Impeachment contro Trump: cosa succede adesso?

Donald Trump è ufficialmente sotto accusa per abuso di potere e ostruzione ai lavori del Congresso. Per la prima accusa hanno votato a favore 229 deputati, contro 198. La seconda è passata con 230 voti a favore e 197 contrari.

L’impeachement contro Trump è il terzo caso nella storia degli Stati Uniti, dopo quelli di Andrew Johnson nel 1868 e di Bill Clinton nel 1994.

Il primo fu accusato di aver violato una legge, tentando di sostituire il Segretario di Guerra alle spalle del Congresso. Il secondo finì sotto accusa per spergiuro, legato alle sua relazione con la stagista Monica Lewinski. Entrambi furono assolti. Solo Richard Nixon, travolto dallo scandalo Watergate, diede le dimissioni da Presidente: non fu mai sottoposto a impeachement perché si fece da parte prima. Ma come funziona? E come si è arrivati fino alla procedura di impeachment contro Trump?

Che cos’è un impeachement

Impeachment si può tradurre in italiano come messa in stato di accusa. È un istituto legale che risale ai tempi della Common Lawbritannica e serviva per consentire al Parlamento inglese di controllare le azioni del Re. Poiché, tecnicamente, anche quella del Presidente degli Stati Uniti è una carica vitalizia– una volta presidente, presidente per sempre, in sostanza – per processarlo è necessario farlo politicamente. Rimuoverlo dalla sua carica. Questo può avvenire solo in caso di: tradimento, corruzione e altri gravi crimini e misfatti. La procedura di impeachment contro Trump rientra nella terza voce dell’elenco.

Trump e Biden

La procedura di impeachement contro Trump nasce da una vicenda iniziata la scorsa estate. Riassumendo: Trump ha invitato il presidente dell’Ucraina a indagare su Joe Biden, democratico e Vicepresidente durante la presidenza di Obama. Nonché candidato alle prossime primarie del Partito Democratico e considerato uno dei più accreditati sfidanti di Trump alle prossime Presidenziali. L’invito di Trump sarebbe legato alla nomina di Hunter Biden, figlio di Joe, nel Cda di Burisma Holdings, la più grande compagnia ucraina di gas naturale. Suo padre, allora in carica come Vicepresidente, secondo le tesi dell’entourage di Trump, avrebbe interferito con la giustizia ucraina per salvaguardare suo figlio. Le accuse a Biden si sono dimostrate completamente infondate. E si sono trasformate in un boomerang per i Repubblicani.

Le accuse a Trump

Tutto inizia con una telefonata. Direttamente dallo Studio Ovale della Casa Bianca, Trump ha chiamato Volodomyr Zelensky, il Presidente ucraino, invitandolo a iniziare le indagini su Biden. La telefonata, di cui la Casa Bianca ha reso pubblica la trascrizione, inizia con la frase «Vorrei che ci facesse un favore…». La conversazione è stata ascoltata da un agente della CIA (la cui identità, tutelata da anonimato, è al centro di polemiche). Ritenendola di interesse per la sicurezza nazionale, ha dato il via alle indagini. Che hanno accertato, fra le altre cose, che Trump ha fatto pressione sul presidente ucraino bloccando aiuti per 400 milioni di dollari, già predisposti in precedenza. Che il viaggio diplomatico di Zelensky negli USA era legato alla fornitura di materiale contro Biden. E che le trattative tra Trump e le alte cariche ucraine, le ha portate avanti Rudolph Giuliani, ex sindaco repubblicano di New York e avvocato di Trump, aggirando così il Congresso.

Le prove contro il Presidente

Nel corso del dibattito e davanti dalla Commissione Giustizia della Camera, le accuse a Trump sono state ritenute fondate e sostenute da numerose prove e testimonianze. Le ultime, forse decisive, le ha fornite durante la sua deposizione Gordon Sondland, ambasciatore statunitense presso l’Unione Europea. Imprenditore nel settore alberghiero e finanziatore della campagna elettorale dello stesso Donald Trump, Sondland ha confermato tutte le accuse emerse dalle indagini. Le pressioni sul Presidente ucraino, la consapevolezza di Zelensky che gli aiuti fossero stati bloccati in attesa delle indagini su Biden. I tentativi della Casa Bianca di far sparire le tracce delle telefonate di Trump. «Abbiamo seguito gli ordini del Presidente» ha dichiarato Sondland. L’impianto accusatorio è stato confermato in tutto e per tutto. I gravi crimini e misfatti che hanno portato fino ad un impeachment contro Trump sono abuso di potere e ostruzione ai lavori del Congresso.

Il voto alla Camera

impeachment contro Trump alla CameraAl termine delle indagini la Speaker della Camera Nancy Pelosi, esponente di spicco dei Dem, ha dichiarato: «La nostra democrazia è in pericolo, il presidente non ci lascia altra scelta se non quella di agire» invitando la Commissione a formulare le accuse. Il rapporto della Commissione afferma che Trump «ha posto i suoi interessi politici e personali al di sopra di quelli degli Stati Uniti», e che «ha usato il suo incarico per incoraggiare un paese straniero a interferire nella campagna elettorale delle elezioni del 2020». La Camera, come detto, ha votato a favore con larga maggioranza.

E adesso?

Quello che si appresta ad affrontare Donald Trump è un processo politico. In cui conteranno non tanto la fondatezza delle accuse, già abbondantemente provata, quanto la loro valutazione politica e l’impatto sull’opinione pubblica. Secondo le procedure, infatti, il giudizio ora passa al Senato. Alla Camera, dopo le elezioni di Mid-term, la maggioranza era in mano al Partito Democratico e per far passare le accuse bastava la maggioranza semplice. Ma al Senato le cose possono andare diversamente. Innanzitutto perché la maggioranza è saldamente in mano ai Repubblicani (53 a 45, più due Senatori indipendenti). Inoltre, per dare seguito alla procedura di impeachment contro Trump e rimuoverlo dalla sua carica, serve la maggioranza dei due terzi dell’aula, cioè 67 senatori. Come a dire che la metà dei Senatori repubblicani dovrebbero schierarsi contro il proprio presidente. Uno scenario, al momento, assai improbabile. Anche perché il partito Repubblicano, da quando è iniziata la procedura di impeachment contro Trump, lo ha sempre difeso. Dapprima respingendo le accuse. Quindi dichiarando che quel tipo di pressioni sono prerogative legittime di un Presidente. Resta da capire quale sarà l’impatto sull’opinione pubblica, visto che il processo al Senato si sovrapporrà, con ogni probabilità, alla campagna elettorale per le presidenziali del 2020.

Simone Sciutteri

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