Sta scatenando polemiche negli ultimi giorni la proposta del sindaco di Bologna, Matteo Lepore, in merito alla DAD:
In classe solo i vaccinati. La didattica a distanza garantirà lo studio agli altri.
Il sindaco, pur con la consapevolezza che la sua sia una scelta drastica, si dice “preoccupato per lo stress organizzativo fronteggiato dagli ospedali“.
Ha spiegato inoltre la sua decisione affermando che “le scuole si siano rivelate un punto di forte fragilità, visto che anche i bambini hanno iniziato ad ammalarsi e a finire in ospedale”.
Sembra, dunque, che il primo cittadino di Bologna sia pronto a mandare una lettera a ogni famiglia con figli dai 5 agli 11 anni per spiegare la situazione.
DAD: è veramente efficace?
Pur ammettendo la buona fede di Lepore, la scelta di costringere i bambini non vaccinati a svolgere la DAD rimane parecchio discutibile.
Tant’è che, secondo un’indagine svolta da “La Tecnica della Scuola” tra gli studenti interessati, è risultato che 7 su 10 sono contrari alla proposta.
Non è infatti un mistero che la didattica a distanza si sia rivelata perlopiù inefficace.
Secondo un’intervista de “Il Sussidiario” al medico neurologo dott. Carlo Alberto Mariani, infatti, i danni causati dalla DAD riguarderebbero:
Presenza di disagio psicologico, ansia, stress o depressione, fruizione prolungata della tecnologia digitale anche al termine della didattica, sviluppo di dipendenze (da schermo, cibo, alcool, droghe), segni di regressione psico-evolutiva, riduzione delle relazioni sociali, anedonia.
Non solo.
La didattica a distanza è risultata inefficace anche dal punto di vista dell’apprendimento, e il perché lo ha spiegato in seguito il dott. Mariani.
La Dad altera significativamente le possibilità di metabolizzare le opportunità di apprendimento scolastico non trasformandole in esperienza concreta, e la relativa asocialità deprime fortemente le basi neurologiche dell’imparare, processo improntato sulla necessità di imitazione e di rispecchiamento reciproci, tanto tra insegnante e alunni.
Per non parlare dei problemi di connessione internet, mancanza di apparecchi per tutta la famiglia e comunicazione scuola-casa inefficace e disorganizzata.
A questo proposito, secondo i dati registrati durante il 2020, 1 studente su 2 dichiara di aver “perso un anno”.
Le colpe dei genitori non ricadano sui figli
Vale la pena, a questo punto, considerare che gli studenti chiamati in causa dal sindaco Lepore hanno tra i 5 e gli 11 anni.
La scelta di vaccinarli o no, quindi, ricade inevitabilmente sui genitori.
Ma è giusto prendere una decisione così drastica per qualcuno che non può avere voce in capitolo?
Le ragioni per cui tante persone scelgono di non vaccinarsi sono numerose.
Ma non sempre quello che i genitori sostengono è ciò che sostengono anche i figli.
In questa situazione, però, sono proprio loro a farne le spese.
Il rischio è che gli studenti si trovino (nuovamente) in una situazione di disagio senza avere né i mezzi né gli strumenti per cambiare le cose.
Seppur questi, a differenza di un anno fa, siano accessibili.
In conclusione
Ognuno di noi ha una propria visione delle cose e una personale opinione sulla situazione che stiamo vivendo, ed è giusto che sia così.
Ma chiunque, in quanto genitore, dovrebbe mettere l’interesse del figlio o della figlia al primo posto. Persino prima del proprio.
Tutti gli studenti, di ogni età, hanno diritto a un istruzione di qualità, che purtroppo la DAD non può garantire.
La didattica in presenza è necessaria.
Ma se l’unico modo per poter garantire ai propri figli una buona salute mentale e un apprendimento di qualità è il vaccino, occorre che i genitori rivalutino le proprie scelte.