una situazione che, se non affrontata, rischia di compromettere gravemente la salute e i diritti delle donne. È necessario che le istituzioni rispondano in modo adeguato, garantendo informazioni chiare e l’accesso a strutture sanitarie adeguate.