Ha agito con un accendino e miglia di aghi secchi accumulati nella pineta. Tanto è bastato a Leonardo Orsino, 24enne macellaio di Torre del Greco, per devastare 10.000 metri quadrati (un ettaro) del Parco Nazionale del Vesuvio. Dalle prime indagini non sarebbero emersi mandanti o fini particolari per quello che, al momento, appare come il gesto sconsiderato di un folle. Il piromane adesso si trova a Poggioreale, dove è stato trasportato in attesa del processo.
Un volto noto per le Forze dell’ordine
Orsino era già noto alle forze dell’ordine, ma non era certo un delinquente di spessore. Oltre a piccoli precedenti legati ad armi e storie di droga, non è la prima volta che l’indagato si trova in situazioni legate a danneggiamenti. Cinque anni fa fu sorpreso dagli agenti del commissariato torrese nel tentativo di portare via dei cavi di rame nella stazione ferroviaria di Santa Maria la Bruna. Sono serviti 15 giorni di testimonianze, immagini di telecamere di videosorveglianza e intercettazioni telefoniche ed ambientali per stringere il cerchio attorno ad Orsino, arrivato a mettere in pericolo la sua stessa abitazione, dove viveva con i genitori.
Proseguono le indagini
Secondo gli inquirenti Orsino avrebbe responsabilità in uno e forse altri episodi di incendi sul Vesuvio. Le ragioni restano incomprensibili. Ora le indagini cercheranno di verificare chi aveva cominciato a dare fuoco al parco prima dell’episodio legato ad Orsino e si proverà a capire se quest’ultimo abbia agito autonomamente o su indicazione di altri. Per gli investigatori dietro a questa storia non c’è la camorra, quello del piromane sarebbe essere stato un gesto isolato di una persona ossessionata da una mania per il fuoco. Dai dialoghi incriminati sembra emergere una lucida follia, non un disegno criminale o un qualcosa legato alla criminalità organizzata.
Sulla faccenda si è espresso il vicesindaco di Torre del Greco Romina Stilo: «Auspichiamo una condanna esemplare commisurata a quanto accaduto. Oggi più che mai siamo fiduciosi nell’operato della magistratura e delle forze dell’ordine, che stanno lavorando alacremente per individuare chi ha prodotto uno scempio naturalistico di enormi proporzioni».
Fabio Ravera