L’inquinamento marino da microplastiche sta rivelando una minaccia nascosta e preoccupante per gli abitanti degli oceani. Un nuovo studio ha portato alla luce una realtà inquietante: oltre 170 mila miliardi di frammenti di plastica fluttuano in superficie nei mari del mondo. Ma ciò che rende ancora più allarmante questa situazione è la scoperta di microplastiche nei tessuti degli animali marini, in modo particolare nei tessuti grassi e persino nei polmoni dei mammiferi. Questa nuova rivelazione getta una luce ancora più preoccupante sulla portata devastante dell’inquinamento da plastica negli oceani.
L’inquinamento da plastica negli oceani è un problema sempre più urgente e preoccupante. Uno studio recente ha stimato che oltre 170 mila miliardi di frammenti di plastica galleggiano in superficie nei nostri mari, creando una minaccia crescente per gli ecosistemi marini. Tuttavia, il problema non si ferma solo all’inquinamento delle acque, ma si estende anche alla vita degli animali marini che abitano questi ambienti. Una ricerca pubblicata su Environmental Pollution ha rivelato la presenza diffusa di microplastiche nei polmoni e nei tessuti grassi di due terzi dei mammiferi marini analizzati.
Lo studio ha esaminato campioni provenienti da 32 animali, tra il 2000 e il 2021, allevati o arenatisi nelle coste di Alaska, California e Carolina del Nord. È emerso che la plastica, attratta dal grasso, si accumula nei tessuti adiposi di questi animali. Questi includono il grasso di balena sottopelle, il melone (l’organo nella parte frontale delle balene) e i cuscinetti di grasso nella mascella inferiore. Sorprendentemente, le microplastiche sono state rinvenute anche nei tessuti polmonari. I frammenti misuravano dai 198 ai 537 micrometri, risultando molto più piccoli di un capello umano.
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Tra i frammenti di plastica più comuni ritrovati nei tessuti si annoverano le fibre di poliestere, spesso rilasciate dalle lavatrici durante il lavaggio dei capi, e il polietilene, che è comune nelle bottiglie di plastica. Una preoccupazione ancora maggiore è emersa da uno studio del 2022 che ha evidenziato come una balenottera azzurra, nota per il suo processo di filtraggio del cibo, potrebbe ingerire fino a 43 chili di plastica al giorno durante l’alimentazione. Anche le balene e i delfini che si nutrono di pesci e altri organismi marini potrebbero ingerire la plastica accumulata nelle loro prede.
Sebbene gran parte delle microplastiche possa essere espulsa attraverso le feci degli animali, una parte finisce inevitabilmente nei loro tessuti. Il coordinatore dello studio, Greg Merrill, ha sottolineato che questa presenza di plastica nei tessuti degli animali marini è un fenomeno che si registra da almeno vent’anni, evidenziando così la persistenza dell’inquinamento plastico.
Il prossimo passo della ricerca si sposterà verso la valutazione degli effetti tossici delle microplastiche sui tessuti degli animali marini. Attraverso test tossicologici su linee cellulari coltivate a partire da tessuti biopsiati, gli scienziati cercheranno di determinare quanto sia pericolosa la presenza di plastica per la salute di questi abitanti degli oceani. Questo approccio consentirà di comprendere meglio l’impatto a lungo termine dell’inquinamento da plastica sugli ecosistemi marini e sulla loro preziosa fauna.