In USA se paghi puoi soggiornare in albergo piuttosto che in carcere

Gli Stati Uniti, il Paese che solo qualche decennio fa era modello per gli altri, si cantava in Italia… Tu vuó’ fá l’american! Ha un deplorevole primato: il cinque per cento della popolazione mondiale, quasi un quarto di tutti detenuti si trova nelle sue carceri. Il numero di reclusi ha raggiunto i 2,9 milioni: 751 prigionieri ogni 100 mila abitanti. Per capire l’enormità del problema si pensi che in Italia, dove vi è da anni una situazione problematica, si ha un rapporto di 92 detenuti ogni 100 mila abitanti.

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In USA oltre al sovraffollamento, i maltrattamenti, gli stupri e le condizioni igieniche disastrose delle carceri, non ci sono più le risorse economiche per mantenere un tale bordello.

La causa di tale stato di generazione sarebbe stata la privatizzazione del sistema carcerario.

Il carcere viene gestito dal privato, ma il conto tocca allo Stato.

Una media di 166 dollari a notte per ogni prigioniero.

Più prigionieri ci sono, più le società private prosperano.

Problema spinoso privatizzare certi ambiti delicati… scuola, sanità, carceri ecc.

Così, in alcune città degli Stati Uniti, andare in galera può costare, oltre alla pena, anche pagarsi il proprio soggiorno obbligato, perché lo Stato dice… no tengo dinero. “Lo scrive il quotidiano Usa Today: la recessione ha indotto molte amministrazioni locali a far pagare ai carcerati giudicati colpevoli, la notte in cella in base alla disponibilità economica: a Salt Lake City i detenuti pagano fino a 40 dollari a notte, nel carcere di Forsyth, 45 dollari”.

 

Chi non ha il denaro, può lavorare in carcere per mantenersi.

Da questa notizia, che può sembrare anche una buona idea.

Si è passati ad offrire un soggiorno sicuramente più piacevole in carcere, solamente se si hanno le possibilità economiche.

Forse questo accadeva lo stesso sottobanco.

Ma l’avvallamento da parte di uno Stato, di un’ineguaglianza legata al denaro, fa proprio piangere.

Un Paese che ha una Costituzione che prevede il diritto alla vita, alla libertà, all’uguaglianza per la ricerca della felicità, cadere così in basso. Nella prigione di Fullerton, in California, c’è il listino dei prezzi: 100 dollari per i primi due giorni, 75 per quelli successivi, si ha così la sicurezza, in quanto si sta separati dagli altri carcerati e pulizia con frequente cambio lenzuoli.

Si possono avere due visite la settimana.

I libri, le carte processuali, ordinare il cibo al ristorante e perfino tenersi il cellulare con Internet.

Un’altra causa dell’aumento dei carcerati, sarebbe dovuto a nuove leggi penali.

In particolare quella del “terzo strike”, mutuata dal gioco del baseball.

Al terzo reato sei fuori dalla società.

Così accade che ci siano assassini puniti con 20 anni di carcere.

E borseggiatori e spacciatori puniti con l’ergastolo, perché hanno ripetuto il reato tre volte.

Le carceri americane pare che siano piene di persone che hanno problemi mentali, dipendenze dall’alcool o dalla droga e quasi analfabeti.

Questi non hanno certo i dollari per pagarsi il carcere a 5 stelle.

Mentre un rampante giovanotto ubriacone beccato alla guida, può avere la possibilità di farsi due mesi di carcere in totale relax.

Perché un ispanico, analfabeta, senza lavoro preso ubriaco alla guida deve avere un trattamento diverso?

Solo perché è povero?

Se il sistema dello Stato, che dovrebbe dare l’esempio, non è equo, come sarà il sistema dei privati? 

                                                                                                                                  Paola Tassinari

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