Inclusione lavorativa in Italia: ancora poche persone con disabilità hanno un’occupazione

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Un quadro generale preoccupante: la bassa inclusione lavorativa nel 2024

In Italia, il lavoro per le persone con disabilità, specialmente quelle con limitazioni gravi, rimane un traguardo difficile da raggiungere. Solo il 32,5% delle persone con gravi difficoltà motorie, sensoriali o nelle attività quotidiane è occupato, una percentuale molto inferiore rispetto al 55% di quelle con disabilità meno gravi e che mina all’inclusione lavorativa in Italia. Nonostante un lieve aumento rispetto al 29,9% del 2009, la crescita delle opportunità di lavoro non tiene il passo con l’aumento della domanda. Sono le donne e le persone tra i 45 e i 64 anni a soffrire maggiormente questa situazione, con tassi di occupazione ancora più bassi.

Le donne con disabilità: doppiamente discriminate

Una recente indagine della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap (FISH) evidenzia un grave scenario per le donne con disabilità: il 21% lavora in contesti non accessibili o non inclusivi, mentre il 34,8% denuncia discriminazioni legate alla propria condizione. Inoltre, il 18,8% delle intervistate ha riferito disparità retributive, e l’11% ha subito molestie sul luogo di lavoro. Questa situazione riguardo all’inclusione lavorativa si aggrava per la mancanza di figure chiave come i disability manager, presenti solo nel 10,6% delle aziende.



Barriere educative e occupazionali

Il livello di istruzione gioca un ruolo cruciale nell’accesso al lavoro. Tra le persone con gravi disabilità, solo il 7,4% possiede una laurea, mentre il 57,6% ha conseguito al massimo la licenza media. Questo gap educativo si traduce in una prevalenza di ruoli a basso reddito: il 54% lavora come operaio o in proprio, contro il 46% che ricopre posizioni di responsabilità. La mancanza di percorsi educativi e formativi adeguati ostacola quindi l’avanzamento professionale.

Le normative esistenti e i limiti nell’applicazione

L’Italia dispone di leggi avanzate per favorire l’inserimento e l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità, come la legge 68/1999, che impone quote obbligatorie di assunzione per le aziende e prevede incentivi per i datori di lavoro. Tuttavia, molte aziende non rispettano tali obblighi: le sanzioni previste, 196 euro al giorno per ogni disabile non assunto, sono raramente applicate. Di conseguenza, nonostante le molteplici iniziative istituzionali, la cultura del lavoro resta poco inclusiva, come dimostrato dai bassi tassi di occupazione e dalla resistenza delle imprese ad assumere persone con disabilità.

Il ruolo delle cooperative sociali

Una soluzione parziale al problema dell’inclusione lavorativa è rappresentata dalle cooperative sociali, che possono essere delegate dalle aziende per selezionare e gestire il personale disabile. Questo sistema, regolato da convenzioni regionali, offre un ambiente di lavoro più sensibile e preparato. In Veneto, per esempio, nel 2023 sono state attivate 281 convenzioni, coinvolgendo 560 persone con disabilità. Tuttavia, il modello cooperativo, pur essendo efficace, non può sopperire completamente alle mancanze strutturali del sistema occupazionale.

Ostacoli culturali e barriere invisibili

Oltre alle barriere fisiche, quelle relazionali e culturali rappresentano un ulteriore ostacolo. Secondo il Boston Consulting Group, il timore di discriminazioni spinge molte persone con disabilità a nascondere la propria condizione. Le aziende sottostimano così il numero di dipendenti con disabilità, valutato tra il 4% e il 7%, mentre il 25% dei lavoratori ha ammesso di non rivelare la propria situazione.

La sfida dell’Agenda 2030

A livello globale, le persone con disabilità sono ancora fortemente svantaggiate: solo il 30% partecipa al mercato del lavoro, spesso con retribuzioni inferiori del 12% rispetto ai colleghi. In Italia, oltre il 22% della popolazione vive con una disabilità, ma le barriere strutturali e sociali limitano fortemente la loro inclusione. Il “Rapporto sulla Disabilità e lo Sviluppo 2024” delle Nazioni Unite sottolinea che i progressi verso gli obiettivi dell’Agenda 2030 sono insufficienti per questa categoria.

Nonostante le normative e le buone pratiche esistenti, il cammino verso una reale inclusione lavorativa delle persone con disabilità in Italia è ancora lungo. Servono interventi concreti per abbattere le barriere culturali, rafforzare i controlli sull’applicazione delle leggi e promuovere ambienti di lavoro inclusivi, capaci di valorizzare le capacità e il potenziale di tutti.

Lucrezia Agliani

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